Sui due modi di essere chiesa che si contrapporranno al sinodo sulla famiglia
Pare che per il prossimo ottobre, data in cui si riunirà il sinodo dei vescovi in Vaticano per dare delle direttive ufficiali di comportamento nei riguardi della famiglia, si annuncia una lotta all’ultimo sangue.
Sembra che papa Francesco tessa le fila di una parte di vescovi che, tutto sommato, è minoritaria nell’intento di stabilire delle timide aperture verso conviventi, divorziati risposati e gay.
All’interno della parte maggioritaria c’è una fronda che ha avuto tutto il tempo per organizzarsi e che, nel frattempo, ha pure reso più che note le sue posizioni. Costoro vogliono, in buona sostanza, mantenere tutto quello che è stato detto fino ad ora senza cambiare uno iota.
Non entro in merito alla questione religiosa, per quanto rimanga molto perplesso dinnanzi a chi stabilisce delle norme religiose prescindendo quasi totalmente da questioni spirituali e ponendola solo su un piano morale-moralistico e legale (norme così non sono religiose poiché non affondano in vere e profonde motivazioni religiose ma etico-filosofiche!).
Quello che mi sta a cuore notare è un altro fatto: ogni argomentazione religiosa veicola sempre un concetto di mondo e di uomo, oltre che un concetto di cosmo in senso generale.
È fatto noto che, nell’epoca moderna, l’Occidente ha iniziato a considerare in senso scientifico l’antropologia (il concetto di uomo) e la cosmologia (il concetto di cosmo). Se, nel secondo aspetto, nel XVII secolo, a rimetterci le penne fu Galileo, reo di sostenere quello che i suoi occhi vedevano attraverso il cannocchiale, attualmente a rimetterci le penne sono le persone che vivono situazioni affettive non “regolari” e tra queste i gay.
Ho letto in un sito cattolico che i vescovi più conservatori parlano di possibile scisma nella Chiesa cattolica, se per caso passa un atteggiamento indulgente nei riguardi di costoro e dei gay in particolare.
I vescovi hanno permesso che cose ben più importanti (dal punto di vista strettamente religioso) marcissero nella loro Chiesa reagendo, qualche volta, solo molto flebilmente. Al contrario,dinnanzi alla questione dei gay, parlano addirittura di scisma.
In pratica: per questioni esclusivamente religiose tollerano tutto e il suo contrario nelle chiese (pensa ai movimenti settari cattolici e alle tendenze di segno nettamente opposto), ma per una questione esclusivamente antropologica (non religiosa!!) parlano di scisma! Dal mio punto di vista, dire che sono patetici, contraddittori e, di fatto, forse indifferenti a questioni realmente religiose ma ben attenti a questioni antropologiche e morali, è solo dipingere la cruda realtà.
Almeno nel XVII secolo, pur con tutti i noti limiti del periodo, c’era più attenzione al campo religioso “strictu sensu”, anche se poi ci fu pure l’equivoco cosmologico con Galileo, come abbiamo visto.
Questa fatale confusione e sovrapposizione del dato antropologico con il dato religioso ha fatto dire a qualche vescovo (cito a memoria, dopo averlo letto ieri su internet): “Condanniamo il fatto che non sia eresia l’affetto tra gay e che tra gay ci possono essere molte cose positive”).
Che in queste menti ci sia l’incapacità voluta di non ammettere realtà positive nella vita affettiva di un gay non mi meraviglia, nonostante l’uomo comune possa constatarlo, dal momento che oramai i gay sono evidenti.
Quello che mi meraviglia un poco è l’incapacità totale di non distinguere il dato antropologico dal dato religioso. In altre parole, religiosamente parlando, si può ammettere una scala di valori e il senso di alcune rinunce nella vita del cristiano (da non applicarsi come letto di Procuste, però!).
La Chiesa può e deve avere il diritto di stabilire, in base alla sua tradizione e alla rivelazione, cosa sia retto religiosamente e cosa non lo sia. È dunque giusto che il cristiano non debba essere in tutto identico all’uomo comune.
Quello che non si può ammettere è entrare violentemente in un campo antropologico con motivi religiosi dicendo “le relazioni affettive tra omosessuali sono comunque negative, ammettere anche parzialmente il contrario è una eresia”. In altre parole non si può negare, in nome della religione, aspetti positivi della realtà civile, laddove essi di fatto sussistano.
L’eresia riguarda i temi religiosi, non i temi antropologici!!! I canoni dell’antropologia non sono i canoni religiosi poiché si pongono su piani ben distinti, anche se la religione non è fatta per rimanere astratta e riguarda l’uomo concreto.
Mi si potrebbe ribattere che i temi religiosi sono pure i temi morali e che se esiste eresia teologica esiste pure eresia morale ma il punto non è questo. Il punto è l’aver stabilito in senso assoluto il bene e il male prescindendo totalmente dal dato antropologico, come se questo non contasse nulla.
Una cosa del tutto simile accadde nel XVII secolo quando Galileo fu accusato di eresia. Allora si confondeva il dato cosmologico con quello religioso (come se la cosmologia scientifica non contasse nulla), oggi quello antropologico con quello religioso! Oggi è l’antropologia, che per certe menti, non conta nulla. (Per alcune altre menti, all’opposto, l’antropologia deve oscurare il dato religioso. Anche qui c’è un’indebita invasione di campi!).
Allora in nome della religione non si poteva ammettere che la terra girasse attorno al sole. Oggi in nome della religione si spoglia di qualsiasi positività l’affetto tra due omosessuali o tra due conviventi, come se il fatto di aiutarsi e sostenersi vicendevolmente fosse una cellula cancerosa all’interno della società e qualcosa solo da “tollerare” obtorto collo.
Temo, purtroppo, che abbiamo a che fare con persone che intellettualmente non ce la fanno a capire e la storia, ancora una volta, è ben lungi dall’essere maestra per queste persone!
Nonostante ciò, essi vogliono insegnare e imporre a tutti i costi le loro idee servendosi, in Italia, del braccio secolare, pardon, di persone che influenzano le sorti politiche in Parlamento …