Sono gay! Voglio vivere, voglio essere solo me stesso
Testimonianza di Massimo Abate tratta dal blog refofirenze.wordpress.com del 19 febbraio 2008
Sono Massimo Abate, vivo a Vasto e sono un cinquantenne ancora in forma. Gianna Sciclone, la mia pastora (valdese), mi ha inoltrato un tuo messaggio che ho poi visto contenuto nel tuo sito e che mi ha fatto piacere leggere: un testo pieno d’amore. La mia storia personale mi dà la possibilità di comprendere particolarmente bene il tuo pensiero, soprattutto i messaggi di aiuto e di partecipazione che trasmette.
Sono gay, ho avuto fino a 37 anni un’esistenza da “etero”, ex marito, padre di una figlia diciannovenne quasi sconosciuta; una sola storia d’amore in mezzo a tanti visi, un ragazzo meraviglioso che mi ha fatto innamorare di me stesso. In pillole è tutto qui e, fidati, non è poco. E da quando mi sono innamorato, una cosa ho fatto sempre, ho vissuto, e una cosa non ho fatto mai, sognare, perché ho capito che l’amore è l’esatto contrario del sogno, è la pura realtà.
E’ durata cinque anni, cinque anni fatti di emozioni, di paure e ripensamenti, cinque anni in cui mi sono reso consapevole, mi sono ripescato, asciugato, riposato e finalmente guardato allo specchio; a fianco a me c’era il mio ragazzo che mi ha aspettato, mi ha capito e spronato ad essere me stesso, sempre e con passione. Mi diceva di volermi baciare davanti a tutti al supermercato, perché i sentimenti non si nascondono: ci sono riuscito. Mi ha chiesto di scegliere fra una donna che avevo sposato e lui, perché fosse l’unico ad essere amato: l’ho fatto e ho scelto, finalmente.
Non ho sognato di vivere con lui davanti a tutti in una piccola città piena d’aria: l’ho fatto, ma avevo paura, una paura folle di rendere chiaro il mio amore, l’angoscia di essere perdutamente impazzito di gioia. Pensavo a cosa potesse accadermi, guardavo i colleghi che non mi guardavano più, sentivo la mia famiglia che non mi sentiva più, baciavo una bambina che avevo fatto, ma pensavo a lui…
Ho imparato che il sogno dell’etero represso e pavido non mi piaceva più perché godevo di una realtà pesante ma splendida. Avevo finalmente imparato a rispettarmi e sentivo, per la prima volta, cosa fosse l’amore.
Vivere con il mio compagno, rendere chiaro il mio rapporto con lui e con gli altri, è stata una scelta di libertà personale ed io ho sentito, a piano a piano, che l’amore è un sentimento che si ha diritto di chiedere alla vita e alle persone, ed ottenerlo.
Il diritto di essere se stessi non deve mai essere considerato un sogno ma un bisogno primario, alla stessa stregua di mangiare, bere e condurre una vita dignitosa. Col tempo ho imparato a riconoscere la differenza fra il sogno ed il desiderio, preferendo, col tempo e con la passione, desiderare sempre, avere sempre voglia.
Penso oggi che solo così facendo si potrà amare sempre, chiunque e secondo libertà. La mia pastora mi dice che i giovani sono sognatori; sono stato ragazzo anch’io ed ho sognato molto, costretto da condizioni sfavorevoli a vivere un’adolescenza ed una giovinezza frustrata ed ai minimi sistemi.
Chi ha la possibilità di vivere le proprie emozioni e mettere in pratica i sogni, quindi desiderare, deve farlo assolutamente, senza tentennare e sempre mosso dalla voglia di vivere i sentimenti allo stato puro.
La tua appassionata visione di un amore di coppia col tuo compagno ideale è il palcoscenico dove va vissuta una parte, conservando la propria identità, seppure nella necessità di recitare anche, di mediare pure e di accettare qualche compromesso. E’ la base di partenza, sono le fondazioni ben piantate di un palazzo alto e adorno, da costruire con la voglia di farlo, facendo, e desiderando ardentemente la riuscita di un sogno.
