Si dimette Benedetto XVI: un papato all’insegna dell’omofobia
Considerazioni di Alessandro Rizzo pubblicate il 12 febbraio 2013 su pianetagay.com
La notizia sta facendo il giro dei network mondiali e sta imperversando sulle reti televisive di tutto il mondo ma, in particolare modo, quelle italiane: il mondo politico ha subito reagito alla notizia delle dimissioni del Pontefice, Benedetto XVI, esprimendo con reverenza dispiacere e sconcerto, elogiando l’operato di un Papa che ha avuto una reggenza all’insegna della lotta alla omosessualità e dell’avversione verso le persone lgbt.
La pedofilia, che ha visto diversi casi aperti, mai conclusi con sentenze chiare e precise, come avrebbero, invece, richiesto, soprattutto nel mondo anglosassone, vittime di soprusi e di violenze perpetrate da prelati di turno, è stata la partita più dura contro cui il Vescovo di Roma non ha mai espresso una decisa e ferma volontà di portare avanti una perseguibilità dei suoi colleghi accusati di tale infame reato.
Ed è della fine del 2010 il caso in cui si è visto il Vaticano schierarsi in sede delle Nazioni Unite con quei paesi intolleranti verso l’omosessualità, tanto da considerarla reato penale, perseguibile con la pena capitale e detentiva, nel rigettare l’approvazione di una proposta di delibera formulata dalla Francia sulla moratoria contro la sua condanna, invitando quegli stati che la prevedono a provvedere a sospendere le esecuzioni e a riformare il proprio ordinamento accogliendo le persone lgbt come soggetti di diritto. Il Vaticano liquidava l’assurda scelta dicendo che, altrimenti, si sarebbero acuite le manifestazioni omofobe in quei contesti, dato che chi discrimina e perseguita i gay avrebbe aumentato la propria intolleranza e la propria avversione in merito: come si possa spiegare scientificamente tale giustificazione di voto non si sa bene, ma fatto sta che la Chiesa Cattolica, rappresentata da uno stato, quale essa è, dimostrava una posizione netta e inequivocabile.
Le dichiarazioni del “successore di Pietro” contro l’omosessualità e di dileggio verso le persone lgbt sono diverse negli 8 anni di pontificato: “l’omosessualità non è moralmente giusta” tuonava da subito dal soglio romano. Come è consuetudine nelle gerarchie porporate si cerca di portare avanti delle posizioni superficialmente cerchiobottiste: da una parte Benedetto XVI diceva di stare attenti e vicini a queste persone, ma dall’altra che, comunque, esse rimangono “contro natura”, in quanto ogni atto sessuale e di affetto deve essere funzionale alla procreazione.
Si può ben comprendere quali siano le conseguenze di tali asserzioni promanate da chi si è sempre autoeletto come difensore della verità assoluta: legittimazioni vere e proprie verso coloro che perpetuano nel mondo atti di discriminazione e persecuzione verso le persone lgbt. Non possiamo, infine, che rilevare l’ansia e la paura che provocò la grande conquista fatta in uno dei territori storicamente più cattolici di tradizione, la Spagna, con l’introduzione dell’istituto matrimoniale e adottivo per coppie formate da persone dello stesso sesso: “è distruttivo per la famiglia” asseriva in modo fermo da San Pietro il “Pastore tedesco”, approvando quel legame assurdo e pericoloso tra morale, in questo caso clericale, e legge, aspetti che sono nella visione del Pontefice e della Chiesa inscindibili.
La Spagna era il Paese eretico da abbattere e stigmatizzare come esempio negativo in tutto il pianeta, tanto da definire la legge come un precedente che andava a distruggere “elementi fondamentali di un ordine di diritto”. Quale sia questo ordine è chiaro a tutti: una visione maschilista, sessuofoba e paternalista della realtà. La moralità assoluta è stata da sempre propagandata dalle divise cardinalizie in tutto il pianeta, fonte di persecuzione di quei “fratelli” che disattendevano all’imperio incontrovertibile di Santa Romana Chiesa, funzionale a mantenere il controllo sul “gregge” da ordinare e indottrinare: in passato erano gli indios latino americani, gli ebrei in Spagna e non solo, poi i Valdesi.
Oggi il nemico comune su cui accentrare le attenzioni è l’omosessuale, colui che viene considerato fuori natura divina e, quindi, compromettente il potere di quel verbo che si fece carne, interpretato dall’onniscenza pontificia come infallibile. L’anno scorso il “Pastore tedesco” esce con una delle sue dichiarazioni al vetriolo contro gli omosessuali, esprimendo ancora quell’ossessione verso persone che esprimono una propria natura e vogliono viverla liberamente: gli omosessuali sono ostacoli alla “realizzione del bene comune e della pace”, quindi una pratica “grave inflitta alla giustizia”. L’omosessualità è causa dei conflitti mondiali, secondo il pontefice dimissionario: quell’anomalia da estirpare, da non considerare e assecondare nel silenzio se manifestata all’interno della gerarchia curiale.
Le unioni omosessuali non possono essere equiparabili al matrimonio in quanto, secondo Ratzinger, “comportamento deviante” e causa di offuscamento di “valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità”. Se poi Benedetto XVI coltivasse in animo un protagonismo da divina non è importante: il suo abbigliamento strabiliante, scarpe firmate Prada calzate con disinvoltura durante i sermoni di cordoglio e solidarietà per chi soffre la fame e patisce la povertà. L’omofobia viene assolutamente rappresentata dalle parole del Pontefice uscente: quell’ipocrisia che serpeggia nella storia delle stanze vaticane, in cui, come asseriva Gaetano Salvemini, spesso si annidano “uomini con le gonne” che si scagliano contro coloro che vogliono vivere liberamente e con consapevolezza il proprio orientamento, cosa che loro non possono fare seppure solo nelle segrete camere o sacrestie.
Da capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, ruolo che ha tenuto sotto il precedente pontificato, l’allora Cardinale Joseph Ratzinger non perdeva minuto per dare istruzioni e disposizioni su come tenere archiviati e nascosti i casi di pedofilia e di violenza verso minorenni compiuti dai propri colleghi. Da ultimo, forse sarà questa l’immagine che maggiormente rimarrà impressa a coronare questo pontificato interrotto dalle manifestamente dichiarate dimissioni, fatto che non accadeva dai tempi di Celestino V, circa 500 anni fa, vediamo il pontefice accogliere con grande ospitalità e amicizia il presidente del parlamento ugandese, Rebecca Kadaga, che ha promosso un testo di proposta legislativo in cui si inaspriscono pene e condanne per chi esprime la propria omosessualità.
Era il 12 dicembre e tale volontà si palesava in modo totale e irremovibile. Il testo prevede, quindi, un inasprimento delle pene prevedendo anche la pena capitale, oltre all’ergastolo, se si è difronte alla fattispecie di “omosessualità aggravata”. La fotografia dell’incontro tra i due rappresentanti statali, quello vaticano e quello ugandese, ha fatto il giro del mondo avvallando la fondatezza delle assurde e pericolose disposizioni, che renderanno, se approvate, la difficile terra di David Kato ancora più impossibile per l’esistenza e la sopravvivenza di migliaia e migliaia di omosessuali. Qualcuno ha dato notizia di questo nel lungo e profuso elogio che si sta registrando da diverse posizioni, sia politiche sia giornalistiche, della figura del Pontefice dimissionario?