Sei gay e cattolico. Non c’è bisogno di astinenza
Articolo di Marco Politi tratto da Il Fatto Quotidiano del 22 agosto 2012
Detta così, l’intrepida dichiarazione di Rosario Crocetta, aspirante governatore della Sicilia – “Se divento presidente, dirò addio al sesso e mi riterrò sposato con le siciliane e i siciliani” – assomiglia a quelle sparate dei ragazzi meridionali che fanfaronavano: “Se perdo la scommessa, me la taglio”. In questo caso il taglio simbolico del sesso avverrebbe, al contrario, dopo una vittoria.
Paola Concia, la deputata del Pd omosessuale felice, lo ha già tranquillizzato. “Non rinunci ai sentimenti”, ha detto da vera signora, ma è probabile che volesse incoraggiarlo anche a non perdersi qualche ora felice sotto o sopra le lenzuola.
In realtà, battute folcloristiche a parte, usate sapientemente dal candidato lanciato dall’Udc e sostenuto dal Pd per restare sulla cresta dell’onda mediatica, la vicenda Crocetta mette in luce paradossalmente la maturità raggiunta dalla società italiana e l’arretratezza delle posizioni di chi invoca leggi sacre per disconoscere i diritti degli omosessuali.
Certo, ci sono ancora cattolici made in Cl, che nei corridoi del Meeting di Rimini bollano come catastrofe le relazioni omosessuali: “Con le coppie gay la vita muore, non avremmo più bambini…”. Esternazioni patetiche.
Di fatto anche nel mondo cattolico delle parrocchie il rispetto per le scelte sessuali degli individui ha fatto grandi passi in avanti. Magari non se ne parla molto, ma in generale l’amore gay non è da tempo più considerato una “perversione” e la disponibilità a varare una legislazione per le coppie di fatto etero ed omosessuali è un dato acquisito.
Non è un caso che Pierferdinando Casini si sia recentemente dichiarato in favore dell’approvazione in parlamento delle unioni civili. L’improvvisa battuta astensionista di Crocetta (che appare dettata dalla volontà di pararsi da eventuali strali delle gerarchie vescovili) porta semmai in superficie il paradosso e la contraddizione di fondo dell’attuale dottrina vaticana. Riassumibile nel concetto: “Non è peccato essere gay (anzi, si può persino diventare santi come scrisse qualche anno fa l’Avvenire), ma è peccato , segno di grave disordine morale, praticare sesso omosessuale”.
Dunque si è gay non più esecrati a priori – uno degli ultimi documenti di Ratzinger, quando da cardinale guidava la Congregazione per la Dottrina della fede, insisteva sull’impegno a non discriminare o perseguitare gli omosessuali – ma è assolutamente vietato (sotto pena della negata assoluzione in confessione) voler vivere una normale vita affettiva omosessuale. Un diktat tombale.
Eppure, afferma un vecchio proverbio ecclesiale, ad impossibilia nemo tenetur. “Nessuno può essere vincolato a impegni impossibili da mantenere”.
Le proibizioni dell’istituzione ecclesiastica si stanno sbriciolando nel quotidiano. Persino un uomo d’ordine cattolico come Vittorio Messori, intervistatore di pontefici, si è tutt’a un tratto scoperto illuminato sostenitore avant lettre dei diritti omosessuali sin dagli albori degli anni Settanta, arrivando giorni fa ad una formulazione che annienta i ferrei veti vaticani: “Per il credente dovrebbe esserci un motivo di profonda riflessione: se l’omosessualità, in ogni tempo e in ogni luogo, marca e marcherà sempre una percentuale dell’umanità (che sembra fissa), può forse trattarsi di un ‘errore’ del Creatore? Che sono questi nostri fratelli in umanità? Sono forse ‘scarti di lavorazione’?“.
No, replica Messori, anche i gay fanno parte del piano divino. Ed è, si badi bene, una voce che nei decenni trascorsi è sempre stata polemica nei confronti degli innovatori ecclesiali.
Crocetta si rassereni. Potrà continuare ad essere cattolico ed omosessuale praticante, senza fare sforzi disumani – a vittoria avvenuta – per reprimere il suo bisogno di piacere. Ciò che rimane come segno dei tempi è che un partito cattolico come l’Udc abbia ufficialmente proposto come governatore regionale un omosessuale, che non nasconde minimamente di esserlo.
È segno dei tempi mutati che questo avvenga in una Sicilia, in cui abitualmente si è manifestato un machismo imperante (anche se per effetto di una secolare tradizione orientale in Trinacria si sono sempre praticati ben nascosti erotismi omosessuali giovanili e meno giovanili). Conta, infine, che
dell’omosessualità di Crocetta agli elettori siciliani importi poco.
Era il 2007 quando il cardinal Ruini obbligò l’associazionismo cattolico al Family Day di piazza San Giovanni a Roma. Cinque anni dopo la battaglia anti-gay e contro le unioni civili è già persa nella società.