Siamo in grado di accogliere le persone LGBT nelle nostre comunità cristiane?
Riflessioni di Roberto di Gabriel Forum al convegno diocesano “Accogliere”
All’inizio del Sinodo sulla famiglia il Papa chiedeva di parlare con estrema schiettezza, in piena libertà. Ritengo che anche nelle diocesi si debba utilizzare lo stesso criterio nell’affrontare le situazioni concrete delle famiglie, individuare quelle “cosiddette” situazioni difficili per tentare di dare risposte pastorali adeguate. Come ha scritto il nostro Arcivescovo “si tratta di privilegiare una pastorale che produca processi”. Cioè non fornire frettolose risposte, ma un camminare insieme in un percorso di conoscenza.
Il Papa nell’ Esortazione sulla famiglia afferma: “Non esiste la famiglia ideale, ma un mosaico di realtà diverse, un poliedro che ci interpella”. (AL57) E continua il nostro Arcivescovo: “Non possiamo quindi partire da un’idea astratta del bene per applicarli nell’impegno pastorale, ma tenere insieme con sapienza ciò che ci chiede la realtà, l’esperienza della carne viva delle persone e fecondarla con la luce del Vangelo”.
Ci è chiesto, dunque, di guardare la realtà per quella che è, in tutte le sue sfaccettature. Quando parliamo delle situazioni “cosiddette” difficili facciamo un lungo elenco: i separati, i divorziati, gli immigrati, i senza tetto, le donne e i bambini abbandonati, sfruttati, i senza lavoro, quelli che muoiono in tanti conflitti, i morti nei naufragi e così via.
Tutti sono presenti nei nostri cuori. O meglio, quasi tutti. C’è un posto, una intenzione di preghiera per tutti, ma non per quelli che, per la loro diversità, sono giudicati, emarginati, le vittime dell’intolleranza e dell’odio, quelli che in tanti paesi, particolarmente arabi e africani, vengono perseguitati, incarcerati e anche condannati a morte. Dice il Papa che per queste persone “va evitato ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza.”(AL.250)
Beatrice Brogliato e Damiano Migliorini nel loro recente libro (L’amore omosessuale) ponevano una domanda: “Perché per la Chiesa l’argomento “omosessualità” è così fastidioso, imbarazzante, difficile da affrontare? E rispondevano:“perché ci si accorge di quanto il tema possa essere scottante”.
Nel documento proposto al Convegno diocesano, al n. 1 – “Accogliere” si chiede: “Esistono categorie di persone che escludiamo concretamente e perché? Chiediamoci: come vengono guardate, giudicate queste persone? Quale posto occupano? Che significato diamo alla parola accogliere?
Il Papa parla “dei tempi che cambiano” e nella Evangelii Gaudium (40) dice: “In seno alla Chiesa vi sono innumerevoli questioni intorno alle quali si ricerca e si riflette con grande libertà”.
Dall’ Esortazione “Amoris Laetitia” ci sono state varie aspettative, dove tutto si sarebbe voluto chiaro, prefissato, ben definito. Leggo:
- “la necessità di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali” (n.2);
- “Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”(n.3);
Qui non si tratta di stravolgere la dottrina, ma di saper ascoltare, leggere, discernere, cercare di capire e accompagnare.
Scrive don Valter Danna, (Fede e omosessualità) alla luce della sua esperienza pastorale nella diocesi di Torino: “Si tratta di accogliere, ascoltare, comprendere… creare per queste persone un clima relazionale dove la persona non si sente immediatamente giudicata, né condannata, bensì percepisce un’atmosfera calma e serena nella quale fare emergere le proprie angosce, difficoltà, delusioni, paure, solitudini, la stessa vergogna e senso di colpa per il solo fatto di essere in questo modo”.
Ecco uno esempio di percorsi pastorali già attivati in tante parti d’Italia.
Nelle due sessioni sul Sinodo della Famiglia, si sono affrontati molteplici aspetti e difficoltà all’interno della famiglia, solo marginalmente la dimensione delle persone omosessuali. Non c’è stato un vero approfondimento, e nel documento finale sono stati omessi, purtroppo, alcuni passaggi della Relazione “post disceptationem” presentata dal card. Erdo. Leggo:
“Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio? La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica.”
Il Santo Padre con la sua Esortazione invita la Chiesa ad essere “madre che abbraccia, cioè che definisce la propria identità nella capacità di accoglienza, di ascolto, di accompagnamento” e aggiunge: “Oltre la legge, c’è qualcosa che, compiendola, la supera, una accoglienza.. “fuori misura”. … Perché è “la Misericordia che riscatta la nostra miseria.” (AL.2)