Testimoni del nostro tempo. Quando in Spagna essere omosessuali era un delitto
Articolo di Rachel Quílez tratto da El Mundo (Spagna), 2 luglio 2012, liberamente tradotto da Dino
Hanno patito (ndr in Spagna) la repressione franchista benché non sapessero niente di ideologie. Non militavano in partiti clandestini, né facevano opposizione al regime.
Il loro “delitto” è stato quello di provare un tipo di attrazione che per la morale dell’epoca era inaccettabile. Centinaia di omosessuali e transessuali sono stati puniti negli anni della dittatura per il semplice fatto di essere tali.
I più “fortunati” finirono in terapie che tentavano di “curarli” con la stigmatizzazione di ciò che sentivano; i meno fortunati lasciarono le ossa nei campi di concentramento, sottoposti a torture e a lavori forzati. L’artista Javi Larrauri ha contattato alcuni di essi per raccontare la loro storia in ‘Testigos de un tiempo maldito‘ (Testimoni di un tempo maledetto), una mostra con la quale intende denunciare ciò che hanno vissuto, e ricordare che durante il Franchismo non si soffriva soltanto a causa della politica.
Drammi come quello di Octavio Garcia, originario delle Canarie, oggi 82enne, che venne imprigionato negli anni ’50 per la sua condizione sessuale. Trascorse un anno e mezzo nel campo di concentramento di Tefia, a Fuerteventura, spaccando pietre e trasportandole da un punto all’altro del recinto, sottoposto a maltrattamenti, dormendo per terra, con penuria di cibo e in condizioni igieniche deplorevoli. E una messa ogni giorno.
Nel documentario che Larrauri ha realizzato servendosi delle sue testimonianze, racconta che alcuni suoi compagni tentarono la fuga, non riuscendo a sopportare oltre, in quella che si rivelò una missione suicida verso un’isola assediata.
Octavio Garcia venne arrestato a Las Palmas e fu esposto al pubblico ludibrio che le autorità avevano ideato per quelli come lui: dopo aver loro rasato la testa, li caricavano su di un camion e li portavano in passerella per i paesi, affinché i loro vicini li insultassero. “L’umiliazione era totale”, racconta Larrauri. Lui aveva sempre tenuta segreta la sua omosessualità, ma una donna comunque l’aveva capito e lo denunciò alla polizia. Fino a questo punto arrivava la paura del diverso.
La mostra, con quadri, fotografie e video, raccoglie la testimonianza di quattro uomini e tre donne, due delle quali transessuali, ancor più punite a causa dell’incomprensione dell’epoca. Per esempio Lola, che venne arrestata in un bar omosessuale di Siviglia e venne portata nel carcere di Huelva, vicino a quello di Badajoz, gli unici due in Spagna riservati agli omosessuali.
O Candela, che si era trasferita da Siviglia a Barcellona pensando che lì l’ambiente sarebbe stato meno oppressivo e avrebbe potuto vivere tranquilla. Finì portata via su un furgone una notte mentre stava tornando a casa. Il regime, per punirle, aveva a disposizione strumenti come la Legge contro i Vagabondi e i Delinquenti o la Legge di Pericolosità Sociale. La portarono nel carcere modello di Barcellona, che aveva reparti riservati agli omosessuali.
“Questi reparti erano presenti in alcune carceri, anche in quello modello di Carabanchel, dove c’era “el palomar”, il terzo piano della quinta galleria, in cui si verificò più di un suicidio”, dice Larrauri. Esmeralda “La francese” è stata uno di quei casi: non poté più sopportare l’ossessione che uno dei guardiani aveva nei suoi confronti e finì per gettarsi nel vano della galleria.
“Il caso delle donne (omosessuali) era peggiore, visto che erano doppiamente deboli. Non venivano incarcerate, ma erano sottoposte ad una repressione soprattutto sociale e familiare. Le ignoravano, le ripudiavano e non permettevano che la loro condizione fosse resa pubblica” dice il pittore.
L’unica lesbica che ha accettato di raccontargli la sua storia è Coral Cano, che venne rinchiusa in un collegio dell’Opus e fu sottoposta a terapia psichiatrica. Anche dopo essere uscite di prigione, per queste persone non era ancora terminato il dramma. Si portavano dietro dei precedenti penali e su di essi pesava lo stigma di “depravato”.
Nemmeno sua madre andò a vedere Ottavio nel carcere di Fuerteventura. In quei giorni grigi la paura era pesante.
Testo originale: Testigos de un tiempo maldito. Cuando ser gay era delito