Un mese fa il pellegrinaggio giubilare con le persone LGBT+ mi ha ridato la speranza
Riflessioni di Mara Grassi de La tenda di Gionata
6 ottobre 2025. E’ passato un mese da “quel giubileo”, il nostro giubileo della Tenda di Gionata, il giubileo dei credenti LGBT+ a cui abbiamo partecipato come genitori di un figlio gay.
E in questo mese continuamente si sono affacciate alla mia mente e al mio cuore le suggestioni, i sentimenti provati, ma soprattutto i volti e le storie delle persone che ho incontrato. Avevo timore però di scriverne perché era come se non riuscissi a trovare le parole per descrivere un’esperienza così grande, mai provata.
Poi le letture della messa di domenica (XXVII T.O. C) mi hanno suggerito le parole. “Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti”( Ab 1,2).
Mi sono rivista 20 anni fa alla scoperta dell’omosessualità di mio figlio. “ Perchè Signore proprio lui? Cosa vuoi da noi? Cosa dobbiamo fare?”,“ a te alzerò il grido: «Violenza» e non salvi?” ( Ab 1,2).
La violenza del suo “logico” allontanamento dalla parrocchia, la violenza di un silenzio assordante e imbarazzato piombato su di noi nella comunità in cui eravamo cresciuti.
“Non si cancella il passato, non si strappano capitoli della nostra vita, non si nascondono le proprie stimmate: Dio salva trasformando” ci ha detto Mons. Savino nell’omelia della messa nella Chiesa del Gesù.
E noi in quella chiesa abbiamo toccato con mano questa salvezza, questa trasformazione.
Ero arrivata a Roma un po’ stanca, mi sentivo tra i servi inutili (Lc 17,10). Da quando avevo scoperto i gruppi di credenti LGBT+ vi avevo aderito con tutta me stessa, ma ora mi sentivo inadeguata. Le lentezze, le resistenze della Chiesa cattolica al cambiamento, la nostalgia di papa Francesco, il timore del nuovo corso di papa Leone avevano affievolito in me la speranza di una Chiesa veramente casa per tutti.
“Accresci in noi la fede !” ( Lc 17,5).
La preghiera degli apostoli è stata la mia preghiera, quella fede che anche se piccola “quanto un granello di senape” cambia il mondo. E io ho visto granelli di fede nella tenacia, nei sorrisi, nelle lacrime, negli abbracci di chi stava vivendo il giubileo.
Ho visto i gelsi piantati nel mare perché ho fatto esperienza di una Chiesa in cui veniva “restituita dignità a tutti, soprattutto a chi è stata negata”. E il mio cuore si è riempito di gioia e di riconoscenza. Felice di essere tra i servi inutili, cioè senza pretese, ma “autorizzati a sperare perché capaci di amare fino al dono di noi stessi” (Mons. Savino).
E siamo tornati a casa con la serenità di poter dire “Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” ( Lc 17,10).

