Sul matrimonio e la famiglia abbiamo dei religiosi fin troppo moderni
Riflessione di Stéphane Lavignotte, pastore della Maison Verte di Parigi, tratta da cci.blogspirit.com e tradotta da Dino
Sapete quante volte è citato il “matrimonio” nella Bibbia? Solamente quattro volte ed il termine “sposato” solo nove volte. La teologa Virginia Ramsey Mollenkott, analizzando la famiglia nella Bibbia, ha recensito quaranta tipi diversi di famiglie.
Invece le chiese sulla famiglia sostengono che è esistita sempre nella stessa forma, restringendo così il concetto di famiglia ad una concezione molto moderna ed occidentale della famiglia stessa che poco, o nulla, c’entra con la Bibbia. Sopriamo insieme perchè.
Spesso i rappresentanti religiosi vengono definiti ciechi alla realtà della loro epoca, prigionieri di punti di vista legati al passato. I rappresentanti di cristiani, musulmani ed ebrei di Lione che hanno firmato un appello contro il matrimonio per le persone dello stesso sesso hanno appena dimostrato che è vero il contrario. Che cosa ripetono, riga dopo riga, sul matrimonio? Questo “caposaldo fondatore dell’umanità”, questo “basamento della società”, questa “istituzione così essenziale” che non può essere sottomesso agli ondeggiamenti delle correnti di pensiero.
Il matrimonio, la famiglia formata dalla coppia uomo-donna esisterà ovunque, per sempre. Ma essi credono che quello che esiste qui e oggi sia esistito ovunque e sempre nella stessa forma, restringono così il concetto della famiglia ad una concezione molto moderna ed occidentale della famiglia stessa.
L’antropologia, la storia, la semplice osservazione della realtà che ci circonda ci mostrano – e non soltanto in altri tempi e in altre civiltà – che esistono tante forme di configurazione della famiglia, di modi di vivere insieme tra uomo e donna: poligamia, poliandria, famiglia matrilineare, distribuzioni diverse dei compiti e delle funzioni…Se c’è bisogno di uno spermatozoo e di un ovulo per concepire biologicamente un bambino, non sempre c’è, e non sempre c’è stato, un uomo ed una donna per allevarlo.
Non c’è bisogno di aderire all’insieme delle tesi di Michel Foucault per riconoscere che i concetti che noi comprendiamo oggi nei termini “uomini”, “donne” “famiglia”, “omosessualità”, “eterosessualità” emergono non prima del XVII° secolo, si stabilizzano con l’epoca moderna e che la famiglia si consolida non più sul modello “allargato” ma sul modello “a nucleo” (papà, mamma e due bambini) soltanto dopo la seconda guerra mondiale. E non ha ancora smesso di evolversi in famiglie formate da un solo genitore, famiglie ricombinate o formate da genitori dello stesso sesso, che sono sempre più numerose.
Quanto al matrimonio, è piuttosto comico volerne fare un caposaldo “fondatore” dell’umanità e l’appoggiarsi sulla Bibbia per poterlo dimostrare. Prima di scrivere il loro testo, i nostri brillanti autori avrebbero fatto bene a rilegersi questo libro senza accontentarsi dei loro ricordi di catechismo. Sapete quante volte è citato nella Bibbia il matrimonio, questa istituzione “fondamentale”? Solamente quattro volte ed il termine “sposato” solo nove volte.
La teologa lesbica Virginia Ramsey Mollenkott, analizzando la famiglia nella Bibbia, ha recensito quaranta tipi diversi di famiglia: dalla famiglia allargata all’estremo (318 uomini, senza contare donne e bambini nella casata di Abramo!), alle famiglie poligamiche o poliandriche, passando per i matrimoni di prova, i matrimoni “platonici”, le unioni forzate… e persino qualche storia tra persone dello stesso sesso, come David e Gionata, Ruth e Noemi…
I religiosi firmatari della petizione di Lione, richiamandosi alla Genesi, scrivono: “le unioni che sono le fondamenta dell’umanità sono costruite sulla differenza e sulla complementarietà dell’uomo e della donna. I credenti ne vedono la conferma nel racconto della creazione (…). Essi sono chiamati ad unirsi nel matrimonio, per dare la vita e far sì che essa aumenti”.
La “complementarietà” e la “diversità” sono a questo punto esemplificate nella Genesi col concetto che “la donna” è realizzata da Dio partendo da un pezzo di carne dell’uomo – il clone come massima espressione dell’altro da sé! La ragione a cui l’uomo spesso si rifà per considerare la donna come metà di suo gradimento – “ecco l’osso delle mie ossa e la carne della mia carne” – richiama alla mente non tanto l’ esistere di una differenza, quanto il fatto che questa espressione nell’antico Israele indica l’appartenenza ad una stessa famiglia e ad uno stesso popolo.
