Strade in salita. I tanti cammini dei cristiani LGBT e dei loro genitori nella chiesa cattolica
Articolo di Daniele Morini pubblicato su LA VOCE, settimanale d’informazione delle diocesi umbre, del 15 luglio 2022, pag.5
Sono spesso presi tra due fuochi, i fedeli cattolici omosessuali. Da una parte si sentono offesi dagli scherni di alcune manifestazioni lgbt+ contro la religione. Dall’altra, però, anche all’interno della comunità cristiana spesso fanno fatica a sentirsi accolti. Esistono ormai cammini pastorali a loro dedicati, inclusi “cammini” veri e propri, ossia pellegrinaggi, anche in Umbria. Nei decenni la Chiesa ha mutato atteggiamento, tuttavia la strada da percorrere appare ancora lunga.
Gay e credenti, una fatica che si apre alla speranza
Come vivono quei credenti che si sentono portati verso identità lgbt? Come riescono – se ce la fanno – a coniugare la percezione di sé con il loro cammino di fede? Dove e da chi cercano le risposte alle domande – anche piuttosto impegnative – sulla loro vita? Si sentono accolti dalla Chiesa e dagli altri credenti?
Sono tanti gli interrogativi, i dubbi e i pensieri che ci accompagnano in queste settimane e gran parte di queste domande riguardano proprio i cristiani lgbt. Ci sembra – in qualche modo – di aver scoperchiato un “vaso di Pandora”, aprendo il dibattito su questo tema delicato e complesso.
Da una parte l’aspetto teologico e pastorale, dal quale non possiamo prescindere. Ma, dall’altro, la persona, con tutto il suo bisogno di essere compresa, accolta e accompagnata. Credenti che – in genere – non hanno voglia di esporsi e sfilare nelle piazze, ma che sulla loro “strada in salita” preferiscono camminare con la massima discrezione e riservatezza.
Su questa basi, qualche anno fa, è nato in Umbria il gruppo Laudato Si’, con una decina di componenti, uomini e donne con età tra i venti e i cinquant’anni.
“Abbiamo iniziato a farci delle domande – ci spiega uno dei partecipanti – quando ci siamo trovati davanti a una locandina per la promozione di una serata-evento. La grafica prendeva in giro la Madonna, rappresentata da una drag queen, e la cosa francamente non ci andava giù. Con alcuni amici, ho pensato che fosse necessario trovare un’altra strada che non fosse la provocazione per accostare la fede al mondo lgbt”.
Antonio – il nome è di fantasia – ci racconta che proprio da quell’episodio è cominciato un passaparola tra amici e conoscenti, per arrivare alla formazione di un gruppo di riflessione, preghiera e accompagnamento reciproco. “Abbiamo preso spunto dalla nostra terra umbra – ci racconta ancora Antonio – ed è nato così il gruppo Laudato Si’, anche perché in genere ci incontravamo ad Assisi.
Un piccolo gruppo, formato da una decina di persone, provenienti da varie parti della regione. Ci trovavamo insieme periodicamente, più o meno una volta al mese. Si sceglieva un tema e poi lo si approfondiva, confrontandoci tra noi e scambiandoci esperienze di fede e vita quotidiana”.
Sono due i riferimenti principali del gruppo umbro: il Progetto Gionata e il gruppo Kairos di Firenze. In entrambi, troviamo coinvolto Innocenzo Pontillo che da decenni si adopera per promuovere l’accettazione e l’integrazione di fede e omosessualità. Spiega come siano meno di quaranta i gruppi locali presenti in una dozzina di regioni italiane, in prevalenza in quelle del Centro-Nord, mentre al Sud ci sono gruppi solo in Campania, Puglia e Sicilia.
“Molti di questi gruppi – aggiunge Pontillo – sono ospitati in strutture della Chiesa cattolica e – nelle diocesi di Cremona, Bologna, Civitavecchia, Lucca, Vigevano e Torino sono riconosciuti anche a livello diocesano. Una novità di questi ultimi anni è stata la crescita di una rete di gruppi che si rivolgono ai genitori cristiani con figli lgbt, con proprie realtà a Bologna, Firenze, Mestre, Parma, Ragusa, Reggio Emilia e Roma”.
Una vera e propria rete di esperienze pastorali – spiega ancora Pontillo – “nate dal basso”, che dal 1980 “ha continuato, con ostinazione e con perseveranza, a supplire, come ha potuto e con i propri limiti, alla carenza di proposte pastorali da parte delle istituzioni ecclesiastiche”.
Qui torniamo ai nostri dubbi e interrogativi, che giriamo anche ad Antonio. “Nel nostro gruppo c’era uno di noi più ferrato sulle questioni teologiche e saltuariamente anche un sacerdote ci ha accompagnato in singole occasioni o iniziative particolari. Nel 2019 abbiamo organizzato anche una veglia di preghiera ad Assisi per chiedere a Dio di non essere guardati con paura e sospetto, in pratica per evitare l’omotransfobia”.
Nelle parole di Antonio è facile percepire amarezza e delusione per la fatica a essere accolti come figli e fratelli, persino dentro la Chiesa, e anche per la complessità di tirare avanti l’esperienza del gruppo Laudato Si’.
“La sensazione spesso – confida – è quella di avere una locomotiva senza vagoni e senza treno. La pandemia ha fatto il resto: ci ha disperso in qualche modo perché non era più possibile vederci in presenza. Ora, di fatto, la nostra è una realtà ‘virtuale’ di auto mutuo aiuto che si ritrova in gruppi chiusi sui social o in una chat di Whatsapp. Un modo per rimanere in contatto e continuare il dibattito tra noi”.
La chiacchierata si chiude con reciproci ringraziamenti. “Noi ci siamo sempre esposti poco o per niente – ci dice Antonio – per il nostro bisogno di discrezione e di riservatezza, ed è per questo che ringraziamo La Voce per aver aperto questa riflessione. Il nostro gruppo cercava da tempo e cerca ancora un dialogo con la Chiesa e con i suoi pastori, che proprio da queste pagine hanno aperto uno spiraglio per noi molto importante”.