Transcendentalismo edoardiano… Maurice e i turbamenti di Forster
Riflessioni di Nick Campbell pubblicate sul suo blog personale Leaf-Pile (Gran Bretagna) il 16 giugno 2014, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Il libro Maurice mi ha colto completamente di sorpresa. Sapevo che Forster lo aveva iniziato all’inizio del XX secolo e tenuto nascosto fino alla sua morte, nel 1970. Una volta ne avevo una copia, con copertina rigida e sovraccoperta, come l’LP World of James Last. Non l’avevo nemmeno iniziato. Come poteva dire qualcosa a chiunque una storia così lontana nel tempo?
Probabilmente è il miglior libro che ho letto quest’anno, e uno dei tre titoli di Morgan Forster disponibili alla Dulwich Library durante la mia improvvisa passione per la letteratura edoardiana. Conoscevo Passaggio in India, ma non conoscevo l’estatica fiaba di liberazione post-vittoriana Camera con vista, né Casa Howard, la decostruzione modernista/neo-romantica/fabiana di Bloomsbury (secondo una delle letture possibili). Dopo averli letti, il mio cuore ne fu in qualche modo illuminato, e mi preparai al resoconto (toccante, ma pesantemente codificato, quasi impercettibile) dello sviluppo omoerotico di un solitario scapolo incallito.
Ma non ero pronto per Maurice.
Tutto questo deriva dal sottovalutare i tardo-vittoriani. Avrei dovuto pensare alla Società Uraniana. Avrei dovuto pensare a Lytton Strachey, che nel libro appare in un cameo, facendo finta di non avere i baffi. Avrei dovuto pensare a Duncan Grant. E, soprattutto, avrei dovuto pensare a Edward Carpenter, quel trascendentalista di così tante parole: un socialista, un vegetariano, uno che scriveva di amori tra uomini e che viveva un rapporto monogamo con un certo George Merrill.
Avevo pensato solo a Forster, la cui relazione più lunga era stata con un uomo sposato – Forster che stava attento a non spaventare sua madre – Forster che tenne segreto Maurice, anche dopo la sua morte. Ma Forster una volta andò a casa di Carpenter e Merrill, e Merrill “toccò il mio sedere – gentilmente e proprio sopra i glutei… La sensazione fu strana e ancora la ricordo, come ricordo la posizione di un dente che ho perso da tanto tempo. È stato più psicologico che fisico. Mi è sembrato che mi andasse dietro la schiena, direttamente nelle mie idee, senza coinvolgere i pensieri.”
Questo gesto – che appartiene interamente all’intimità tra uomini (tra un uomo e una donna avrebbe perso tutto il suo significato), che è e non è erotico, che identifica, rassicura e stimola – libera Forster da un incantesimo di tristezza come il tocco di una bacchetta magica, e dimostra quanto Carpenter e Merrill fossero in anticipo sui loro tempi. Veramente, sembra utopico anche ai nostri giorni. Ispirò Maurice, e questo è il segno che gli eroi e le eroine di Forster trovano impossibile. È l’opposto del caos.
Lo stesso Maurice è nel caos per gran parte del libro. Ma non si tratta della confusione dovuta alla ricchezza artistica di Lucy, o alla complessità delle sorelle Schlegel: è un pasticcio solitario, quasi documentario. Ho letto altre storie su guazzabugli simili, ma ambientate decenni più tardi. Quando improvvisamente Maurice entra in un periodo di intuizione e gioia con Clive Durham, mi sono sentito piacevolmente stordito. Forster ritrae la loro attrazione con la sua consueta sottigliezza, quel suo espediente narrativo così vivido ed emozionante.
Ma mi aspettavo davvero che, prima della fine, (almeno) uno dei due si sarebbe ucciso. O che avrebbe ucciso l’altro.
E invece no! Ci sono colpi di scena e ribaltamenti, alcuni poco convincenti, altri molto più esaltanti, ma si tratta di un mondo al di là di ogni codice. È la storia di un uomo che ha bisogno di chiedere quale sia il nome della sua condizione, completamente isolato dall’opera di persone come Carpenter – perché non è come Forster, Strachey o Grant. Maurice non è il tipo di uomo di cui abbiamo sentito parlare. Non ha nemmeno molta immaginazione.
Quando si siede sulla sedia dell’ipnotizzatore e tenta di sottomettersi al volere di qualcun altro per diventare eterosessuale, mi sono commosso fino alle lacrime. Ci sono moltissimi uomini senza nome che hanno desiderato la stessa cosa, che non hanno avuto il lusso (per quanto piccolo potesse sembrare) di avere un’identità a cui appartenere. Quando capisce che non può farlo, si sente un fallito, ma in realtà ha compiuto qualcosa di assolutamente eroico – e lo ha fatto per amore.
Una parte di me è insoddisfatta. Capisco perché Forster non lo abbia pubblicato subito dopo averlo scritto – avrebbe distrutto la sua reputazione e, forse, ucciso sua madre. Non è il libro che avrebbe voluto scrivere: è una storia per giovani adulti, per un motivo ancora in divenire. Ma immaginate solo se fosse stato pubblicato con uno pseudonimo, o in traduzione.
Secondo la critica, non era ancora arrivato il momento giusto. Ma oggi, come testimonianza di un’epoca, di quel gesto oscuro che in quel giardino del 1908 significò tutto per Forster, credo che Maurice sia un libro da custodire con cura.
Testo originale: Edwardian Transcendentalism … Maurice, by E.M. Forster