I teologi cattolici progressisti e le istanze LGBT: analisi a margine della Amoris Laetitia
Articolo di Bob Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 17 maggio 2016, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Le analisi cattoliche della Amoris Laetitia, l’esortazione sulla famiglia recentemente pubblicata da papa Francesco, hanno forse tenuto poco conto delle reazioni e delle preoccupazioni delle comunità LGBT?
Craig Ford, studente di teologia al Boston College, afferma sul blog Catholic Moral Theology che i cattolici liberali non LGBT hanno troppo spesso liquidato le istanze queer e transgender per difendere l’idea secondo cui papa Francesco stia guidando la Chiesa verso il progresso: “Le relazioni queer sembrano non essere tenute in nessun conto” scrive Craig Ford nel suo post, che provoca non solo i suoi colleghi accademici ma anche quei cattolici che si considerano difensori e alleati delle persone LGBT. Secondo Ford, quando gli esperti cattolici liberali esprimono commenti sull’omosessualità e sulle questioni correlate nel documento, spesso suggeriscono che “La delusione [delle persone LGBT] per il mancato sviluppo della dottrina su tali questioni dovrebbe essere temperata guardando agli obiettivi di Francesco, al suo stile, al contesto generale del suo papato… Questo tipo di reazione alle questioni concernenti le persone queer è un pungolo positivo, in particolare quando giunge dai loro più decisi alleati: i teologi liberali, benintenzionati e presumibilmente eterosessuali”.
Sbarazzandosi in questo modo delle istanze LGBT, i teologi liberali hanno potuto difendere l’idea che “c’è tutto un futuro di progresso verso il quale Francesco (così speriamo) sta guidando la Chiesa”. Tale lettura della Amoris Laetitia permette alla visione eterosessista che deriva dalla teologia del corpo di Giovanni Paolo II, utilizzata da Francesco nella sua esortazione, di essere travasata tale e quale nelle analisi liberali. Ford scrive che le reazioni di persone altrimenti piuttosto a favore dell’uguaglianza per le persone LGBT hanno soppresso l’inadeguata trattazione dell’identità di genere fatta dalla Amoris Laetitia: “[I liberali] hanno deciso di non criticare Francesco quando questi ha dispiegato ciò che può diffamare l’intero campo degli studi di genere: l’espressione ‘ideologia del gender’. Ce ne stiamo fermi, con grandi speranze e aspettative, mentre Francesco e altri vescovi continuano a coprire di vergogna ed emarginare le bellissime esistenze delle persone trans* e genderqueer [Ford cita come prova il paragrafo 56]”.
Ford si chiede perché i teologi liberali esterni al mondo queer e trans abbiano permesso alla Amoris Laetitia e alla sua fallimentare trattazione delle questioni LGBT di passare senza quasi essere criticate. Con una critica che si potrebbe applicare a tutti gli alleati delle persone LGBT, Ford lancia una sfida ai suoi colleghi accademici: “Lo scopo dell’opzione preferenziale per i poveri e i vulnerabili è di rammentare a tutti i cristiani, tra le altre cose, che le istanze delle persone queer non sono mai fuori luogo”. Purtroppo, non solo quest’ultima esortazione apostolica ma tutto il processo sinodale che l’ha preceduta hanno troppo spesso trattato le persone LGBT e le loro esperienze famigliari come “cose fuori luogo”. Nessun cattolico e nessuna cattolica LGBT ha rivolto un discorso alle assemblee sinodali e l’accesso ai questionari è stato globalmente piuttosto limitato, il che ha ulteriormente ristretto il contributo delle persone LGBT.
Annie Selak, anch’ella studentessa di teologia del Boston College, si interessa delle voci che nella Amoris Laetitia mancano, come quelle dei cattolici e delle cattoliche LGBT, e di quale impatto avrebbero potuto avere se si fosse dato loro più spazio. Scrive Selak nel blog Political Theology Today: “Nella Amoris Laetitia ci sono molte dichiarazioni ed esempi che non sono scorretti ma che non catturano pienamente le realtà affrontate dalle famiglie… le voci delle persone che conoscono gli stili di vita oggetto delle discussioni arricchirebbero il documento e costituirebbero una marcia in più per il robusto insegnamento della Chiesa. Come cambierebbe la situazione se i documenti della Chiesa includessero le voci di persone da tutto il mondo, in particolare gli emarginati, le cui voci sono troppo spesso escluse?”. Selak propone di integrare nei documenti ecclesiali la narrazione (il “raccontare una storia”) come “unico modo di radicare la teologia nell’esperienza vissuta e di rappresentare un buon numero di voci diverse”: “Il potenziale utilizzo della narrazione nell’insegnamento della Chiesa non mirerebbe a rendere più universale un particolare punto di vista ma costituirebbe piuttosto un metodo per sottolineare la rivelazione continua di Dio nella vita delle persone… Una maggiore inclusione delle varie voci attraverso la narrazione può servire ad aumentare la nostra esperienza della rivelazione continua di Dio e a costruire connessioni nella Chiesa globale”.
Se i cattolici e le cattoliche LGBT avessero parlato in prima persona ai due sinodi, quale impatto avrebbero avuto sul loro risultato e sul documento papale che ne è scaturito? In che modo l’approccio della Amoris Laetitia alle questioni LGBT, deludente e respingente, sarebbe stato diverso se papa Francesco avesse ascoltato più attentamente gli emarginati della Chiesa da lui guidata? Cosa sarebbe successo se le storie delle persone LGBT e delle loro famiglie fossero state incluse nelle prolisse riflessioni che l’esortazione fa sulla vita famigliare?
Un solo prelato americano, l’arcivescovo di Chicago Blase Cupich, ha dichiarato che avrebbe voluto ascoltare le voci delle persone LGBT al sinodo. A una conferenza stampa a margine del sinodo Francis DeBernardo di Bondings 2.0 chiese a monsignor Cupich se secondo lui sarebbe stato meglio se i vescovi avessero ascoltato quelle voci durante i loro incontri; Cupich rispose: “Sì, forse sì. Lo so per esperienza: quando ho condotto le consultazioni nella mia diocesi ho ascoltato eccome quelle voci, le ho inserite nel mio rapporto, e così forse sono state rappresentate. Ma penso anche che ci farebbe bene ascoltare la viva voce di chi si sente emarginato, non filtrata dalla voce dei rappresentanti o dei vescovi. Questa è una cosa importante, come ho scoperto di persona”.
Ci sono delle domande che i cattolici liberali e progressisti farebbero bene a non ignorare. Se il documento vorrà essere un punto di partenza per le questioni LGBT, allora i primi passi in questa direzione dovranno porre al centro della nostra analisi le istanze LGBT e, mentre si va avanti, includere sempre più voci LGBT.
Testo originale: Are Already Absent LGBT Voices Being Further Silenced in Conversations About ‘Amoris Laetitia’?