Samaria, la solidarietà lgbt cristiana fa coming out
Intervista di Silvia Lanzi, 12 giugno 2013
Da qualche tempo c’è una nuova realtà nel mondo degli omosessuali cristiani. Si chiama “Fondo Samaria” una associazione di solidarietà lgbt di ispirazione cristiana con una vocazione ecumenica e una missione umanitaria per la cooperazione concreta fra cristiani, altri credenti, diversamente credenti, non credenti.
Gianni Geraci, portavoce dell’associazione afferma che “il suo scopo è, tramite iniziative culturali di ampio respiro, quello di rimuovere ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale.
Il suo raggio d’azione non si limita soltanto all’Italia, ma si estende anche ai paesi vicini, senza tuttavia sottrarsi alla necessità di portare aiuto concreto alle persone che vivono la propria diversità nel resto d’Europa e nel Mediterraneo”
Quando è nato il fondo Samaria?
Il percorso che ha portato alla nascita di quella che ufficialmente si chiama “Associazione Fondo Samaria” e che, in maniera più informale, possiamo chiamare “Samaria”, è partito alla fine del 2011, durante una riunione che si era tenuta tra alcune persone che avevano organizzato il “Primo forum degli omosessuali credenti” di Albano Laziale.
In quella sede si decise di dar vita a quattro gruppi di lavoro tra cui uno che doveva creare uno strumento capace di raccogliere dei fondi per finanziare forme di solidarietà LGBT di ispirazione cristiana. Quando ci siamo incontrati durante il “Secondo forum degli omosessuali credenti” era ormai chiaro che si poteva partire.
Abbiamo dedicato l’estate ai contatti con quelli che sarebbero diventati i “soci fondatori” e le adesioni sono venute da tutta Italia. A quel punto, organizzando delle conferenze con Skype, abbiamo messo a punto lo statuto e l’11 novembre del 2012 ci siamo incontrati a Roma per dar vita a “Samaria”. Ci sono voluti poi più di tre mesi per arrivare alla nascita formale dell’associazione.
Perché questo nome?
“Samaria” è un nome molto evocativo, perché rimanda alla regione montuosa che si trova tra la Giudea e la Galilea e che era abitata dai discendenti delle tribù del nord che i giudei ritrovarono in Israele quando tornarono dall’esilio babilonese e con i quali decisero di non fondersi, considerandoli dei “contaminati”.
Nel Vangelo stesso emerge questo disprezzo e Gesù stesso, quando invia i dodici, per “scacciare gli spiriti immondi” e “guarire ogni sorta di malattie e d’infermità” (Mt 10,1), dice loro queste parole: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 10,5). D’altra parte, come osserva il Vangelo di Giovanni, i Giudei non mantenevano buone relazioni con i Samaritani (Gv 4,9).
Come non trovare un parallelo tra gli omosessuali del giorno d’oggi e i samaritani del tempo di Gesù? Anche tra gli omosessuali e la Chiesa non ci sono buone relazione. Anche la nostra vita, come quella degli antichi samaritani, viene considerata, da molti credenti, un attentato ai pilastri su cui si fonda la convivenza umana.
Anche noi, come i samaritani, veniamo indicati come i portatori di una cultura che corrompe la società e la Chiesa. Ma nello stesso Vangelo in cui troviamo le tracce di questa inimicizia vediamo come sia stato Gesù stesso a superarla: chiedendo l’acqua alla Samaritana, innanzi tutto, e aiutandola, finalmente a fare il suo “coming out” e a riconoscere che lei aveva avuto cinque mariti e che quello che aveva non era suo marito (Gv 4,18); raccontando la parabola dell’uomo assalito dai briganti sulla strada che da Gerusalemme scende a Gerico (Lc 10,30-36).
In questo secondo episodio evangelico il samaritano viene indicato come colui che, a differenza degli uomini più vicini alla sacralità del Tempio (il sacerdote e il levita), si prende cura dello sventurato, si assicura che venga ben curato e si “fa prossimo” a lui.
