Suor Gramick: «negli Usa, frattura crescente tra episcopato e fedeli»
Articolo di Andrea Ambrogetti, Adista Notizie, 18 Giugno 2011, p.4
A margine dell’Euro Pride di Roma (v. notizia precedente), Adista ha raccolto la testimonianza di una delle figure di riferimento a livello mondiale del movimento dei gay credenti: suor Jeannine Gramick, per oltre quarant’anni religiosa delle School Sisters of Notre Dame. Insieme a Robert Nugent (religioso salvatoriano) la Gramick ha fondato, nel 1977, New Ways Ministry, un’organizzazione che riunisce laici e religiosi con lo scopo di «promuovere giustizia e riconciliazione fra lesbiche e omosessuali cattolici e la più vasta comunità cattolica».
Il loro libro più importante, Building bridges. Gay and lesbian reality and the Catholic Church, pubblicato negli Stati Uniti nel 1992, è stato tradotto in italiano nel 2003 (Anime gay. Gli omosessuali e la Chiesa cattolica, a cura di Andrea Ambrogetti, Editori Riuniti). Un libro costato caro a lei e a padre Nugent. Nel 1999, infatti, la Congregazione per la Dottrina della Fede, allora guidata dal card. Joseph Ratzinger, stabilì che i due religiosi «non avrebbero potuto esercitare alcun apostolato senza presentare fedelmente la dottrina della Chiesa circa la malizia intrinseca degli atti omosessuali».
Nessuno dei due religiosi si è attenuto alle condizioni della Cdf, anche se padre Nugent, in obbedienza ai suoi superiori, dal 2000 ha sospeso qualunque attività pastorale con persone omosessuali. Suor Gramick ha invece continuato il suo apostolato in un’altra congregazione religiosa: le Sisters of Loretto.
Lei che vive lontano da Roma, come vede oggi nella Chiesa contemporanea quello che tempo fa ha chiamato il «servizio dell’autorità»? Quali le criticitità e le potenzialità ?
Io credo che l’autorità, in campo ecclesiastico o civile, debba essere intesa come servizio alle persone, che rinunciano alla propria autorità a favore di chi le rappresenta o le guida. Gesù esercitò autorità secondo il modello della “guida che serve”.
Egli invitava la gente a dargli fiducia e autorità e poi usava questa autorità per servire quelli che si trovavano nel bisogno. I leader della nostra Chiesa oggi dovrebbero essere impegnati, come lo fu Gesù, a curare i corpi dei malati, placare gli spiriti di chi si è smarrito o è disorientato, sfamare, vestire, accudire, visitare i carcerati e migliorare la loro condizione (Mt. 25,34-40).
Gesù non era preoccupato per la dottrina o i dogmi; piuttosto egli viveva e predicava le beatitudini. Abbiamo bisogno di vescovi che siano miti, poveri in spirito, pieni di grazia, poveri di cuori; abbiamo bisogno di vescovi che confortino coloro che piangono, affamati e assetati di giustizia, portatori di pace, capaci di soffrire per la causa dell’integrità (Mt. 5,3-10).
Non abbiamo bisogno di vescovi che cercano il potere o guadagni materiali per sé o per l’istituzione. La nostra Chiesa merita di essere guidata da coloro che seguono l’umile cammino del Pescatore.
Al di là della notorietà mondiale del papa, come viene visto il Vaticano nelle parrocchie statunitensi?
C’è poco interesse da parte della maggior parte dei fedeli, a eccezione di quanti hanno visto chiudere la propria parrocchia (e hanno avanzato richiesta la Vaticano perché la propria parrocchia resti aperta) e di coloro che sono stati sessualmente abusati da preti (i cui avvocati stanno tentando di denunciare il Vaticano per ottenere un indennizzo).
Secondo sondaggi recenti, la maggioranza dei cattolici americani pensa al papa come a un uomo santo e a un centro di unità, facendo nondimeno affidamento alla propria coscienza come arbitro finale nelle decisioni morali.
Ci può dire qualcosa circa le relazioni tra credenti e gerarchia negli Stati Uniti?
A partire dalla metà degli anni Ottanta si sta verificando una frattura crescente tra i cattolici americani e la gerarchia. Dopo il Concilio Vaticano II, la gerarchia statunitense aveva generalmente incoraggiato la partecipazione del laicato alla vita della Chiesa, rafforzando così i legami tra i vescovi e i fedeli.
Con il pontificato di Giovanni Paolo II, i vescovi progressisti, che erano abituati a consultare i propri fedeli, sono stati sostituiti da vescovi autoritari, che si stanno comportando in modo rigido e dittatoriale. L’alienazione crescente tra i fedeli e i vescovi è stata aggravata dalla crisi degli scandali sessuali.
La gerarchia fa sentire la propria voce su questioni politiche e sociali? Qual è l’impatto di questi interventi sulla società?
I vescovi statunitensi hanno parlato di questioni politiche e sociali per oltre un secolo. Negli ultimi decenni, alcuni vescovi hanno preso posizioni in favore del Partito Repubblicano, che chiede il taglio delle tasse per i ricchi, più spese per la difesa e la riduzione dei programmi per i poveri e per le classi lavoratrici.
