Si può essere allo stesso tempo cattolici ed omosessuali?
Testo di Michael Kelly* tratto dal sito The Irish Times (Irlanda) del 29 gennaio 2002, tradotto da Erica
Senza la partecipazione degli omosessuali, la Chiesa che noi conosciamo finirebbe di esistere, senza di essi, il pensiero cattolico, i ministeri e le celebrazioni subirebbero un’impoverimento che li renderebbe esangui.
In generale la gente che lavora all’interno della Chiesa sa chi siamo, o almeno lo sospettano. Gli omosessuali rendono il loro servizio in tutti i campi della Chiesa, e sempre di più lo fanno con l’appoggio tacito dei loro superiori, beneficiando così della tolleranza di tutta la comunità.
Ma finché non si dice niente, a voce alta, le cose vanno avanti per inerzia. Gli omosessuali sono sotto il peso del giudizio ufficiale per le loro pratiche “intrinsecamente depravate” e “oggettivamente disordinate”, e intanto la Chiesa approfitta della loro generosità, del loro impegno lavorativo, contando sulla loro invisibilità e sul loro silenzio.
Anche io ho sottoscritto tacitamente questa pratica per diciassette anni. Ho trascorso così un po’ della mia vita con i Francescani; ho studiato la teologia, ho imparato a padroneggiare la spiritualità, ho preso un diploma di pedagogia. Sono stato professore in due continenti, responsabile della liturgia e cappellano laico in scuole e università cattoliche.
Mi si apprezzava perché portavo con me la creatività e l’ardore della giovinezza. Poi nel 1993 , una semplice confessione pubblica, “sono omosessuale!”, ha messo fine alla mia carriera. La Chiesa non prende al suo servizio gli omosessuali che riconoscono apertamente il loro orientamento sessuale, soprattutto non dei professori e dei cappellani. Che il preside del collegio e i miei colleghi ne fossero al corrente non ha importanza. Avevo disatteso una regola ferrea perciò, come sostine la dottrina ufficiale, me ne sono dovuto andare.
Questo triste scenario punteggia la vita della Chiesa, con il suo retaggio di depressione, di famiglie spezzate e di suicidi. Avevo considerato da parte mia il costo della mia franchezza, ma sentivo che dovevo fare questo gesto per rivendicare la mia dignità e per obbligare la Chiesa ad essere davvero la comunità onesta, giusta e liberatrice voluta da Cristo. Non importa che l’essere respinto mi abbia fatto molto male. Sono stato male anche quando l’eucaristia mi è stata rifiutata la prima volta.
Oggi dopo quattro anni sono il portavoce di un gruppo di cattolici che si adoperano perché la Chiesa operi una “ conversione del cuore” e consideri diversamente i gay, le lesbiche, i bisessuali e i transessuali.
Quando capita, assistiamo insieme alla messa nella cattedrale di San Patrizio, a Melbourne, ostentando una sciarpa del colore dell’arcobaleno. Questo segno ci identifica come cattolici omosessuali che riconoscono la loro sessualità e desiderano celebrarla come un dono sacro.
Facciamo la coda per prendere la comunione, come si fa abitualmente, nel rispetto e nella preghiera. Ma sempre riceviamo un rifiuto, insieme ai nostri genitori che ci accompagnano e che portano, con noi, la stessa sciarpa.
Mia madre ,che ha settantotto anni, ha subito questo rifiuto tre volte. Dopo alcuni anni, i vescovi dell’Australia e degli Stati Uniti si sono impegolati in giustificazioni cavillose. Una cosa sola è chiara: la gerarchia non può tollerare che la fierezza gay si esprima vicino ai Sacramenti. E’ evidente che i vescovi hanno paura.
L’insegnamento cattolico in materia di sessualità è come una vecchia costruzione con fessure, posta senza un piano preciso su una palude fatta di paure antiche, di misoginia, di rifiuto del corpo e di negazione del piacere. Negano tutto a tal punto che il minimo choc in una di queste parti è sentito come una minaccia per il tutto.
E’ per questo che ci si accanisce a denunciare la contraccezione, a tenere le donne lontano dall’altare, a escludere i divorziati risposati e a ridurre gli omosessuali al silenzio o a mostrare loro la porta. La nostra Chiesa ha un disperato bisogno di una conversione che non ha mai avuto luogo.
Il popolo di Dio deve impegnarsi tutto insieme nella costruzione di una discussione sui mille modi di vivere i desideri sessuali dell’uomo, sul modo di esprimerli e sulla loro diversità. In modo particolare si devono accogliere ed ascoltare le persone demonizzate e condannate, perché è sempre attraverso gli emarginati che i movimenti dello Spirito fanno germogliare ciò che era inatteso.
Ho visto l’opera della grazia nella vita dei gay e delle lesbiche. Negli sforzi che facciamo per costruire le nostre vite ed edificare delle comunità sulle ceneri lasciate dalle condanne della gerarchia cattolica. Per esplorare in tutta onestà il toccare, l’intimità ed il piacere e smascherare così il sacro e santo status quo. E’ anche per grazia di Dio che tutte le ferite, di cui noi soffriamo, sono inflitte allo stesso Corpo di Cristo ed oso sperare che per esse questa Chiesa, che minaccia di calpestare il suo stesso cuore, un giorno saprà cambiare.
* Si può essere allo stesso tempo cattolici ed omosessuali? Michael Kelly, scrittore e conferenziere australiano, racconta la sua esperienza. Infatti nel 1993, una semplice confessione pubblica, “sono omosessuale!”, ha messo fine alla sua carriera ecclesiastica e l’ha portato a cercare nuove strade per vivere con pienezza il suo essere cattolico e omosessuale. Questa è la sua testimonianza.
Articolo originale: Amour et service en Église: la place des homosexuels