Ecco perché abbiamo scelto di chiamare “Fondo Samaria” un’associazione formata da omosessuali credenti che vogliono promuovere iniziative di solidarietà. Noi siamo i nuovi Samaritani, ma proprio per questo motivo ci sentiamo investiti della responsabilità di non andare oltre quando ci troviamo di fronte a una situazione di bisogno.
Cosa si propone in concreto l’associazione?
“Samaria” si propone di raccogliere fondi per aiutare tutte le iniziative che si propongono di superare o di stemperare tutte quelle forme di discriminazione, basate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, che ancora ci sono nella società e nelle Chiese.
Dietro a questa indicazione di massima ci possono essere tante cose: il finanziamento di ricerche, di studi, di progetti assistenziali, di iniziative culturali, di forme di solidarietà spicciola e di momenti di formazione. Da quello che sto osservando le richieste d’aiuto non mancheranno. Il problema sarà semmai quello di avere abbastanza risorse per dire di si a tutte le richieste che, a nostro avviso, dovranno essere sostenute.
La mostra “Just married” è il primo progetto che avete sostenuto? Quali saranno gli altri?
In realtà, quello che abbiamo finanziato, non è tanto la mostra “Just married”, ma l’intero progetto: “La Fede incontra l’omosessualità. I cristiani al Palermo Pride 2013”. Mi sembra indicativo il fatto che si sia deciso di appoggiare la presenza cristiana ad un Pride. Di fronte a questo tipo di manifestazioni l’atteggiamento che vediamo nelle nostre comunità cristiane è di diffidenza. “C’è troppo esibizionismo!” ci dicono alcuni. “C’è un atteggiamento troppo polemico nei confronti della Chiesa” ci dicono altri.
Ma noi che conosciamo le storie di chi partecipa ai Pride sappiamo anche che dietro a certe forme di comunicazione sopra le righe ci sono tante storie di sofferenza che hanno bisogno innanzi tutto di riconciliazione.
Essere presenti come cristiani a una manifestazione come il Pride significa andare incontro a questa sofferenza e dire ai tanti omosessuali che manifesteranno con noi: “Guarda che il Signore ti ama. Guarda che il Signore è contento del fatto che tu oggi possa celebrare la tua diversità. Guarda che il Signore oggi ti guarda e sorride”. E come Davide che danzò davanti all’Arca (2 Sam 6,14) è bello ed è giusto che chi vuol camminare alla presenza di Dio si metta a danzare e mostri ai tanti che si sentono lontani da dio perché ballano, che lo sguardo di Dio non ci abbandona mai.
Quanto agli altri progetti ci sono arrivate alcune richieste informali che però non si sono ancora trasformate in richiese precise. Credo però che, prima della fine dell’estate avremo già finanziato almeno un altro progetto.
“Samaria” è nato in un contesto “religioso”. Se dovessero esserci progetti “laici” meritevoli di sovvenzioni, li aiutereste?
Nello statuto siamo molto espliciti: parliamo di “iniziative finalizzate ad eliminare ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale o identità di genere nella società e nelle Chiese”. Non poniamo quindi dei vincoli confessionali che non avrebbero senso, perché le opere buone non sono un’esclusiva dei credenti, ma sono spesso portate avanti da persone che partono da una visione secolare del mondo.
Cosa possono fare i lettori di Gionata che volessero aderirvi?
Abbiamo appena inaugurato un sito il cui indirizzo è: www.fondosamaria.org. All’interno di questo sito c’è una sezione dedicata a chi vuole aderire alla nostra associazione. Nel buio che spesso ci circonda, qualche piccola luce come quella di chi ha deciso di far partire la nostra associazione, potrà dare un po’ di speranza a qualcuno. Se a quelle piccole luci se ne aggiungono tante altre il risultato è quello di far sparire le tenebre e di far tornare il chiarore del giorno.