Sono solo una madre cattolica che ama i suoi figli omosessuali
Testimonianza di Beth Garascia pubblicata sul sito di Fortunate Families (Stati Uniti), Associazione di genitori cattolici con figli LGBT, liberamente tradotta da Silvia Lanzi
Come madre di un figlio gay e di una figlia lesbica, Beth ha fatto esperienza sia del dolore che della gioia nell’amore per i suoi figli. Ha anche sperimentato che non avere troppe aspettative e ascoltare gli altri fornisce un percorso di amore reciproco e di accettazione, un percorso che spera la sua Chiesa possa seguire più da vicino. Essere un genitore cattolico di un gay e di una lesbica giovani adulti ha significato per me un lungo viaggio per capire come due parti così importanti della mia vita potessero essere un dono. Sono cattolica fin nel midollo; amo la Chiesa, l’eucarestia, la liturgia, la famiglia mariana alla quale appartengo.
Allo stesso modo amo i miei due figli omosessuali, profondamente e incondizionatamente. Lotto con l’insegnamento della Chiesa: da una parte, i vescovi ci hanno insegnato nella lettera pastorale “Always Our Children” ad accogliere i nostri figli e che Dio ama ogni persona come individuo unico e speciale. D’altra parte, i gay sono definiti “intrinsecamente disordinati”; non sono ben accetti e a volte nemmeno riconosciuti nelle nostre parrocchie.
Se si parla di loro, è spesso in termini negativi. Nella parrocchia che la nostra famiglia frequenta è stato distribuito un libretto intitolato “Homosexuality and Hope” (“Omosessualità e speranza”) pubblicato dalla Catholic Medical Association in un workshop intitolato “Avere vita e averla in abbondanza”. Il libretto dichiara che l’omosessualità potrebbe essere causata da una o più di nove cause, tra le quali l’abuso sessuale e lo stupro, una madre oppressiva o un padre distante. Non a caso, i ragazzi si sentono ignorati e in esilio, e come madre di due figli omosessuali sono stata messa a tacere. È una strana sorta di parlar doppio – come può un figlio di Dio essere intrinsecamente disordinato? perché si zittisce la voce dei loro genitori?
Anche se sono stata schiaffeggiata dalla mia impotenza più di una volta nella mia vita, come la maggior parte degli americani ancora non penso e a volte credo nel mito di avere il controllo di me stessa, del mio destino, degli altri e del mondo. Quando mio figlio raccontò a me e a mio marito di essere gay, otto anni fa, non siamo rimasti sorpresi. Lo sospettavamo da parecchi anni e in qualche modo ne fummo sollevati, ma alla notizia abbiamo reagito con dolore: forse era colpa nostra, forse eravamo stati “troppo permissivi”, troppo arrendevoli. Avevamo paura per la sicurezza di nostro figlio diciottenne; avrebbe preso buone decisioni, avrebbe agito con integrità per quanto riguardava la sua sessualità? Avevamo anche paura che la sua vita sarebbe stata più difficile di quella di una persona eterosessuale. Alla fine gli abbiamo parlato delle nostre apprensioni, ma avevamo anche fiducia che sarebbe stato la persona responsabile che era sempre stata.
L’impotenza che sentivo aveva a che fare non solo con le preoccupazioni per la sua sicurezza, ma anche con la perdita. Aveva le caratteristiche che avrebbero fatto di lui un buon padre, e non lo sarebbe mai stato! Non ci sarebbe mai stato un matrimonio tradizionale con una donna o una famiglia convenzionale. A volte ancora piango per quello che avrebbe potuto essere, mentre amo mio figlio per quello che è: un uomo creativo, che si preoccupa delle cose, che ha talento per creare nuovi spazi e per aiutare gli altri a riconciliarsi.
Quattro anni fa, nostra figlia ci disse che avrebbe potuto essere lesbica e alla fine ha confermato il suo orientamento sessuale. Non avevamo mai sospettato che lo fosse; uno scenario diverso. Avemmo un’altra reazione dolorosa, con la paura che la sua vita non sarebbe stata semplice a causa del suo orientamento. È stato uno sforzo per me accettare di avere due figli omosessuali. Non stava a me, comunque, decidere se lei fosse o meno lesbica. È sempre la stessa figlia che abbiamo conosciuto ed amato, una giovane donna molto cordiale, talentuosa e appassionata, con un meraviglioso senso dell’umorismo, che è una parte molto amata della nostra famiglia.
A questo punto, se qualcuno mi desse una bacchetta magica e mi dicesse che con una scrollatina potrei farli diventare tutti e due eterosessuali, non lo farei, perché questo li cambierebbe in profondità: sono un dono di Dio per la nostra famiglia e per la nostra comunità. Quello che è più difficile da accettare è che la gerarchia della Chiesa faccia delle dichiarazioni sull’omosessualità senza ascoltare le esperienze delle persone omosessuali e delle loro famiglie. La mia speranza è che ci saranno, ad un certo punto, dei forum nei quali ci venga chiesto di condividere cosa abbiamo vissuto. Come dice la dottoressa Rachel Naomi Remen, in Kitchen Table Wisdom (La saggezza del tavolo della cucina): “L’ascolto è il più antico e forse il più potente strumento di guarigione. Spesso è attraverso la qualità del nostro ascoltare e non la saggezza delle nostre parole che siamo in grado di effettuare i più profondi cambiamenti nelle persone intorno a noi… L’ascolto crea un silenzio sacro”.
Così, oggi mi è chiaro che non ho il controllo di me stessa, del mio destino, degli altri, tanto meno del mondo, come spesso avrei voluto. Sto lavorando per accettare il dolore quando viene, per amare e rallegrarmi per questi due figli omosessuali, per quello che sono e per fare quel che posso nel chiedere alla gerarchia ecclesiastica di ascoltare la mia esperienza. Quando gli amici e i colleghi di lavoro ascoltano la mia storia con empatia, entrando con la mente in ciò che provo, questo è uno dei più grandi regali che possano farmi. Lasciar perdere le aspettative, ascoltare le altre storie e accettarsi reciprocamente per quello che siamo… non è questo ciò che possiamo desiderare l’uno dall’altro?
Testo originale: Family, sexuality and spirituality