Il ruolo della donna nelle Chiese della Riforma
Intervista di Luca Kocci alla pastora valdese Letizia Tomassone pubblicata sul sito del Manifesto il 25 agosto 2017
Chiese ad elevata parità di genere. Sono quella valdese e metodista – la principale delle Chiese cristiane non cattoliche presenti in Italia – e nel complesso quelle sorte dalla Riforma protestante, nelle quali le donne ricoprono ruoli e funzioni identiche a quelle degli uomini. Ne parliamo con Letizia Tomassone, pastora valdese a Firenze e docente di Studi femministi e di genere alla Facoltà valdese di teologia di Roma, in questi giorni impegnata nei lavori del Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi a Torre Pellice.
«In effetti la presenza di donne “ordinate”, pastore e diacone ma talora anche vescove e presidenti di Chiese nazionali, è molto estesa e visibile nelle Chiese della Riforma», spiega Tomassone. «Nella Chiesa valdese e metodista si può contare poco meno del 40 per cento di donne ministro. Tuttavia, seppure ricoprendo la stessa funzione, donne e uomini non sono “uguali”: si cerca di dare spazio alla “differenza” nello svolgimento del ministero senza che questo crei discriminazione».
In altre Chiese cristiane, penso alla cattolica e alle Chiese ortodosse, questa parità non esiste. Eppure sono tutte ugualmente fondate sulla Bibbia e su Cristo. Come è possibile?
«La concezione del ministero nelle Chiese della Riforma non è sacrale, non si tratta di un sacerdozio, né il ministro deve svolgere una mediazione maschile – in quanto Cristo era un maschio – o paterna – in rappresentanza del Dio padre – verso la comunità. I ministri di culto sono parte della comunità dei credenti e del ministero che appartiene a tutte e a tutti e svolgono una funzione al servizio della comunità e centrata intorno alla predicazione della Parola.
Quello del posto delle donne nelle Chiese è un elemento di divisione con la Chiesa cattolica e con le altre Chiese. Potrà essere superato?
La questione si pone a più livelli. La Chiesa cattolica ci riconosce come pastore delle nostre Chiese e condivide momenti di confronto teologico e biblico in cui siano coinvolte pastore protestanti. Tuttavia, non aprendo con altrettanta fiducia alle donne nelle proprie fila, il dialogo è sempre difficile e diseguale. Più complicato ancora con i vari Patriarcati ortodossi o con buona parte delle Chiese pentecostali che non accettano il ministero femminile, e dunque non accolgono le pastore protestanti in occasione di incontri ecumenici. Il cammino è ancora lungo ma, per il forte impegno delle teologhe cattoliche nella propria Chiesa, ci saranno sicuramente degli sviluppi positivi».
Parliamo di donne e teologia. Nella ricerca biblica e teologica, nelle facoltà, che spazio assumono le donne?
Io faccio parte del Coordinamento delle teologhe italiane che raccoglie molte teologhe cattoliche e protestanti che fanno ricerca e insegnano anche nelle Facoltà pontificie. La Facoltà valdese di Teologia ha un corso curricolare sulle teologie femministe.
Quindi anche in questo ambito donne e uomini hanno un ruolo paritario?
No. Per ora la presenza di donne teologhe e docenti è marginale, seppure significativa per la qualità e quantità di pubblicazioni.
Quali filoni di genere studia e approfondisce la ricerca teologica?
I temi trattati seguono le tracce delle teologie femministe già sviluppate in altri Paesi, a livello ecumenico quindi, perché i percorsi di donne protestanti e cattoliche nel mondo occidentale sono intrecciati: una “ermeneutica del sospetto”, che rintraccia presenza femminile nonostante silenzi e reticenze dei testi biblici; l’esperienza di vita delle donne che diventa lente per comprendere i testi e la fede; la resistenza contro ogni riduzione al silenzio, contro la violenza e il patriarcato così a lungo legittimato dalla religione cristiana.
Il lavoro è prima di tutto biblico, ma c’è un gran fermento di ricerca anche sulla storia delle donne e sulle forme di Chiesa. Inoltre c’è una riflessione comune sulle identità femminili postcoloniali, con molte donne del mondo protestante africano o cattolico dell’America latina. Questo ci aiuta a fare i conti con la nostra religione anche nei termini di una critica al suo retaggio di colonialismo di donne bianche e occidentali.
Che tipo di lavoro portano avanti le reti ecumeniche ed interreligiose di donne?
In Italia ci sono reti interreligiose con donne ebree e musulmane che conducono battaglie per la giustizia e la pace insieme a noi. Ascoltarci reciprocamente ci aiuta ogni volta a scoprire insieme la grande ricchezza che ogni tradizione porta con sé e ci rafforza per resistere alle oppressioni religiose, alle interpretazioni restrittive degli scritti fondativi. Esistono poi reti internazionali di donne impegnate per fare delle fedi strumenti di pace e di riconciliazione, come per esempio le teologie di donne nell’Islam che perorano una giustizia di genere nella Jihad.
Negli ultimi anni le Chiese valdesi e metodiste si sono impegnate sulla questione della violenza di genere, impiegando anche parte dei fondi dell’otto per mille. Quali programmi sono stati portati avanti? Perché è importante che le Chiese e le religioni si impegnino su questo fronte?
In marzo sono state consegnate alla presidente della Camera, Laura Boldrini, più di 5mila firme di donne e di uomini che si impegnano contro la violenza di genere. Le Chiese protestanti sono sempre state attente ai diritti delle persone, e la battaglia sui temi della violenza contro le donne riguarda i diritti umani. È importante che in questo cammino siano coinvolti gli uomini, in una presa di coscienza della propria identità maschile, che deve superare gli stereotipi dell’aggressività e recuperare il senso della reciprocità nella relazione e della capacità di tenerezza.
Si lavora a molti livelli, con proposte di letture bibliche e un calendario di “sedici giorni contro la violenza”, un’iniziativa mondiale adottata dalle Chiese protestanti italiane – ogni anno dal 25 novembre al 10 dicembre –, con sportelli di aiuto e qualche casa rifugio per donne in difficoltà, promuovendo dibattiti e pubblicazioni che aiutino a superare la cultura cristiana maschilista e patriarcale.