Tunisia, nessun cambiamento nella situazione degli omosessuali
Considerazioni di Pier del 18 luglio 2013 pubblicate sul blog Il grande colibrì
“Credo che sia una vera e propria aberrazione che ancora nel 2013 alcune persone siano arrestate e condannate per il loro orientamento sessuale e per le loro pratiche sessuali!”. Paloma Negra, nome di battaglia di uno dei più attivi militanti del Gruppo degli LGBT tunisini, è davvero esasperato: negli ultimi tempi in Tunisia la polizia ha ripreso a perseguitare ed arrestare gli omosessuali. “Cerchiamo di avvicinare le vittime, di seguirle da vicino per offrire loro qualche aiuto, se e come loro desiderano: si va da qualche semplice consiglio all’assistenza giuridica”.
L’ultimo caso, avvenuto poche settimane fa, è emblematico. Circolavano voci su un giovane professore universitario della capitale Tunisi: andava a trovare un po’ troppo spesso il portiere di un palazzo nel nord della città. La polizia allora ha deciso di appostarsi, di aspettare l’arrivo dell’insegnante e poi di fare irruzione nel locale dove si trovavano i due uomini. Come prevedevano le forze dell’ordine, il portiere stava penetrando analmente il professore. Quest’ultimo è stato arrestato, mentre l’altro ragazzo sarebbe riuscito a fuggire gettandosi da una finestra. Una fuga rocambolesca e forse poco credibile: “È un classico: il passivo della coppia rischia sempre pene pesanti, mentre l’attivo riesce misteriosamente a scappare o viene rilasciato subito… Se gli va male, viene punito solo simbolicamente”.
La stampa locale ha parlato di questo arresto con toni spesso soddisfatti (Tixup!), ma almeno ne ha parlato: “Se l’arresto di un omosessuale non è documentato dai media è difficile che anche noi attivisti ne veniamo a conoscenza. D’altra parte, se non è coinvolta una persona nota la stampa tace. Per questo non possiamo sapere precisamente quante persone sono finite in carcere con l’accusa di avere avuto rapporti omosessuali”.
Qualche giornalista italiano si è interessato alla vicenda, anche chiedendo la mediazione de Il grande colibrì, ma poi ha scelto di non rilanciare la notizia perché non è stato comunicato il nome dell’arrestato. “Non è codardia da parte nostra, ma per rispetto alla vita privata delle persone si preferisce non comunicare tutto: ma i giornalisti non capiscono quanto sia grave il problema dell’outing non voluto in Tunisia?”. La tutela dell’incolumità delle persone viene prima delle necessità dello scoop giornalistico, secondo gli attivisti tunisini. Principio che per noi è sempre stato del tutto condivisibile, anche se il prezzo da pagare è il silenzio dei media…
E, avvolta dal silenzio dei media, la violazione dei diritti degli omosessuali in Tunisia rimane un enorme problema. Purtroppo dopo la rivoluzione, che aveva suscitato enormi speranze nelle persone LGBT, è stata eletta una maggioranza islamista conservatrice, ovviamente ostile alla diversità sessuale. “A partire dalle ultime elezioni, con la presa del potere da parte della destra, le ostilità sono diventate sempre più frequenti, come è successo per gli interventi straripanti omofobia, anche da parte di ministri”. Il caso più clamoroso è stato quello del ministro per i Diritti umani, Samir Dilou, che l’anno scorso ha affermato che non esisterebbe il diritto ad esprimere un orientamento sessuale diverso da quello eterosessuale.
L’accusa di omosessualità è diventata uno strumento di normale lotta politica, usato tanto dalle forze laiche, che ad esempio avevano fatto circolare un presunto video a luci rosse del ministro degli Interni islamista Ali Laarayedh (Il grande colibrì), quanto dal partito al governo, il quale potrebbe essere dietro al recente arresto per sodomia di Mounir Baatour, presidente del partito laico dei Liberali.
Intanto si registrano anche omicidi di uomini gay: “Ne sono stati ammazzati almeno un paio, ma né il governo né le autorità locali hanno dimostrato di voler ricercare le vere ragioni di queste uccisioni”. È stato emblematico il misterioso caso di Angelo, l’italiano ucciso ad Hammamet quasi un anno fa: “Sono state fatte circolare delle informazioni solo quando c’è stata un po’ di pressione internazionale, dopo l’articolo de Il grande colibrì”.
Il caso di Angelo, tuttavia, appare per certi versi distinto da altri casi di violenza: per l’italiano, infatti, è altamente improbabile il movente religioso, che sembra invece centrale in molte aggressioni. I principali sospettati sono i gruppi salafiti, appartenenti ad una corrente del fondamentalismo islamico: “In realtà”, spiega Paloma, “non ci sono inchieste serie e manca del tutto la volontà politica di contrastare l’omofobia, quindi non è possibile affermare esattamente e precisamente chi stia dietro alle ostilità contro gli omosessuali. Tuttavia, se guardiamo ai metodi utilizzati, sembra facile concludere che si tratti di fanatici religiosi”.
In ogni caso le speranze per il futuro non sono andate via né è arrivata la nostalgia per il passato, per il regime di Ben Ali, il dittatore laico amico di tanti paesi occidentali: “La situazione attuale è sicuramente molto delicata, le tensioni sociali e politiche sono tante, la sicurezza è diminuita, i rischi sono sicuramente aumentati, ma non concludiamo troppo in fretta che Ben Ali era migliore: anche sotto la sua autorità i problemi per la comunità LGBT erano forti. I governanti attuali sono fortemente ostili agli omosessuali, ma lo erano anche i loro predecessori”. Nei prossimi giorni torneremo a parlare, anche con Paloma Negra, di che fine ha fatto la primavera araba per le persone LGBTQ…