Un documento sugli omosessuali dei Vescovi Usa
Articolo tratto da Adista Notizie n.79 del 11 Novembre 2006
Molta carne al fuoco per il prossimo incontro dei vescovi statunitensi, che si riuniranno a Baltimora per la loro riunione semestrale a metà novembre (2006): in cima all’agenda, due temi controversi come la comunione ai politici pro-aborto e la pastorale per gli omosessuali.
Su quest’ultimo punto, la Conferenza episcopale statunitense ha preparato – dopo una gestazione durata quattro anni – alcune linee guida che hanno il difficile compito di bilanciare il desiderio di tendere pastoralmente una mano ai gay, ribadendo, allo stesso tempo, la piena chiusura vaticana a ogni ruolo per gli omosessuali nella Chiesa.
Il documento, in piena ortodossia con gli insegnamenti di Roma, condanna senza mezzi termini gli “atti omosessuali” e ribadisce la completa chiusura della Chiesa verso il matrimonio tra persone dello stesso sesso, Pacs e altri tipi di unione che abbiano “una qualche somiglianza” con il matrimonio (temi al centro di accese campagne referendarie in alcuni stati Usa, dove si vuole introdurre per legge un ‘divieto’ formale di “matrimonio” tra persone dello stesso sesso, campagne a cui le gerarchie cattoliche non hanno fatto mancare il loro appoggio).
Le linee guida dei vescovi, però, consigliano anche un approccio tollerante e accogliente perché “come membri battezzati della comunità cattolica, le persone con inclinazione omosessuale continuano a guardare alla Chiesa come ad un posto dove possono vivere nell’autentica integrità umana e nella santità della vita”.
Allo stesso tempo, però, i ministri della Chiesa non devono in alcun modo contribuire all’odio e alla violenza di cui spesso sono fatti oggetto gli omosessuali, e anzi devono cercare di “purificare” i sentimenti di pregiudizio e di esclusione in loro stessi.
Quanto all’accoglienza nella Chiesa, i vescovi americani ritengono che chi “prova attrazione omosessuale, ma vive in accordo con gli insegnamenti della Chiesa, dovrebbe essere incoraggiato a prendere un ruolo attivo nella vita della comunità religiosa”, aggiungendo che la Chiesa “ha il diritto di negare ruoli di servizio a coloro il cui comportamento viola i suoi insegnamenti”.
È proprio questo uno dei punti su cui, con ogni probabilità, il dibattito sarà più acceso: le aperture del documento sembrano a più d’uno in contrasto con l’istruzione vaticana (v. Adista n. 84/05) che esclude ipso facto gli omosessuali – anche se casti – dall’ordinazione. Va notato, allo stesso tempo, che il documento afferma il “diritto” – non l’obbligo – della Chiesa a negare ruoli al suo interno agli omosessuali.
Gli equilibri del documento sono comunque ben noti al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. William Levada, che in quanto ex-arcivescovo di San Francisco, ben conosce il problema della pastorale agli omosessuali e ha guidato dal 2003 al 2005 la commissione sulla dottrina della Conferenza episcopale statunitense. Le linee guida lasciano anche le porte aperte al battesimo per i bambini adottati da coppie omosessuali, purché ci sia “una speranza ben fondata che i bambini saranno allevati cattolicamente”, e respingono l’idea – diffusa tra i conservatori – che chi ha “tendenze omosessuali” sia “moralmente obbligato” a sottoporsi alla cosiddetta “terapia della conversione”, un programma clinico che secondo alcuni può “curare” l’omosessualità ma che per i vescovi americani non ha alcun consenso scientifico alle sue spalle.
Una porta che si socchiude, una che si chiude
Farà invece contenta la destra religiosa il testo preliminare di un documento sulla comunione e su come riceverla “degnamente”: un tema che era già stato sollevato durante le elezioni presidenziali del 2004 per mettere in difficoltà il candidato democratico – cattolico ma favorevole all’aborto – John Kerry.
Con una significativa inversione di tendenza nella prassi invalsa fino ad oggi, i vescovi americani consigliano di “astenersi” dalla comunione non solo a chi è in condizione di “peccato mortale”, ma anche a coloro che “difettano di aderenza a ciò che autorevolmente la Chiesa insegna in tema di fede e di morale”.
A confondere le acque, però, c’è l’arcivescovo emerito di Washington, card. Theodore McCarrick.
Piuttosto che negare ai politici la comunione, secondo McCarrick, che è alla guida di una gruppo di lavoro su cattolici e vita pubblica, bisogna cercare di “ri-catechizzarli”, senza atti clamorosi che rinforzerebbero l’immagine di una Chiesa partigiana. Anche i democratici, nel loro piccolo, credono …