Un Avvento di speranza. L’attesa per una Chiesa che sa accogliere realmente le persone LGBT+
Riflessioni bibliche* di Darius Villalobos** pubblicate sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) l’8 dicembre 2024, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Sono al servizio di diverse comunità che sono spesso ai margini della Chiesa e della società, e sovente mi chiedo come suona a loro la Parola di Dio. Le mie identità mi permettono di avere un rapporto privilegiato con la Chiesa e con gran parte della società.
Sono un maschio latino e cisgender, ben istruito, che parla bene. Sono cresciuto in una parrocchia cattolica dove mi sono sentito sempre a casa, visto che la mia famiglia era molto coinvolta nel funzionamento della parrocchia stessa.
Quando sento le letture liturgiche di oggi mi sento rafforzato nella mia fede personale in Dio e nella Chiesa, come se queste parole fossero state scritte per me. Niente in questi passi mi mette in difficoltà o mi sorprende. Il messaggio secondo cui Dio è onnipotente e ci ama, e che quindi godremo ad essere nella Sua gloria, l’ho sentito moltissime volte all’inizio dell’anno liturgico, e non ho difficoltà ad accettarlo.
Tuttavia, se li leggo da un diverso punto di vista, posso capire quanto siano difficili. Il mio padrino condivide con me alcune identità: è un maschio latino, parla bene ed è abbastanza istruito da poter lavorare come poliziotto, ma due sue identità lo distinguono da me, e gli hanno complicato la vita: è un ex membro di una gang, ed è gay.
Per tutta la sua vita ha lottato con queste identità. Spesso trovava degli spazi dove alcune sue identità venivano accettate, ma mai tutte. Come ex membro di una gang ha avuto difficoltà a lavorare come poliziotto, e a volte era più rispettato dai carcerati su cui doveva vigilare che dai suoi colleghi.
Ha dovuto affrontare il razzismo che l’ha colpito in quanto latino di pelle scura in un ambiente costruito da uomini bianchi per uomini bianchi: del tutto normale, per lui, sentirsi “l’altro”.
Raramente, nel suo ambiente lavorativo e nella sua comunità di fede, trovava aperture verso l’omosessualità, e per la maggior parte della sua vita è rimasto nascosto. Si sentiva più a suo agio in famiglia, ma doveva comunque avere a che fare con il giudizio di suo padre, un cattolico molto devoto, che non sapeva conciliare quello che gli avevano insegnato con l’identità di suo figlio. Fino a tarda età ebbe da lottare con la sua fede e con la sensazione di non appartenere a nessuna comunità di fede.
Quando leggo le parole del profeta Baruc nella prima lettura: “Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre”, penso alla vita e alle difficoltà del mio padrino, sempre speranzoso di trovare una comunità e una Chiesa che l’avrebbero accolto: come gli suonerebbero queste parole? Sarebbe in grado di credere che Dio lo ripagherà del suo lutto e della sua afflizione con lo splendore della Sua gloria?
Qualcuno che ha sofferto il rifiuto da parte della Chiesa e di altre istituzioni sarebbe in grado di udire queste parole e di pensare che anch’egli/ella è invitato/a ad essere avvolto/a “nel manto della giustizia di Dio”, e di mettere “sul capo il diadema di gloria dell’Eterno”? Qualcuno a cui è stato detto che non appartiene alla Chiesa potrebbe credere che “Dio mostrerà il [suo] splendore ad ogni creatura sotto il cielo”?
Non so se capirò mai davvero cosa vuol dire essere considerato “l’altro”, essere separato così come lo era il mio padrino, o come lo sono molte persone LGBTQ+; è difficile per me immaginare di sentirmi rifiutato da quella Chiesa in cui mi sento a casa e accolto così come sono.
Ma posso comunque empatizzare con tali sentimenti se rifletto all’ultimo anno di vita di mio zio. Sapeva che stava per morire, e non voleva morire, ma quello che lo rese spiritualmente soddisfatto, come mai prima d’allora, fu il trovare una comunità che lo accettava, il ministero LGBTQ di una parrocchia di Chicago.
L’associazione gay e lesbica dell’arcidiocesi (AGLO) fu per lui un luogo dove sentirsi pienamente se stesso, senza paura di essere giudicato o la necessità di nascondersi per non mettere a disagio gli altri, o per non essere rifiutato.
Una domenica mi invitò a Messa, e sono grato di aver accettato il suo invito ad accompagnarlo: vederlo in un luogo dove poteva essere in pace con se stesso fu un dono per me, un ricordo che mi tengo stretto ancora oggi, molto tempo dopo la sua dipartita a poca distanza dal suo cinquantaduesimo compleanno.
Dopo anni in cui si era sentito non pienamente libero di essere se stesso, aveva trovato una casa, una casa che gli permise di essere in pace con Dio, con la Chiesa e con se stesso.
Le parole di san Paolo, tratte dalla seconda lettura di oggi, sono di conforto ai credenti, ma forse soprattutto a chi può sentirsi rifiutato ed emarginato dalla Chiesa: “Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”.
Dobbiamo riconoscere che Dio è all’opera per renderci esattamente così come ci ha creati. Quella determinata persona può non dimostrarci accettazione o amore in questo momento, ma oggi le letture mi ricordano che Dio non ha ancora finito con noi: abbiamo ancora molte opportunità di trovare grazia, pace e completezza.
In questa stagione di Avvento, mentre penso al mio padrino e alla sua attesa di una comunità di fede dove potesse sentirsi accolto, penso anche all’anticipazione, data dall’Incarnazione di Dio, del mondo trasformato, e dello splendore di Dio, manifesto nella nostra Chiesa e nelle nostre comunità, perché proprio tutti possano sentirsi accolti e amati.
È una realtà che a volte può sembrare molto lontana, ma ho comunque la speranza che, nonostante le sfide che ci attendono nei giorni e nei mesi a venire, potremo ripetere con fiducia le parole del Salmista: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi: [siamo] pieni di gioia”.
Letture per la seconda domenica di Avvento: Baruc 5:1-9; Salmo 126:1-2, 2-3, 4-5, 6; Filippesi 1:4-6, 8-11; Luca 3:1-6.
*I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
** Darius Villalobos lavora nell’ambito del ministero e dei progetti per le parrocchie. Ha fatto parte dello staff della National Federation for Catholic Youth Ministry (Federazione Nazionale dei Ministeri Giovanili Cattolici) e dell’arcidiocesi di Chicago, occupandosi di pastorale dei giovani, dei giovani adulti e di catechesi. È laureato all’Università DePaul e all’Unione Teologica Cattolica. In parrocchia si è occupato di battezzandi e cresimandi adulti, musica liturgica, ritiri spirituali, catechesi e pastorale dei giovani.
Testo originale: Awaiting a Faith Community That Welcomes