Spreco e vanità (Lc 12,13-21)
Riflessioni bibliche di Giusi D’Urso* pubblicate su Adista Segni Nuovi del 6 luglio 2019, n°6462, pag.15
Non so quanto sia stato corretto associare ai due brevi brani dal libro di Qoelet (Qo 1,2; 2,21-23) il passo del Vangelo di Luca in cui Cristo condanna con una parabola l’accumulo di ricchezze materiali in Terra (Lc 12,13-21).
Nella traduzione dell’Ecclesiaste di Erri de Luca (Edizioni Feltrinelli) il tradizionale “vanità delle vanità” diviene “spreco degli sprechi”, che rispecchia un’interpretazione un po’ differente. Libro sapienziale, ma non prettamente religioso, il Qoelet esprime bene l’inquietudine dell’uomo dinanzi alla sua effimerità. Il porsi domande che spesso non hanno risposta.
Da cui la sensazione che ogni condizione di vita sia uno “spreco”, più che una “vanità”, in quanto non conduce a realizzazioni esistenziali di sostanza.
Una risposta all’apparente nichilismo dell’Ecclesiaste possono essere i versetti del Salmo 89, cui è stato associato nelle letture di questa domenica. Dio diviene rifugio dell’uomo e risposta alle sue angosce e alla limitatezza del suo esistere.
Ma diversi mi appaiono il bersaglio del primo dei due passi tratto dalla Lettera ai Colossesi (Col 3,1-5), nonché l’oggetto del brano evangelico.
Nel passo paolino si chiede all’essere umano di abbandonare tutto ciò che appartiene alla Terra, identificato con impurità, passioni, idolatria e cupidigia per rivolgersi
alle “cose di lassù”, in quanto morto e rinato in Cristo risorto. In queste poche righe mi sembra sintetizzato molto dell’atteggiamento antistorico assunto nel tempo da tanta parte della Chiesa nei
confronti dei suoi fedeli. Nella di Lei richiesta di distogliere lo sguardo dalla Terra (appiattendo ogni aspettativa terrena a desideri carnali) per volgerlo solo al Cielo, c’è un implicito invito ad abbandonare ogni rivendicazione terrena, per esercitare un maggior controllo sulle singole coscienze.
Molto interessante, sotto questo profilo, mi sembra possa essere riprendere l’interpretazione offerta dal teologo luterano Dietrich Bonhoeffer in Resistenza e resa (raccolta di lettere dal carcere
in cui egli fu recluso dal marzo 1943 fino alla morte avvenuta nell’aprile del 1945) riguardo alle realtà “penultime” e “ultime”. Entro un mondo “penultimo” diventato “adulto” l’uomo è divenuto responsabile di se stesso e della Storia; in tale mondo Dio, realtà “ultima”, si ritira ai margini e lascia allo stesso uomo il compito di realizzare la giustizia e il bene. In una delle lettere del luglio 1944 Bonhoeffer afferma come sia necessario vivere da cristiani senza Dio, davanti a Dio. Vivere nel mondo «senza l’ipotesi di lavoro di Dio». Per cui Dio si è lasciato cacciare dal mondo sulla Croce, un Dio debole e impotente che solo così è al fianco dell’uomo e lo aiuta. Quindi è sulla Terra che l’uomo realizza se stesso, preparando la via in cui incontrerà Dio. In questo pensiero mi sembra di poter cogliere un legame con il secondo passo riportato della lettera ai Colossesi (Col 3,9-11): l’uomo grazie all’azione di Cristo si rinnova, divenendo adulto, e in tale rinnovamento non vi sono più distinzioni e categorie, «non vi è più Giudeo né Greco», ma tutti sono «Uno» in Cristo. Non esiste più uomo o donna, bianco o nero, etero o omo.
Nel brano evangelico di Luca la sottolineatura dell’effimerità della vita ha un senso diverso rispetto a quella del Qoelet. In quest’ultimo, come detto, il riferimento è all’inquietudine dell’essere umano, un’inquietudine che in sé non ha nulla di negativo.
In Luca invece la caducità, in quanto riferita alla ricchezza, ha un’accezione negativa (parallela al riferimento alle impurità terrene di cui parla Paolo in Colossesi) condannando l’eccesso di tale ricchezza, che è anche idolatria, destinata a perire come l’uomo. Ne consegue l’esaltazione di una condizione di maggiore povertà che consenta di cogliere il senso eventuale (per tornare al Qoelet) della vita, intesa come dono verso l’altro che apra a Dio e non come accumulo egoistico.
* laureata in Filosofia, fa parte del gruppo Kairos di Firenze e di Pax Christi Firenze