Un bilancio del papato di Francesco, tra aperture e contraddizioni
Articolo di Marianne Duddy-Burke* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica DignityUSA (Stati Uniti) l’8 marzo 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il 13 marzo 2018 i cattolici di tutto il mondo, ma non solo loro, ha festeggiato l’anniversario dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio pontificio. Cosa hanno significato questi cinque anni per le persone LGBTQI cattoliche e i loro alleati? Cosa possiamo aspettarci dalle prossime mosse di Francesco?
Dalla sua prima apparizione in Piazza San Pietro, quando chiese a tutto il mondo di pregare per lui, alla famosa frase “Ma chi sono io per giudicare?” in risposta al dubbio se un sacerdote omosessuale possa essere santo, Francesco ha sempre assunto un tono che molti trovano pieno di speranza e buona volontà, e anche molti dei suoi atteggiamenti e abitudini sono un’ispirazione per molti fedeli, come la personale semplicità, la presenza frequente tra gli emarginati, la difesa dei rifugiati e dei migranti, gli inviti alla nonviolenza e l’urgente appello alla protezione globale dell’ambiente dell’enciclica Laudato si’.
Inoltre Francesco ha dato molte picconate a una Curia incancrenita e spesso poco in contatto con la realtà, ha rimosso cardinali assetati di ricchezze e potere, ha nominati nuovi vescovi dal forte piglio pastorale in zone poco rappresentate della Chiesa, ha incoraggiato il dialogo e il dissenso, ha riconosciuto che la Chiesa sta avendo a che fare con un mondo complesso e in rapida trasformazione.
Il Pontefice ha anche rotto numerose barriere sulle questioni LGBTQI. È il primo Papa ad aver usato il termine “gay”; ha detto che i cristiani dovrebbero chiedere perdono alle persone omosessuali, e pare che abbia dato la sua approvazione a una bozza, durante il Sinodo sulla famiglia del 2015, nella quale si sosteneva che le persone omosessuali hanno dei doni utili alla Chiesa, e che riconosceva che nelle relazioni omosessuali si può trovare la grazia; ha incontrato un uomo transgender e la sua fidanzata, ha amici gay sposati e ha invitato la Chiesa ad accompagnare pastoralmente le famiglie con figli LGBTQI.
Eppure, le primitive speranze che le aperture di Francesco avrebbero stimolato un forte e generale impulso pastorale, o che sarebbero giunte a cambiare le antiche condanne dogmatiche, sono rimaste deluse. Francesco ha fatto dichiarazioni offensive e ha riaffermato le tradizionali dottrine inadeguate e dannose sul sesso, il genere, le relazioni e il matrimonio; ha usato la sua autorità personale per promuovere un referendum anti-LGBTQI in Slovacchia, che è riuscito a proibire il matrimonio omosessuale e l’adozione per le coppie dello stesso sesso.
Francesco ha inoltre dimostrato più volte di essere male informato sulla “ideologia gender”, arrivando a sostenere che le persone transgender sono pericolose per la società e paragonandole alle armi nucleari. In Uganda, pur condannando la pena di morte per le persone LGBTQI, ha nondimeno affermato che sono dei criminali. Si è arreso rapidamente ai conservatori che volevano stralciare la bozza del Sinodo del 2015, con il suo linguaggio positivo, e il risultato è stato un documento che non fa nessun passo tangibile verso la nostra comunità.
Numerosi leader cattolici invocano una nuova pastorale per le persone LGBTQI e le loro famiglie, alcuni anche chiedendosi se la dottrina e la prassi pastorale non dovrebbero essere modificate alla luce dei cambiamenti in atto nel mondo (per esempio, l’introduzione del matrimonio omosessuale in molti Paesi). Certamente, se questo accade, è anche grazie a Francesco. Il Papa non sembra turbato dalle numerose posizioni, anche contrastanti, dei cattolici di fronte alle questioni LGBTQI, e questo potrebbe condurre allo sviluppo di nuovi modelli pastorali, che potrebbero poi essere applicati anche altrove, ma cosa fare con i vescovi che negano la cura pastorale e i sacramenti alle persone LGBTQI, o che autorizzano il loro licenziamento dalle istituzioni cattoliche solo perché LGBTQI, o perché hanno esercitato il loro diritto civile a sposarsi, come è recentemente accaduto negli Stati Uniti e altrove? Accetteranno, questi vescovi, di essere corretti?
Rimane il fatto che la complementarietà di genere costituisce il fondamento della dottrina ufficiale cattolica sul tema delle relazioni umane, che l’omosessualità continua ad essere definita “oggettivamente disordinata” e che le relazioni omosessuali continuano a essere etichettate come “intrinsecamente cattive”; di conseguenza, la Chiesa Cattolica guidata da papa Francesco continua a considerare le persone LGBTQI come esseri umani incapaci di incarnare pienamente il Divino, soggetti a ciò che la Chiesa chiama “giusta discriminazione” e che non possono appellarsi al diritto canonico.
Queste dottrine perpetuano l’oppressione legale e culturale verso le persone LGBTQI in molte parti del mondo, e le pongono a rischio di subire violenze, di essere incarcerate, di non avere accesso alla sanità, di non avere diritto alla casa, all’istruzione e al lavoro, di essere costrette con la forza a sposare una persona dell’altro sesso, matrimoni che spesso si rivelano distruttivi sia per i coniugi, sia per i figli. Sono dottrine che hanno come frutto problemi mentali, dipendenze, tendenze al suicidio e isolamento dalla comunità cattolica.
Papa Francesco, come uomo e come leader, è chiaramente orientato verso i bisogni dei poveri e degli emarginati. Se, negli anni che gli rimangono, giungerà a capire quale rischio costituiscano i dogmi e le prassi della Chiesa su temi quali l’orientamento sessuale, il genere e l’identità di genere per gli individui, le famiglie e intere comunità, ci sarà l’opportunità per un reale cambiamento. Per questo motivo, invitiamo il Pontefice a incontrarsi con le persone LGBTQI e le loro famiglie, sia in Vaticano che durante i suoi viaggi nel mondo, per poter finalmente conoscere le nostre speranze, i nostri sogni, le sfide che ci aspettano, le nostre gioie e i nostri doni.
Nel quinto anniversario della sua elezione offriamo una volta di più la nostra disponibilità al dialogo rispettoso con lui e con altri leader cattolici, perché possano toccare con mano la loro responsabilità nei confronti della comunità LGBTQI, delle nostre famiglie e di quella Chiesa di cui noi siamo parte integrante.
* Marianne Duddy-Burke, direttrice esecutiva di DignityUSA, ha rilasciato la seguente dichiarazione in occasione del quinto anniversario dell’elezione di papa Francesco.
Testo originale: The Francis Papacy at Five: What Has Changed for LGBTQI and Ally Catholics?