Sono gay. In Irak mio padre sarebbe stato contento di farmi uccidere dall’ISIS
Articolo di Antoine Gessling pubblicato sul sito del Magazine LGBT 360° (Svizzera) il 1 agosto 2015, libera traduzione di Marco Galvagno
Taim, è uno studente iracheno di 24 anni ed è un sopravvissuto, poichè omosessuale è sfuggito per un pelo ai jadisti dell’organizzazione dello stato islamico (ISIS). Ha raccontato la sua odissea alla BBC per ricordare i suoi amici che invece sono stati assassinati.
Nel giugno 2012 l’organizzazione dello stato islamico (ISIS) ha invaso, quasi senza colpo ferire, una larga parte dell’ovest dell’Iraq. Per Taim (nome fittizio) un giovane gay di buona famiglia, che studia medicina, la loro salita al potere non poteva capitare in un momento peggiore, proprio quando un suo amico gli aveva appena fatto outing. Ha ripercorso la sua triste vicenda l’agosto scorso ai microfoni della BBC.
“Ho cominciato a rendermi conto d’essere gay verso i 13-14 anni . Pensavo come tutti che l’omosessualità fosse una malattia e volevo uscirne, volevo sentirmi normale. Durante il 1 anno del college ho cominciato a seguire una terapia. Il mio psicoterapeuta mi aveva raccomandato di dire agli amici che stavo attraversando una fase difficile e di chiedere il loro sostegno.”
Nel 2013 fa a botte con Omar (nome fittizio) un altro studente che gli rimprovera di frequentare troppi membri della minoranza cristiana. Allora uno degli amici comuni chiede a Omar d’andarci piano con Taim, perché sta seguendo una terapia in quanto omosessuale. “ È così che la gente l’ha saputo, penso che il mio amico lo abbia detto a fin di bene, ma alla fine mi ha rovinato la vita.”
Novembre 2013: Taim viene pestato a sangue da Omar e da due suoi amici. Gli hanno rasato i capelli accusandolo di disonorare il padre. Taim lascia la città per qualche tempo. Al suo ritorno viene picchiato di nuovo nei bagni dell’università.
Tre mesi dopo all’inizio di giugno del 2014 la città viene conquistata dall’ISIS. Omar, unitosi ai gihadisti al potere, telefona a Taim e gli ingiunge di pentirsi dei suoi peccati e d’arruolarsi nel nuovo esercito. Taim riaggancia.
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Sarei felice di consegnarti io stesso, con le mie mani.
Il 4 luglio (2014) dei gihadisti si presentano alla porta di casa sua per arrestarlo con la scusa che è un infedele, un omosessuale che merita la punizione di Dio. È suo padre ad aprire la porta.
“Mio padre è una personalità religiosa”. Fortunatamente è stato in grado di dire loro di tornare il giorno dopo, per dargli il tempo di scoprire se le accuse fossero vere. “Quando mio padre è tornato a casa s’ è messo ad urlare e alla fine mi ha detto Se queste accuse sono vere, sarò felice di consegnarti, io stesso con le mie mani». Sono rimasto lì senza sapere cosa dire o cosa fare o come difendermi.” .
È la madre di Taim a prendere in mano la situazione. “Ce ne andiamo adesso” ha detto al figlio la sera stessa a mezzanotte. Lo ha portato da una delle sue sorelle e ha prenotato un biglietto aereo per la Turchia in partenza dal Kurdistan, ma accedere alla provincia autonoma era impossibile a causa della guerra.
Il giovane si trovò così bloccato in quei paesini per varie settimane. In agosto raggiunse Sulemaniya e da lì prese il primo aereo disponibile e atterrò a Beirut. “Se fossi rimasto l’Isis mi avrebbe ucciso, come ha fatto con tanti altri. Se non lo avessero fatto loro, sarebbe stata la mia famiglia.
Qualche giorno dopo la mia partenza ho saputo che mio zio paterno aveva fatto il giuramento di lavare l’onore della famiglia. Recentemente ho ricevuto questo messaggio anonimo su facebook, mia madre pensa che provenga da mio zio: «Lo so che sei a Beirut, ti ritroverò persino all’inferno».
Preso in carico da un’associazione libanese Taim ha fretta di lasciare la regione. “Tutto ciò che voglio adesso è un posto sicuro dove mio padre o qualche estremista non possano raggiungermi. Voglio essere al sicuro, libero di essere me stesso, laurearmi e cominciare a vivere.”
