Sinodo sulla famiglia: dal giudizio alla benevolenza
Riflessioni di René Poujol pubblicate sul sito renepoujol.fr (Francia) l’8 aprile 2016, traduzione di finesettimana.org
Dalla lunga frequentazione dei testi pontifici, ho imparato che bisogna leggerli due volte. In una prima lettura, si parte febbrilmente alla ricerca delle parole che si vorrebbe sentire, a rischio di rimanere delusi se non le si trova. Da questo punto di vista, Amoris laetitia (1) non ha derogato alla regola.
Su nessuno dei problemi controversi, che si tratti della contraccezione, della coniugalità omosessuale o dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati, papa Francesco non dà esplicitamente la risposta attesa da molti fedeli, tra cui il sottoscritto. Una seconda lettura fa scoprire il testo e le sue ricchezze. E offre qualche sorpresa se si sanno leggere le note a piè di pagina.
Gli ultimi paragrafi dell’esortazione apostolica ne riassumono perfettamente lo spirito quando il papa scrive: “In nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio” (2), per proseguire: “Tuttavia, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno” (3). E, come per rispondere anticipatamente alle obiezioni, precisa: “Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità” (4).
In queste espressioni, è già detto tutto. E le duecentosessanta pagine, organizzate in trecentoventicinque paragrafi è solo lo sviluppo di questa doppia esigenza: fedeltà e apertura. Se papa Francesco, facendosi espressione del sinodo romano, non vuole metter mano alla dottrina, è perché essa esprime il “progetto di Dio” sulla famiglia, e ciò che propone la Chiesa attraverso il sacramento del matrimonio gli sembra corrispondere a ciò a cui continuano ad aspirare massicciamente i nostri contemporanei: un amore che dura, vissuto nella fedeltà e nella fecondità.
L’esortazione apostolica riafferma quindi la convinzione della Chiesa che il solo modello familiare utile alla società è quello che si basa sul matrimonio eterosessuale indissolubile e fecondo. “Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società” (5), scrive papa Francesco. Il che, evidentemente, non corrisponde allo stato attuale dell’opinione pubblica in un paese come la Francia. Comunque, prendendo atto della diversità delle famiglie e delle situazioni, il testo riconosce l’esistenza “di elementi positivi” in altre forme matrimoniali: convivenza, matrimonio civile, seconde nozze. Invita quindi i preti ad accogliere le persone come sono, senza rinunciare a proporre loro l’ideale preconizzato dalla Chiesa attraverso quella che il testo chiama “pedagogia divina”.
Per papa Francesco, il percorso è chiaro: “due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare […]. La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione […]. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno” (6). Ora, appunto, il problema sollevato dal rifiuto di ammettere ai sacramenti i divorziati risposati è quello di una “condanna a vita”. È vero che l’esortazione apostolica non toglie “esplicitamente” il divieto, ma le affermazioni di papa Francesco ci fanno comprendere che invita a toglierlo, nel discernimento.
Scrive: “È possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato… si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” (§ 305). Per chi non è addentro al linguaggio ecclesiastico questo potrà sembrare banale o oscuro. Ma non è così. Il fatto di parlare di “aiuto della Chiesa” può già suggerire che ci possa essere una possibile allusione all’accesso ai sacramenti. Una lettura più attenta mostra che questa frase rinvia ad una nota a piè di pagina n° 351, in cui si dice: “In certi casi, può anche trattarsi dell’aiuto dei sacramenti”. Ecco che è stato detto! Il cerchio è chiuso. Senza preavviso, evitando ogni provocazione inutile su un tema sensibile, papa Francesco, come l’assemblea sinodale lo autorizzava a fare, apre una porta chiusa da sempre (7).
Lo sapevamo astuto e determinato. Eccone la prova, in totale fedeltà alle delibere dei Padri sinodali. È un punto che è opportuno sottolineare: si è stupiti della volontà manifesta di papa Francesco di “stare al gioco” della collegialità sinodale, non andando al di là del consenso espresso al termine delle due sessioni.
Dobbiamo trarne la conclusione che sta cambiando un’epoca per la Chiesa? Certamente no! Anche se la lettura, per quanto rapida, di questo testo seduce per la sua ricchezza e per l’apertura che propone, c’è per lo meno un punto che continua a fare problema. Certo, la Chiesa accetta di guardare la società così com’è, evitando di moltiplicare le condanne che si potevano trovare negli scritti dei suoi predecessori. Ma questa descrizione delle realtà della famiglia contemporanea sembra interpellarlo solo sulla sua capacità – o incapacità – di far prevalere la propria “visione” nella società. Mai la Chiesa si riconosce messa in discussione “a fondo” da qualsiasi realtà nuova.
Si nota qui una distanza, per non dire una contraddizione, rispetto alle affermazioni di papa Francesco nella sua intervista alle riviste gesuite dell’estate 2013, in cui dichiarava: “la comprensione dell’uomo muta col tempo, e così anche la coscienza dell’uomo si approfondisce… Le scienze e la loro evoluzione aiutano la Chiesa in questa crescita nella comprensione” (8). Ora, si resta stupiti che su un tema sensibile come la contraccezione, l’esortazione torni per quattro volte sull’enciclica Humanae Vitae per sottolinearne la pertinenza in particolare per quanto riguarda il rapporto esclusivo che esisterebbe tra metodi naturali e rispetto della dignità della persona (9), il che meriterebbe un esame più ampio.
Allo stesso modo, sulla questione omosessuale, sorprende che l’esortazione dia la sensazione di non “ascoltare” le persone omosessuali stesse e di non parlare loro. Se non per confermare, come per le altre persone che si trovano in situazioni non conformi all’insegnamento del magistero, che esse sono amate da Dio e hanno il loro spazio nella Chiesa. La sola attenzione pastorale riguarda le loro famiglie – genitori o figli – che il testo invita ad accompagnare con carità. Sembra un po’ poco.
Che dire d’altro? Che bisogna leggere e senza dubbio rileggere Amoris laetitia, come invita a fare lo stesso papa Francesco. Dedicandovi il tempo necessario per entrare in una riflessione non esplicitabile con i codici binari e sbrigativi della comunicazione nelle nostre società moderne. Per la Chiesa, resterà aperta malgrado tutto una domanda essenziale: come far prendere coscienza di questo nuovo sguardo sulle realtà familiari a coloro che si sono allontanati dalla Chiesa?
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(1) Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia.
(2) n° 307
(3) n° 308
(4) ibid.
(5) n° 52
(6) n° 296
(7) È perfino possibile che questa “apertura sia sfuggita ai membri della Segreteria dello Stato del Vaticano che hanno tradotto il testo in diverse lingue. In un documento pedagogico “domande e risposte” fornito ai vescovi e ai giornalisti, scrivono a proposito dei divorziati risposati: “Anche se non possono prender parte pienamente alla vita sacramentale della Chiesa, sono incoraggiati a partecipare attivamente alla vita della comunità”. Questa era la posizione della Chiesa… prima dell’esortazione!
(8) Papa Francesco, intervista dell’agosto 2013. (9) n° 82.
Testo originale: Synode sur la famille : convaincre les objecteurs de confiance