Riscoprire i colori delle vite arcobaleno a A.M.A.MI. Queer
Dialogo di Katya Parente con Gi
Quante volte ci è capitato di sentire il bisogno di una voce amica, di un confronto, di un luogo dove non sentirci un pesce fuor d’acqua! Se vi è successo, se vi succede, allora il gruppo A.M.A.MI. Queer potrebbe essere quello che fa per voi (in cui A.M.A. sta per Auto Mutuo Aiuto, MI sta per Milano, città in cui sono nati e si trovano, e Queer sta per… queer!).
A parlarcene oggi c’è Gi che, dopo il lockdown, ha creato un gruppo A.M.A. scisso da ogni riferimento culturale e/o attivismo politico, che avesse come unico scopo quello di aiutare persone che sentivano il bisogno di capirsi e confrontarsi con esperienze simili.
Nasce così il gruppo A.M.A.MI. Queer nel settembre del 2022.
Ci parli brevemente di A.M.A.MI. queer?
Il gruppo è nato per promuovere lo sviluppo di relazioni sane con se stess* e con le altre persone. Ha lo scopo di rendere i membri consapevoli dei meccanismi interiori che li guidano nel relazionarsi alle altre persone ma anche a se stessi.
Infatti ognuno di noi si muove nella Vita secondo schemi appresi e consolidati nel tempo, dall’infanzia all’età adulta.
Ma i meccanismi che da bambini ci hanno protetti, spesso da adulti si rivelano disfunzionali e questo emerge soprattutto nelle relazioni più “intime”, come quelle con parenti, amici, partner e noi stess* appunto.
Il gruppo A.M.A.MI.Queer, attraverso incontri liberi, dove ogni membro condividere (se desidera) esperienze, emozioni e sensazioni con gli altri partecipanti, e incontri dove si fanno “giochi” ed “sercizi”, aiuta le singole persone a capire i propri meccanismi e i propri bias.
L’OMS ha riconosciuto già da anni l’utilità dei gruppi a.m.a. ad affrontare e superare i propri problemi in specifici ambiti (esistono gruppi a.m.a. per superare il lutto, le dipendenze, per sostenere i famigliari di persone con disagi psichici o persone lgbtq…).
Il gruppo A.M.A.MI.Queer abbraccia pienamente le considerazioni dell’OMS e promuove l’autostima, motiva al cambiamento e stimola l’approfondimento e la conoscenza delle problematiche relazionali, ma soprattutto incentiva e promuove la socialità sana. Infatti, incontro dopo incontro, nascono e si consolidano amicizie (e anche amori!).
Perché un gruppo di mutuo aiuto?
Nel panorama Queer esistono diverse associazioni che si occupano di diffondere la cultura Queer e di fare attivismo, il che è bello e utile, ma mancano luoghi in cui le persone possano parlare di sé e possano incontrare altre persone con le loro stesse esperienze con cui confrontarsi.
Molte persone che non hanno disagi psichici ma che avrebbero utilità nel seguire un percorso di psicoterapia, non hanno le risorse economiche per poterlo fare.
Altre persone invece sono dubbiose sull’utilità della psicoterapia, quindi necessitano di uno step intermedio che gli mostri cosa potersi aspettare e se sono pronti a guardarsi dentro nel profondo.
Il gruppo A.M.A.MI. Queer, pur non essendo un percorso di psicoterapia, è qualcosa di simile che generalmente porta già un primo beneficio a chi partecipa, il tutto a costo zero, poiché la partecipazione è gratuita.
Ma in questi anni abbiamo scoperto che il gruppo A.M.A.MI.Queer è utile anche a chi un percorso di psicoterapia l’ha già fatto o lo sta facendo, poiché il confronto con altre persone che vivono le stesse problematiche relazionali è molto utile in aggiunta al percorso individuale che si segue col proprio terapeuta.
Ed infatti molti psicoterapeuti suggeriscono ai propri pazienti di seguire dei gruppi di auto mutuo aiuto tematici a sostegno del percorso terapeutico. Di fatti il gruppo di auto mutuo aiuto, “imponendo” di aiutare gli altri, stimola la responsabilità della propria guarigione e fa sviluppare strumenti di auto-aiuto che serviranno nel momento in cui la psicoterapia sarà terminata.
Qual è il vostro target di utenza?
I membri del gruppo hanno un’età molto varia e ad un nucleo di partecipanti costanti, si affiancano partecipanti che frequentano il gruppo per pochi incontri o per pochi mesi.
La natura stessa dei gruppi a.m.a. prevede che ci sia un ricambio frequente dei membri poiché, una volta che il partecipante ha “risolto” il proprio “problema” o ha capito come gestirlo, lascia il gruppo definitivamente o per il periodo che ritiene necessario.