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Una famiglia distrutta
È difficile mantenere i contatti, ma lo fa grazie ai social network, uno dei suoi fratelli pure ha lasciato la città rimproverandogli d’aver distrutto la famiglia. “Ero adirato, allora non gli ho risposto”. Poi l’ultimo dell’anno sentendo la sua mancanza gli ho scritto ”Non è colpa mia se sono nato così, quelli dell’Isis sono criminali. Abbiamo fatto una lunga conversazione su facebook sulla nostra infanzia”.
Taim non ha più parlato al padre “Era tenuto a proteggermi qualunque cosa avvenisse, ma quando ha detto che mi avrebbe consegnato all’Isis sapeva ciò che mi avrebbero fatto. Forse, in futuro potrò perdonarlo. Per ora voglio solo che scompaia dalla mia vita”.
Taim mantiene settimanalmente i contatti con la madre. “ È difficile per lei. Non c’è campo e deve uscire dalla città, rischiando, per captare il segnale. È la persona più straordinaria del mondo: colta, rispettosa, brillante.
Quando ha cercato di farmi uscire dal paese aveva in testa una sola idea: mettermi in salvo, perché è mia madre. Non mi ha nemmeno chiesto se fossi gay, penso che lo abbia sempre saputo, ma ciò che ho sempre sentito è il suo amore. Adesso avrei bisogno di baciarla e abbracciarla”
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Incubo ricorrente
Ha ancora amici gay in Iraq, ma non li contatta più, per motivi di sicurezza. Uno di loro è stato buttato giù dal tetto di un palazzo del governo, all’inizio dell’anno. Le immagini dell’esecuzione, utilizzate dalla propaganda gihadista hanno fatto il giro del mondo.
“Aveva 22 anni, studiava medicina. Era un ragazzo molto calmo e davvero intelligente, un genio Mi parlava delle ultime scoperte scientifiche” . Come molti gay iracheni Taim e lui si erano conosciuti online, prima d’incontrarsi dal vivo e diventare confidenti.
“Non riesco a descrivere ciò che ho provato vedendo le immagini della sua esecuzione. Queste immagini video affollano i miei incubi. Mi vedo precipitare nel vuoto e subire lo stesso destino tragico del mio amico.
Sono rimasto sconvolto nel vederlo morire in quel modo, così violento. Aveva gli occhi bendati, ma l’ho riconosciuto dal colore della pelle e dalla statura. Credevo che fosse morto sul colpo, ma un mio amico mi ha raccontato che dopo essere sopravissuto alla caduta è stato ammazzato a sassate. Sono quasi svenuto, non riuscivo a crederci. Il giorno prima era vivo, attivo, viveva la sua vita e il giorno dopo era morto.”
Taim precisa che i militanti dell’Isis sono dei veri e propri professionisti nella persecuzione dei gay. “Li cacciano uno ad uno, quando ne catturano uno scandagliano il suo telefono e i suoi contatti facebook. È come il domino, il primo a cadere trascina tutti gli altri.”
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Prima dell’Isis
Il terrore per i gay iracheni non è cominciato con l’ISIS, sottolinea Taim “i miliziani e l’esercito iracheno uccidevano i gay di nascosto e nessuno diceva nulla. Per loro noi siamo sporchi criminali di cui ci si deve sbarazzare, perché secondo loro attiriamo la collera di Dio e siamo la fonte di tutti i mali.
Prima della presa del potere dell’ISIS i casi di stupri e torture non erano affatto rari. Gli uomini venivano legati a dei camioncini e trascinati per la strada fino a quando agonizzavano, i loro cadaveri venivano bruciati, altri corpi venivano abbandonati in mezzo al deserto con il retto incollato. La differenza ora è solo che l’Isis uccide le persone (gay) buttandole giù dai tetti degli edifici, ciò che cambia è che queste esecuzioni facciano il giro del mondo, perché l’Isis le filma e diffonde i video. È stato insopportabile leggere un sacco di commenti positivi dopo gli omicidi degli omosessuali. Penso che l’Isis lanci la gente dai tetti delle case, perché la nostra gente ci odia. È un mezzo di propaganda per guadagnare consensi e nuovi adepti.”
Taim ha accettato di raccontare la sua storia in memoria del suo amico torturato e assassinato e per tutti i gay che sono rimasti in Iraq, perché privi di mezzi per andarsene. “Voglio che gli iracheni sappiano che siamo esseri umani, non criminali. Abbiamo dei sentimenti e un’anima. Smettetela di odiarci, perché siamo nati diversi”.
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* Questo è l’adattamento francese dell’articolo “What my own father would have left is kill me” di Carole Hawley pubblicato sul sito della BBC il 23 luglio 2015
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Testo originale: Irak. «Mon père aurait été heureux de me livrer à l’EI»