Siete “pronti a rispondere della speranza che e’ in voi”?
Riflessioni delle volontarie e dei volontari del Progetto Giovani Cristiani LGBT
Quest’anno abbiamo scelto di lasciarci guidare dalla speranza. “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” dice Pietro, al capitolo 3 della sua prima lettera.
A quale speranza siamo chiamati noi figli di Dio? Come recita il versetto, la speranza non è isolata né autonoma, piuttosto nasce e si fonda su un’altra azione, l’adorazione del Signore. Se andiamo all’etimologia della parola, adorazione – dal latino “ad – oris” ovvero “verso la bocca” – è un atto circolare: per portare qualcosa a sè bisogna prima uscire fuori, sbilanciarsi verso l’esterno, e dunque riportare questa alterità nell’intimo, alla propria bocca. Crediamo in una speranza che nasca dal desiderio di adorare Dio, di uscire per cercarlo nel mondo e scortarlo poi al nostro cuore. E la bella notizia è che Dio ha fatto di tutto perché noi lo cercassimo e lo trovassimo! Si è incarnato in un uomo, in Gesù, e non solo: si manifesta quotidianamente nel nostro prossimo.
Ogni giorno possiamo conoscere un po’ meglio il Signore, sentirne la vicinanza, scorgendolo in chi ci circonda: Dio tutto intero non l’abbiamo mai visto, ma le sue mani le abbiamo strette in quelle dell’amico che ci ha rialzato, le sue lacrime le abbiamo asciugate nel sofferente che ha incrociato la nostra strada, i suoi occhi ci hanno sorriso negli occhi di quel ragazzo lì.
Dunque, non una speranza vaga, fumosa, ideale, un generico ottimismo, una spensieratezza distaccata o un’attesa sterile. Ma una speranza concreta, che si fonda sull’uscire da sé per cercare nell’altro i segni di un Dio che ci ama da morire.
Gesù infatti in questo è stato sempre molto chiaro: non siamo monadi che trovano in se stessi tutte le risposte, non ci bastiamo, “non è bene che l’uomo sia solo”. La speranza in cui crediamo è la speranza della relazione. Ed allora, continuiamo a vivere con gioia e coraggio le relazioni: siamo figli, fratelli, fidanzati, perché la condizione di persone LGBT non ci impedisce di incontrare l’altro, non può impedirci di sperare. I frutti delle nostre vite ci hanno fatto sperimentare che Dio stesso riversa su di noi una grande speranza, non nonostante, ma grazie anche al nostro orientamento sessuale ed affettivo.
Nella vivacità, nella difficoltà e nell’indecisione del dibattito ecclesiale sulle tematiche relative alla sessualità, all’identità di genere ed all’orientamento sessuale, sono tanti i “segni” concreti del disegno (la “speranza”) del Signore sulle nostre vite. Sono fari che illuminano la strada, che sanano ferite. Sono gli esempi concreti di vita, la santità delle piccole-grandi storie.
Speranza sono le coppie omosessuali che conosciamo: incarnano l’impegno, la cura e la valorizzazione reciproca, una vita feconda perché moltiplicata nell’amore – io mi apro a te, ed insieme ci apriamo all’Altro. Coppie in cui si è l’uno per l’altro segno dell’amore fedele, per sempre, di Dio.
Speranza gioiosa sono le vite delle persone LGBT fiorite pienamente in percorsi professionali e di servizio esemplari, vissuti con gioia ed altruismo.
Speranza luminosa per il nostro cammino sono le persone omosessuali consacrate, che incarnano il Vangelo in autenticità e semplicità e ci accompagnano nei nostri percorsi di fede: sono segni viventi di un Padre che scorta con dolcezza e misericordia tutti i suoi figli.
Speranza coraggiosa sono i genitori che ci sostengono, accogliendo come un dono, talvolta dopo un difficile cammino, la natura dei propri figli.
La nostra Madre Chiesa infine, è per noi portatrice di speranza laddove ci accompagna generosamente, nei pastori e nei vescovi che ci vogliono bene, in chi è “assetato” di Vangelo, nei fedeli e negli operatori che servono gli emarginati, sono vicini agli ultimi, rifiutano ogni legalismo pungente concentrandosi sulla verità e sulla bellezza della persona.
Infine, speriamo che ognuno di noi accolga e valorizzi la speranza che lo abita. Come dice Pietro, rendiamo ragione, testimoniamo la speranza che è in noi; e osservando le vita delle persone LGBT che ci circondano, la loro bellezza, possiamo leggere questi verbi all’indicativo presente, più che all’imperativo.
Perché nel presente, ogni giorno, testimoniamo già questa speranza, vivendo semplicemente in autenticità la quotidianità. Perchè che ce ne rendiamo conto, o ancora no, proprio oggi, nel minuscolo frammento di creaturalità della nostra esistenza e nella strada sconnessa della nostra vita come è ora, c’è tutta la speranza che il Signore ha riversato sull’umanità.
Perché ogni vita è preziosa e ogni storia ha dentro di sé la meraviglia di un Dio che ci ha desiderati, creati, custoditi, e che ci amerà per sempre.