“Riposare sul petto di Gesù” (Gv 13,23) prima di essere crocifissi perchè cristiani LGBT
Riflessioni bibliche di Carlos Osma pubblicate sul suo blog Homoprotestantes (Spagna) l’8 novembre 2020, liberamente tradotte da Giulia Garofani
“E uno dei suoi discepoli, che Gesù amava, era piegato sul petto di Gesù.” (Giovanni 13:23) È vero, questa potrebbe essere una delle frasi della Bibbia che considero più belle, e non perché trabocchi di omoerotismo, ma perché ci vedo un amore quotidiano, quello che molti di noi ricevono ogni giorno quando, dopo una pesante giornata di lavoro, si siedono sul sofà e appoggiano la testa sul petto della persona che amano. È possibile che per qualcuno questo gesto non abbia importanza, che non significhi niente, ma per chi come noi si ferma ogni tanto ad analizzare la sua quotidianità, sa che in realtà sono quelli più importanti.
Spesso questo versetto innervosisce quelli che hanno eretto le mura difensive del dogma dell’eterosessualità di Gesù e del resto dei suoi seguaci; per questo scagliano minacce infernali a chi osa insinuare che, quando il resto dei discepoli scompariva, ci fossero atti sessuali tra Gesù ed il suo amato discepolo.
E questo ci fa sorridere, perché quando noi non ce l’eravamo neanche chiesto, loro avevano già immaginato le cento possibili posizioni che Gesù ed il suo amato discepolo non potevano mettere in atto. Resto con la voglia di conoscere questo Kamasutra proibito, sicuro che sarebbe un bestseller della letteratura cristiana, e molto lontano da quegli insopportabili libri di teologia che cercano di ripetere, senza neanche passare dalla loro esperienza, quello che altre ed altri già hanno detto. Come direbbe il Predicatore “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (Ecclesiaste 1:2).
Mentre il discepolo amato riposa sul petto del suo amato, Gesù annuncia che una delle persone presenti nella stanza lo tradirà. Agatha Christie non avrebbe potuto scriverlo meglio; la tensione e la paura invadono la sala dove ha luogo la cena, mentre l’evangelista invita per un secondo i suoi discepoli a trasformarsi in Miss Marple o in Sherlock Holmes per scoprire chi sia il traditore. Sarai tu, Simon Pietro? O sarà il discepolo amato?
La sfiducia è l’elemento più sinistro in questa scena. Sapere che un discepolo con cui condividono il percorso con Gesù lo tradirà, destabilizza completamente la comunità di seguaci del maestro. Di fronte allo sconcerto ed alla sfiducia del resto del gruppo, il discepolo amato riposa la testa sul petto di Gesù.
Abbiamo già detto prima che la polizia del vero pensiero teologico, leggendo questo testo, punta il suo dito accusatore verso il discepolo amato. È lui che rappresenta la più grande minaccia per il suo vangelo dell’esclusione, e pertanto, per loro, sono le persone LGTBIQ che vogliono tradire il maestro: “Sei tu”, ci dicono, “tu vuoi distruggere il vangelo”.
Davanti a questa fake news possiamo rispondere con sicurezza, sapendo bene in chi crediamo, avendo speranza e avvicinandoci a Gesù per riposarci. Ma a volte, invece di far questo, finiamo per imitarli e chiederci anche noi chi sono i traditori per i quali il vangelo non è più quello che era (o meglio, quello che loro volevano che fosse).
Nel nostro caso è chiaramente una domanda retorica, perché non abbiamo bisogno di segni divini per sapere chi condivide il pane ed il vino con noi, ma essi si vendono per una moneta d’argento ai sacerdoti della religiosità ufficiale, che vogliono opprimerci.
Senza dubbio, non dovremmo dimenticare che non siamo stati chiamati in quanto detective, né in quanto ispettori della vita e della fede degli altri, ma come seguaci di Gesù, che hanno fiducia in lui e riposano sul loro maestro, discepoli e discepole che mettono in primo piano l’ascolto, non delle parole dei traditori del vangelo, ma del cuore pieno d’amore di Gesù.
Il gioco del Cluedo al quale ci invita l’evangelista è risolto velocemente proprio da Gesù: lui stesso smaschera il traditore, il discepolo Giuda Iscariota. Ed è proprio il vangelo, la buona notizia della salvezza, che pone ognuno di noi al proprio posto, e coloro che lo percepiscono come un messaggio di fraternità, amore e salvezza riposano sicuri sul petto del maestro.
Anche noi cristiani LGTBIQ dobbiamo spesso decidere tra questi due modi di intendere il vangelo: metterlo al nostro servizio per ottenere riconoscimenti, denaro o potere, o lasciarcene interpellare per mostrare in modo disinibito il nostro amore per chi, vicino a noi, corre il pericolo di essere crocifisso.
Spesso, quando dobbiamo fare questa scelta, aspettiamo, la lasciamo per dopo, cercando di posporla fino a quando non c’è altro rimedio.
Sappiamo che riposare sul petto di Gesù ha un prezzo, l’esperienza ce lo ricorda sempre, però le parole che Gesù dice a Giuda Iscariota prima che questo decida di tradirlo, credo che le potrebbe rivolgere al resto dei suoi discepoli, al suo amato discepolo e, perché no, a noi: “Quello che devi fare, fallo subito” (Giovanni 13:27). I traditori non hanno mai dubbi, e neanche coloro che scelgono il vangelo dell’amore dovrebbero averne.
Testo originale: Descansando sobre el pecho de Jesùs