Presumibilmente appoggiano questo partito perché si oppone all’aborto e ai diritti delle lesbiche e dei gay ma l’impatto politico dei vescovi americani sta declinando. Lo si è visto chiaramente nel 2008 con il sostegno alla candidatura di John McCain anziché di Barack Obama. Più del 50% dei cattolici americani ha votato per Obama, dimostrando che la Chiesa statunitense non pensa o non vota come i propri pastori. Così come nel 2010 quando il Congresso ha approvato una riforma sanitaria nonostante l’opposizione dell’episcopato.
La Chiesa cattolica negli Stati Uniti opera per la giustizia sociale ?
I vescovi americani hanno preso posizioni in cui chiedono giustizia per gli immigrati, i lavoratori e i poveri. Purtroppo essi vedono le persone lesbiche e gay solo attraverso le lenti dell’etica sessuale e non riescono a vederli come parte di una famiglia o a capire che i loro diritti sono una questione di giustizia sociale.
Similmente, essi guardano all’aborto solo come a un “omicidio” e non riescono a comprendere dal punto di vista pastorale la difficile situazione delle donne costrette a prendere questa decisione. Da parte loro, elevandosi economicamente dalla povertà e divenendo parte della cultura americana dominante, negli Stati Uniti molti cattolici si sono dimenticati del loro passato di immigrati. Sono divisi sulle questioni di giustizia sociale come il sostegno agli immigrati, la legislazione in favore dei poveri e dei diritti dei lavoratori.
Essi non concordano con l’episcopato sull’omosessualità e l’aborto. Gli ultimi sondaggi mostrano che la maggioranza dei cattolici statunitensi crede che l’orientamento omosessuale non sia un peccato e almeno 3/4 è favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. La maggioranza dei cattolici di questo Paese crede che l’aborto sia un problema personale e che debba essere legale in tutti o nella maggior parte dei casi.
Cosa provano i cattolici americani di fronte al fatto che il loro Paese è impegnato militarmente in varie parti del mondo ?
Non sono a conoscenza di sondaggi circa l’attitudine dei cattolici statunitensi nei confronti del nostro impegno militare in varie aree del mondo, ma la mia impressione è che la maggioranza degli americani, compresi i cattolici, non siano turbati da questi interventi al di là dei nostri confini.
Non riescono a vedere queste intrusioni come colonialismo o sfruttamento economico e preferiscono vedersi come liberatori. Un problema è costituito dai media, che non riescono a dare spazio alle opinioni della sinistra. Le posizioni centriste sono spesso considerate come “sinistra” nei media americani.
Cosa pensa New Ways Ministry delle politiche di Obama in favore dei cittadini glbtq?
New Ways Ministry è ottimista che l’amministrazione Obama continuerà a fare passi in avanti nell’eguaglianza per i cittadini glbtq. Pensiamo per esempio alla rimozione della legge “Non chiedere, non dire” (che tollerava i gay nelle forze armate purché non fossero visibili, ndr) e al rifiuto ad appoggiare il “Defense of Marriage Act” (che definiva il matrimonio esclusivamente come un’unione tra un uomo e una donna, ndr).
Lei pensa che gli Stati Uniti dovrebbero adottare una legge che consenta alle coppie dello stesso sesso di sposarsi?
Sì. Nel 2004, il Consiglio della National Coalition of American Nuns (associazione di religiose statunitensi dal 1969 impegnata sui temi della giustizia nella Chiesa, ndr) ha affermato che «l’amore, la cura e l’impegno verso un altro essere umano, non il genere o la procreazione, formano l’essenza o significato del matrimonio.
Se le unioni o i matrimoni eterosessuali sono riconosciuti dallo Stato, il non riconoscere quelli tra persone dello stesso sesso non è giusto. Questa ingiustizia è politicamente e moralmente sbagliata». Faccio parte di questo Consiglio e ho partecipato all’approvazione di questa Risoluzione.
Secondo alcuni osservatori viviamo in “società liquide” nelle quali le relazioni tra le persone sono mutevoli e instabili. Lei pensa che un’istituzionale sociale come il matrimonio, basata su un impegno permanente, sia ancora importante?
Io credo che sia molto importante riaffermare il valore del matrimonio, e di altre istituzioni simili, come i voti nella vita religiosa, che sono basati sono un impegno permanente. Un impegno permanente è fondato su una convinzione di amore e fiducia in un’altra persona e sul credere che il proprio amore venga ricambiato. Come un’àncora, esso offre una sicurezza emotiva che contribuisce alla propria autostima, alla pace interiore e alla felicità.
Esso richiede maturità, di cui è un segno. Questo non significa che impegni permanenti debbano essere mantenuti quando si è fisicamente o psicologicamente danneggiati in modo irreparabile. Ma un impegno permanente implica una volontà di sacrificarsi e una determinazione a perseverare di fronte alle difficoltà quotidiane. Per un cristiano, un impegno riflette il patto o promessa di Dio di fedeltà con l’umanità.
Testo originale: Sister Jeannine Gramick talks: “in United States there is gap between bishops and faithful”