E come si conclude il testo della Genesi? “Essi furono felici nutrendosi l’un l’altro della loro differenza, rispettando ciò che ognuno di essi aveva di specifico”. E si conclude con una espressione che ha molto poco di dualitario: “tutti e due non saranno che una persona sola”.
La mancanza di vergogna, descritta dalla Genesi, quando “essi si videro nudi” (è soltanto dopo la “caduta” che essi nascondono i loro genitali) non sta forse a dimostrare l’aspetto assolutamente secondario della sessualità – e dunque della sessualità da realizzarsi tra due genitalità diverse – in questa tappa iniziale della storia mitica dell’umanità?
In conclusione, se due persone si fondono l’uno con l’altro, contraccambiandosi, si cercherà inutilmente il momento in cui questa coppia, che i nostri religiosi lionesi considerano come il riferimento assoluto nell’ attuale disputa sulla coniugalità, finalmente darà vita ad un unione matrimoniale che è “fondamento della società”. Così come sarebbe un abuso il voler fare del nuovo testamento un’ode al matrimonio o alla famiglia.
Non solo Gesù non celebra alcun matrimonio – ragione per cui non è un sacramento per i protestanti – ma il Messia ha poco riguardo pure per la sua stessa famiglia. Quando i famigliari lo sgridano quando dà scandalo in città, replica: “Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? Poi, stendendo la mano sui suoi discepoli, dice: ecco mia madre ed ecco i miei fratelli”. Se il pericolo consiste nel togliere importanza all’ istituto della famiglia, sembra proprio che il nemico sia già nel Vangelo…
Si potrebbe ancora citare Paolo che invita a restare celibi – non serve a niente fondare una famiglia qui, poiché il Regno arriverà in futuro – e di non farlo se non come il minore dei mali allo scopo di incanalare il desiderio sessuale…
Non stiamo dicendo che la differenza con l’altro sia priva di importanza nelle relazioni tra le persone, ma che non ci si deve basare sulla Genesi per affermarlo, tanto più se si riduce la questione dell’altro alla sua pura dimensione biologica, corporale, sessuale, alla differenza tra i sessi.
Così come non sarebbe serio richiamarsi al testo biblico, ed ai racconti di David e Gionata o di Ruth e Noemi già citati, per giustificare una posizione favorevole all’attuale richiesta di matrimonio gay, che peraltro io difendo. Perchè non è serio abusare del testo biblico per difendere una posizione opposta.
Facciamo perciò una domanda ai firmatari del testo di Lione: la Bibbia è fatta per giustificare le nostre posizioni o per spingere noi stessi continuamente in cammino? Questo testo è fatto per dare un parere definitivo su realtà sociali che non esistevano nell’epoca in cui è stata scritta oppure deve smuoverci dalle nostre posizioni basate su ciò che viviamo oggi, grazie al fatto che è un testo estraneo alle contingenze del nostro tempo?
Perché è proprio di questo che si tratta: ovvero essere capaci di prendere le distanze dal tempo in cui ci troviamo immersi oggi e che vorrebbe guidare le nostre verità, io credo che Genesi 2 nella sua critica ai miti dei popoli confinanti ci ricordi prima di tutto questo.
Difendendo il matrimonio, la famiglia e la coppia, così come esistono attualmente nella maggioranza dei casi, invece i religiosi di Lione credono di difendere delle istituzioni eterne, naturali, bibliche, in opposizione alla concezione moderna.
Invece essi fanno che contribuire ad una tendenza profonda delle nostre società ovvero di trasformare e sacralizzare le realtà moderne del matrimonio, della coppia, della famiglia, dell’identità “maschile” e “femminile”, della “omosessualità” e della “eterosessualità”…
Essi sostengono anche una moderno modo d’intendere l’identità – in senso lato – che va contro ad uno dei principali richiami dei Vangeli: “Non c’è più né Giudeo né Greco, non c’è più né schiavo né libero, non c’è più né uomo né donna”. Sostenendo che esistono diritti diversi in funzione delle cosiddette identità diverse – omo o etero – così essi non fanno altro che consolidare l’inquadramento delle identità in contrasto con il richiamo di Paolo.
Citando la teologa “queer” Elizabeth Stuart credo che ciò che dev’essere criticato non sono le teologie, perchè in ritardo sulla modernità, ma il fatto che non sappiamo partire dalla teologia per mettere in discussione queste realtà, che i tempi moderni trasformano in nuove divinità. E tutto ciò vale sia per le concezioni riferite alla “sacralità” dell’eterosessuale, ma anche per gli idoli generati dal consumismo, dal successo o dalla crescita economica.
Articolo originale: Des religieux bien trop modernes