In questo momento l’età dei partecipanti va dai 35 ai 60 anni, ma abbiamo avuto (e ci auguriamo di averne ancora) membri tra i 23 e i 28 anni.
Sono persone di ogni orientamento sessuale (omosessuale, eterosessuale, asessuale, pansessuale, demisessuale…) e di ogni identità di genere (cisgendere, transgendere, genderfluid, non binarie, agender…), monogami o poliamorosi.
Sono persone che non hanno mai fatto psicoterapia o che sono state o sono ancora in psicoterapia.
Sono persone disoccupate, impiegate, libere professioniste, artiste, credenti, agnostiche, atee.
L’unica cosa certa è che è un gruppo a-politico, nel senso che all’interno del gruppo non si parla di politica o temi politici.
Per quanto si possa essere d’accordo che il personale sia anche politico, in questo spazio ci limitiamo al personale-intimo: introspezione e scoperta delle emozioni e degli schemi con cui agiamo nel mondo.
Per parlare di temi politici ci sono moltissimi spazi in ogni città, specie a Milano, e lasciamo a quegli spazi questi argomenti.
Essendo un gruppo aperto a tutte le persone che vogliono capirsi e che vogliono farlo attraverso e grazie alle altre persone, è e resterà un gruppo molto eterogeneo.
Pur essendo un gruppo queer non escludete la partecipazione di etero. Si tratta di parenti/amici di persone LGBTQ+?
La teoria queer rifiuta l’esistenza di un orientamento e di una identità statici nel tempo: una persona ha il diritto di autodeterminarsi in ogni fase della propria Vita senza obbligo di “incasellarsi” per sempre in una definizione.
Oggi la biologia conferma che non esiste l’eterosessualità al 100% né l’omosessualità al 100% (le persone bisessuali/pansessuali ne sono la prova), allo stesso modo non esiste il maschio al 100% e la femmina al 100% (le persone intersex ne sono la prova) ma ogni essere umano è una sfumatura tra queste due estremità.
In questo senso il nostro gruppo è “queer”: nel senso che non importa come oggi tu ti definisca, etero, omo, cis, trans…ciò che conta è che tu voglia migliorare le tue relazioni con le altre persone (parenti, amici, partner, colleghi…), partendo dalla relazione con te.
Inoltre volevamo un luogo sicuro per le persone LGBTQ+ che volessero intraprendere un percorso di consapevolezza.
Il 99% delle persone che si incontrano nei gruppi a.m.a. (ma anche nelle terapie di gruppo non tematiche) sono persone eterosessuali cisgender.
Questo significa che se una persona queer decide di partecipare ad uno di questi gruppi parlando di una problematica propria, l’attenzione della maggior parte dei partecipanti sarà rivolta al suo orientamento o alla sua identità e non al problema che la persona queer sta esponendo.
Inoltre, per ignoranza o pregiudizio, la risposta più comune che si sentirà dare è che è omosessuale/transgender perché da piccol* ha avuto un trauma.
Nessuno si sognerebbe di dire mai a qualcuno che confida i propri traumi del passato “sei etero perché hai subito un trauma!”.
Questo perché c’è ancora la convinzione che l’omosessualità e la transegenerità siano condizioni patologiche e non semplici varianti dell’eterosessualità e della cisgenderità.
Abbiamo quindi inserito la parola “Queer” per “aprire” uno spazio sicuro alle persone LGBTQ+ dove poter venire a confidarsi senza essere giudicate, ma non per “chiudere” alle persone eterosessuali cisgender.
Abbiamo dovuto precisare che sono ammesse anche le persone eterosessuali per il solo fatto che la maggior parte delle persone pensa che il termine “queer” sia sinonimo di persona LGBT, mentre in verità si tratta proprio di una corrente di pensiero che in Italia conosciamo (in pochi purtroppo) sotto il nome di “transfemminismo”.
Ovviamente ciò non esclude che se si è persona parente/amica/partner di persone LGBT+ non si possa partecipare ai nostri incontri di gruppo che sono e saranno sempre aperti a chiunque voglia anche solo “provare”.
Parlare dei propri problemi è il primo passo per superarli. Quali sono gli altri?
In realtà “parlare” dei propri problemi è il secondo passo.
Il primo passo è rendersi conto di avere un problema.
La maggior parte delle persone, in tema relazionale, “parla” dei propri problemi senza considerarli “propri problemi”.
Quante volte sentiamo dire “ho trovato l’ennesimo caso umano!” oppure “la gente è sempre cattiva/menefreghista nei miei confronti”, e cose simili? Praticamente sempre!
Quante volte sentiamo dire “perché continuo ad interessarmi a persone problematiche?” o “cosa mi porta a restare in relazioni in cui non ricevo nulla in cambio?”. Molto raramente!
