Sono un uomo transgender in viaggio per capire se stesso
Testimonianza di Invisible V. pubblicata sulla rivista LGBT Bombastic (Uganda), n. 4, 2017, pp.8-9, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Mi chiamo Invisible V., e sono un uomo transgender. Sono maggiorenne, e lavoro per il Tranz Network [l’associazione trans* ugandese, n.d.t.]. Sono una persona socievole, gentile e piena d’amore. Sono nato biologicamente femmina, ultima nata dopo tre maschi. Io e i miei fratelli siamo orfani: non ho mai conosciuto mio padre, e mia madre è morta nel 2006. Non ho terminato la scuola dell’obbligo, e dal momento in cui ho abbandonato la scuola, fino ad oggi, ho dovuto lottare molto, ma grazie a Dio ho trovato una nuova famiglia nel Tranz Network, che mi accetta per quello che sono.
Da piccolo mi sono sempre sentito un ragazzo. Non ho mai indossato vestiti femminili, perché mi facevano sembrare buffo. Sono cresciuto indossando scarpe da ginnastica, pantaloncini corti e pantaloni larghi, e ho sempre avuto i capelli corti. Non era solo una questione di come mi vestivo, mi sentivo davvero un maschio, ma non avevo idea che fosse una cosa naturale.
All’inizio non l’accettavo, e nemmeno i miei fratelli accettavano la mia tendenza ad essere un maschiaccio: mi dicevano in continuazione che non dovevo essere come un ragazzo, ma dovevo essere femminile, e quando fu evidente che non avrei finito la scuola, decisero ben presto che ero maturo per il matrimonio.
La maggior parte degli uomini trans, prima [di comprendere la loro identità], hanno pensato di essere lesbiche. Sapevo bene di essere attratto dalle donne, e infatti mi ritenevo lesbica: non sapevo nulla delle persone transgender, né del non conformismo di genere, quindi pensavo semplicemente di essere lesbica, e mi definivo tale.
Nel 2014 incontrai Olga, che mi introdusse nella comunità LGBTI: per la prima volta in vita mia, incontrai qualcuno che capiva la mia vita e il mio dolore, perché fino ad allora mi ero sempre sentito solo. Olga mi presentò molta gente, poi incontrai Ram. Mi ricordo la prima volta che mi imbattei in lei: mi rimbombava un unico pensiero in testa, “OHMIODDIO! Ho davvero una famiglia!”.
Poi conobbi William, ma ancora non capivo cosa significasse davvero essere trans. William cominciò ad introdurre l’argomento, e mi fornì molto materiale per aiutarmi a capire come mi sentivo, e cosa significasse essere trans. Tutto quello che mi ha fatto leggere mi ha aperto gli occhi e la mente, come se quelle pagine stessero descrivendo proprio me.
Non ho percorso il tipico cammino di autoaccettazione della maggior parte delle persone LGBTI, anche perché, quando ero bambino, mia madre mi vestiva in scarpe da ginnastica, pantaloncini corti e maglietta, e quando i vicini la rimproveravano, diceva che potevano vestire le loro figlie come pareva a loro, ma che di certo non avrebbero deciso come dovevo vestirmi io.
Dopo la morte di mia madre, andai a vivere con mio fratello in Tanzania. Sua moglie è molto religiosa, e decise che “cambiarmi” sarebbe stata la sua missione. Mi rimproverava continuamente perché facevo giochi da maschietto, che mi piacevano moltissimo, e ce la metteva tutta per femminilizzarmi, affidandomi i lavori di casa e incoraggiandomi a giocare come una femminuccia, ma quei tentativi non hanno avuto molto successo. Mi ricordo molto nitidamente che, quando giocavamo a “mamma e papà”, spesso volevo fare la parte dell’ospite, dato che non volevo fare quello della mamma, e i miei compagni di gioco non mi permisero mai di interpretare il papà.
Quando ho sentito parlare per la prima volta delle persone trans ho passato molto tempo a fare ricerche, e ho letto tutto ciò su cui ho potuto mettere le mani, e improvvisamente ho cominciato a pensare “Questo sono io”. Da allora ho continuato a crescere, a conoscere e a capire sempre di più, e alla fine, per la prima volta, sono riuscito ad apprezzarmi per davvero.
Sono un uomo transgender etero, e le numerose relazioni che ho avuto sono state psicologicamente pesanti. La mia ex ragazza, che sapeva bene che mi considero un uomo trans, spesso mi faceva notare le cose che odio di più di me stesso: la vagina e il seno. So già di averli, e di odiarli, ma perché mai una persona che dice di amarmi dovrebbe gettarmelo in faccia ogni volta che abbiamo una discussione? Come se volesse deliberatamente farmi del male colpendo quello che sa essere il mio punto più debole.
Quella relazione è poi finita, e ho trovato un’altra persona, che molto probabilmente mi è stata mandata da Dio per farmi ritrovare la fede nell’amore e in tutta la razza umana. La mia ragazza mi capisce bene, forse perché è un medico, e le riesce più facile capire certe cose. In questo momento mi sto impegnando per salvaguardare questo spazio protetto, e non vedo l’ora di compiere la mia transizione.
Una cosa che turba molte persone che mi conoscono è il mio desiderio di avere dei bambini. Sto pensando a compiere la transizione, ma voglio mantenere intatto il mio utero fino a che non avrò almeno due bambini. Molte persone a cui confido questo desiderio dicono che sono confuso, ma ho già conosciuto alcuni uomini trans che hanno avuto dei figli, e non vedo perché io non potrei.
Testo originale: Being a transman won’t stop me from carrying my babies