Un matrimonio per tutti, una Chiesa per tutti
Articolo di Jean-Pierre Mignard e Bernard Stéphan* pubblicato su Le Monde del 9 gennaio 2013, traduzione di www.finesettimana.org
L’opposizione manifestata (ndr in FRancia) dagli organismi delle Chiese al progetto di legge sul diritto al matrimonio per tutti fa pensare che i cristiani vi siano unanimemente contrari. Eppure, nel luglio 2012, il 45% di cattolici praticanti (francesi) si dichiaravano favorevoli al matrimonio per tutti. Chi li rappresenta, dove sono spariti?
Come si ritrovano in queste ingiunzioni di ingrossare la fila del corteo in cui le Chiese appaiono fortezze assediate invece di favorire un dibattito di società legittimo, secondo le raccomandazioni del Consiglio famiglia e società della Conferenza episcopale francese, che riconosce all’omosessualità una “potenzialità di fecondità sociale”?
Ormai, nelle posizioni ufficiali della Chiesa l’unica voce espressa è quella del rifiuto del progetto. Questa strategia è adottata, mentre le comunità cristiane, nella stragrande maggioranza, non hanno cominciato dall’inizio, come invita a fare Gesù nei Vangeli davanti ad ogni persona incontrata. Innanzitutto, ascoltare le persone omosessuali e le persone vicine a loro testimoniare le loro aspirazioni, le loro condizioni di vita, le discriminazioni di cui soffrono nella società e nella Chiesa, non tollerare che alcuno sia allontanato dalla comunità per il suo orientamento sessuale. Tutti sanno che in questo ambito, molto, quasi tutto, resta da fare.
Infine, riflettere, alla luce dei Vangeli, delle parole dei battezzati e degli insegnamenti delle Chiese, su ciò che rivela l’amore che unisce due persone dello stesso sesso. Ad esempio, si può continuare, come fa il magistero cattolico, a sostenere la loro accoglienza nel rispetto, ma escludendo qualsiasi relazione sessuale? Si può riconoscere la verità della relazione che unisce due persone omosessuali e contestare una dimensione essenziale del loro amore?
Il semplice enunciato di queste constatazioni e domande dimostra il carattere inutilmente vendicativo e sentenzioso degli appelli della gerarchia cattolica a manifestare per il mantenimento di una legislazione di un matrimonio immutabile che invece non ha mai cessato di evolvere per far posto, in lotte ostinate, al rispetto dei diritti delle donne e dei figli.
Invece di diffondere dei discorsi apocalittici sul diritto di unirsi di migliaia di persone dello stesso sesso, diritto che si ritiene distrugga le basi della società, le Chiese dovrebbero dedicarsi a pronunciare una parola credibile rispetto alle evoluzioni delle forme della vita umana.
Gli irriducibili oppositori al progetto di legge sostengono ad esempio che l’omogenitorialità metterebbe in pericolo il bambino. Ci sono dai 30 000 ai 40 000 bambini allevati in famiglie omogenitoriali. Questi bambini sono forse infelici, maltrattati o depravati? No. Prendiamone atto.
Le Chiese affermano che il matrimonio sarebbe la condizione della procreazione. In Francia, il 52% dei bambini nascono al di fuori del matrimonio. Il diritto del bambino non è quindi legato al solo statuto matrimoniale dei genitori.
Gli oppositori al progetto di legge denunciano il diritto al bambino da parte delle coppie, che negherebbe il diritto dei bambini. Il diritto dell’infanzia costituisce il miglior sistema giuridico di tutta la nostra storia. La legge non distingue tra l’origine dei bambini dal 2006 e attribuisce loro dei diritti rigorosamente identici, indipendentemente dallo statuto giuridico dei genitori e delle circostanze della loro nascita.
Cambiamenti considerevoli e positivi sono quindi stati accolti nel diritto dei bambini, protetti dai lavori logoranti, dalla mancanza di istruzione, dalle violenze sessuali e pedofile, e dall’abbandono.
Sarebbe intellettualmente falso pretendere il contrario e sarebbe sospetto vedere nell’apertura del matrimonio a tutti una minaccia per l’infanzia, mentre tutto il nostro diritto la protegge come non mai. Siamo in società laiche e di diritto. Che si rivelano infinitamente più attente alle persone fragili che nel passato. Era forse davvero meglio quando, in una società che pure si diceva cristiana, Vincenzo de Paoli, armato unicamente della sua santità militante, si trovava isolato a salvare i bambini abbandonati sul sagrato freddo delle chiese?
Il matrimonio, per coloro che lo scelgono, è anche – e forse d’ora in poi è diventato – una storia d’amore che non può essere rinchiusa nell’unico scopo di procreare. È sia un incontro di volontà che una istituzione attraverso la quale la società riconosce come benefica una unione durevole tra due esseri insieme uguali e diversi. Non c’è nessun ostacolo ad offrirlo a tutti, dove ciascuno resta libero di accordargli il livello di solennità, anche sacramentale, che desidera.
L’adozione è una forma unica d’amore che può essere espressione di coppie sia eterosessuali che omosessuali. Allevare, educare, nutrire, proteggere, disporre dell’autorità su un bambino, nel rispetto delle leggi, è un atto di altruismo superiore, che può essere aperto a genitori sposati, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Già è aperto ai celibi e alle nubili.
La questione dell’assistenza medica alla procreazione è un altro dibattito. I problemi che affronta riguardano tanto i genitori eterosessuali che omosessuali: la realizzazione del desiderio di un figlio e della creazione di una famiglia deve essere prima di tutto conforme al diritto del bambino a cui è subordinata. Indipendentemente dalla soluzione scelta, non si può transigere sul diritto di ogni bambino di conoscere le sue origini, e non è ammissibile alcuna soluzione che si basi sul commercio del corpo umano.
Per il resto, il cristianesimo, come dice Michel Serres, è “una religione dell’adozione”, che non ha mai rinchiuso l’amore del prossimo nei confini della famiglia biologica o della tribù.
È per lo meno curioso osservare che la volontà di voler riconoscere un legame durevole tra due esseri dello stesso sesso e la loro aspirazione a fondare una famiglia susciti innanzitutto il sospetto all’interno delle gerarchie ecclesiali, nel momento in cui il legame sociale e la genitorialità hanno invece bisogno di essere rafforzati per evitare una società frantumata, precarizzata e minata dalle solitudini.
Invitiamo le nostre Chiese a non riprodurre con il diritto al matrimonio per tutti il controsenso storico commesso, per la regolazione delle nascite e la contraccezione, dall’enciclica Humanae Vitae, nonostante l’esortazione del cardinal Suenens, arcivescovo di Bruxelles-Malines, le invitiamo a non riaprire “un nuovo processo di Galileo”. Quante donne e quanti uomini hanno lasciato la Chiesa, zitti e feriti, davanti al suo rifiuto di approvare l’uso della pillola contraccettiva? A prezzo di quante sedie vuote? Siamo a questo punto.
Témoignage chrétien si farà carico di questa discussione ovunque questo sarà possibile, manderà inviti a tutti affinché sia ascoltata, nella comunità cristiana e oltre, la parola di coloro che, semplicemente chiedendo una legge di riconoscimento e una parola in risposta, si sono trovati di fronte la porta sbarrata delle nostre chiese. Come cristiani, crediamo che il destino di tutti senza eccezioni sia di essere liberi e felici all’interno di istituzioni giuste.
* co-direttore di “Témoignage chrétien” pubblicato.