Nelle prime affermazioni c’è una deresponsabilizzazione: non ho io un problema, sono gli altri che hanno un problema/che sono il problema.
In questa visione io non ho il controllo di ciò che mi succede e quindi sono destinat* a vivere sempre le stesse situazioni perché dipendo dalle altre persone.
Nelle ultime affermazioni c’é una presa di consapevolezza: sono responsabile di ciò che succede e quindi posso cambiarlo.
Nel primo caso “parlo” del mio problema ma non so di avere un “problema”, nel secondo caso so di avere un problema e che devo fare qualcosa per risolverlo.
Quindi sicuramente il promo passo è rendersi conto di avere un problema.
Il secondo è parlarne con qualcuno che mi possa aiutare a metterlo a fuoco.
Qui difficilmente gli amici e i parenti possono darci una reale mano: le persone che ci vogliono bene sono le meno capaci di “vedere” e “riconoscere” i nostri meccanismi disfunzionali che ci portano a vivere situazioni problematiche, ansiogene ed abusanti.
In questo caso è proprio vero che “l’amore rende ciechi”.
Pertanto parlarne con gli amici e parenti potrebbe essere di sollievo ma per ricevere un aiuto concreto, è necessario rivolgersi o ad un* professionista (psicoterapeuta) o iniziare a frequentare un gruppo di auto mutuo aiuto, come il nostro A.M.A.MI.Queer.
Un* psicoterapeuta è sicuramente la scelta più funzionale ma anche più impegnativa.
Partecipare ad un gruppo a.m.a. è invece più facile, a costo zero e può essere il primo passo per capire se siamo pront* ad affrontare un percorso di guarigione.
Infatti bisogna dire che il nostro cervello oppone una forte resistenza al cambiamento, anche se si trova in una situazione disfunzionale.
Quindi potrebbe essere che con mille “scuse” ci saboti dall’intento di rivolgerci ad un* professionista (non ho tempo, non ho soldi, ce la faccio da sol, non è necessario, non saprei che dire…). Poiché rivolgersi ad un psicoterapeuta significa impiegare tempo e denaro, potrebbe essere utile provare prima in un gruppo a.m.a. cosa significa “viaggiare” dentro le proprie emozioni e i propri desideri, prima di scoprire che non si è pronti e buttar via tutto (col rischio di non tornarci neanche in futuro).
Siete in contatto con realtà del territorio più strutturate (penso ad associazioni, ASL…)?
Come dicevamo, il gruppo A.M.A.MI.Queer nasce scollegato da ogni struttura associativa proprio per non essere associata (e non essere assoggettata) a logiche di attivismo e politica.
Chi viene al gruppo deve sapere che viene in un luogo che non ha alcun tipo di impegno politico, esattamente come chi fa psicoterapia non sa di che orientamento polito/religioso sia l propri* terapeuta.
Non abbiamo neanche legami con strutture sanitarie poiché i gruppi a.m.a. non hanno ruolo sanitario e non sono gestite da professionisti sanitari (psicolog/psicoterapist) ma sono gruppi autogestiti da persone che hanno in comune una problematica e vogliono aiutarsi reciprocamente.
Essendo gruppi a cui non possono accedere persone con disagi/difficoltà psichiatriche, le strutture sanitarie territoriali non potrebbero avvalersi dei gruppi a.m.a.
Dunque l’unico modo per poter partecipare al nostro gruppo A.M.A.MI.Queer è o su consiglio del* propri* psicoterapeuta nei casi in cui lo ritenga utile, o su base volontaria.
Ai nostri incontri si partecipa su invito che viene inoltrato via mail a chiunque abbia registrato il proprio indirizzo di posta elettronica sul nostro sito www.amamiqueer.it.
Al ricevimento della mail si può decidere di comunicare la propria partecipazione. Il numero dei partecipanti è sempre limitato ad un massimo di 15 persone per ragioni di spazio, ma anche per consentire a tutt* di prendere parola (fermo restando che si può partecipare anche restando semplicemente in ascolto).
In ogni caso attraverso i nostri social è possibile scoprire quando ci incontriamo e vedere che molte volte ci si incontra anche per attività ludico-ricreative perché, come dicevamo, uno degli scopi del gruppo A.M.A.MI.Queer è promuovere la socialità: per avere relazioni sane bisogna esercitarsi con relazioni tra persone che hanno lo stesso obiettivo!
Ringraziamo Gi per le puntuali risposte che ci ha dato. E, se siete di Milano o dell’hinterland e avete bisogno di un posto sicuro in cui aprirvi e parlare di voi senza paura di essere giudicati, A.M.A.MI.Queer è il luogo adatto. Sul sito potrete visionare il calendario degli incontri.