Osservo noi omosessuali in questo nostro Mondo e la cosa mi frastorna sempre. Vedo movimenti di emancipazione e di tutela delle “minoranze” che si scatenano per essere “uguali” e non diversi, quasi si trattasse di aiutare un handicappato grave da barriere architettoniche o un obiettore di coscienza dall’obbligo di uccidere un uomo…
Credo che il nostro tempo non richieda più eroi che si immolano per i diritti degli omosessuali ad essere considerati uguali a tutti gli altri. Sono certo che il bisogno di uguaglianza nei diritti, la conquista dell’emancipazione e la condivisione delle opportunità, siano effetti più di un impegno personale, che di un impegno collettivo ed organizzato. Credo nelle associazioni, laiche o confessionali, che tutelano le persone omosessuali, ma il lavoro da compiere deve essere finalizzato alla emancipazione della persona in quanto tale e non perché omosessuale.
Si all’accoglienza, si all’educazione, si all’emancipazione, no all’aggregazione forzata e no alla nicchia autarchica. Il lavoro dei gruppi di counselling e di mutuo aiuto, deve essere finalizzato alla preparazione personale ad affrontare da soli il Mondo, dove esistono anche gli eterosessuali e, fra questi, anche gente retrograda e omofobica che odia gli omosessuali perché ignorante.
L’azione quotidiana che ognuno di noi deve compiere è quella di rendersi visibili, non nascondendo nulla di se stessi, mai e ovunque: solo con l’esempio si può trasmettere un sentimento, un’idea ed anche un ideale, mai solo teoricamente o per mezzo di aggregazioni avulse dal contesto sociale e storico, ma sempre e soltanto con le azioni. Possiamo prendere in prestito, se così si può dire, la vita di tanti uomini e donne che nella storia hanno visibilizzato così tanto le proprie idee da diventare eroi o martiri…
Uno per tutti, e scusate se è poco: Gesù. Da cristiano come me, sicuramente avrai un’idea sostanziale della personalità di nostro Signore: un uomo, solo un uomo, combattivo e tenero, chiaro e lampante, paziente e aspro, calli sotto i piedi e mani da operaio…
Nonostante queste caratteristiche così poco “dotte”, questo essere umano sulla Terra, ha saputo e potuto far impazzire di gioia milioni di persone chiedendo loro di essere semplici e chiari, di non avere paura di esprimersi e di chiedere aiuto; in una parola: di amare.
Personalmente mi sento sempre un po’ a disagio ad invocare l’esempio di Gesù, fatto uomo per farsi capire, ma mi sembra veramente il riferimento più alto e nel contempo più semplice da afferrare, veramente molto umano. Personalmente amo la pratica delle cose e del praticare l’amore ne ho fatto il mio viatico.
Ecco perché non sono molto convinto che le associazioni di omosessuali, di qualunque credo siano, debbano continuare a proteggere gli associati e, per loro, tutti gli omosessuali, in nidi strutturati e autarchici.
Credo, al contrario, che esse debbano avere sempre le porte spalancate e che, una volta accolte e fortificate, le persone omosessuali debbano essere invitate caldamente a misurarsi con la società del quotidiano, ad essere semplicemente esseri umani come gli altri, non diversi da proteggere ad oltranza e da utilizzare per creare centri di potere.
Tutte le persone che si ritengono in grado di “aiutare” gli omosessuali ad emanciparsi, devono insegnare che la teoria è una cosa e la pratica è un’altra. Incontrasi in luoghi protetti e solo fra “simili” è diverso dal difendere le proprie convinzioni e sentimenti in ambienti ostili e pregiudiziali; vivere i propri sentimenti ovunque, è sinonimo di libertà individuale e collettiva, in quanto si impara e si insegna.
Ecco, dunque, che ti ho spiegato esattamente che non credo nel sogno se non come anticamera del desiderio, della voglia di vivere e di sentirsi liberi. Bando alle ciance, dunque, cerchiamo tutti di essere sempre indignati di fronte ai paladini della tradizione e della libertà condizionata e avversi a quelli che decidono di reprimere i propri desideri, ritenendosi lontani dal peccato.
Spero di aver portato un contributo di idee a noi stessi e, scusandomi della mia irruenza, ti saluto caramente, invitandoti a venire Vasto quando vorrai.