Un pastore s’interroga su come ascoltare e accogliere le persone omosessuali
Riflessioni del pastore evangelico Philippe Auzenet* (Francia), liberamente tradotte da Erika P.
In qualità di pastore, esercito un ministero itinerante che mi porta a viaggiare spesso e, alla fine dei miei interventi, ho l’occasione di incontrare – in tutta riservatezza, è indispensabile – persone che stanno evolvendo nell’omosessualità o che hanno tendenze in questo senso.
Alcuni sono felici nell’omosessualità e lo affermano: non metto in dubbio la loro parola, non ho il diritto di immischiarmi nella loro vita.
Ma molti soffrono e lottano da anni per trovare delle risposte alla loro vita che è divenuta alla lunga un vero e proprio fardello.
Non hanno scelto di diventare omosessuali, l’hanno subito e pertanto hanno fatto di tutto per evolvere e cambiare. Molti si sono arresi e talvolta dicono perfino che il loro responsabile spirituale non ha potuto o saputo aiutarli veramente.
Il che non sorprende, dal momento che sono poche le persone realmente formate per ascoltarli e comprenderli profondamente.
La preghiera non basta: sono necessari una grande capacità di ascolto, empatia, molta pazienza e disponibilità, molto affetto e consigli concreti e adatti mentre li si accompagna nel loro percorso.
E’ necessario anche saper nominare le cose con il loro giusto nome, senza falsi pudori né falsa vergogna.
Alcuni cristiani (e talvolta anche certi responsabili di chiesa…) dell’entourage praticano regolarmente e senza volerlo, l’abuso spirituale verso le persone omosessuali: li bombardano di versetti biblici dell’Antico Testamento parlando di Sodoma e Gomorra distrutti dal fuoco, o della maledizione che li aspetterà se continuano a praticare questo stile di sessualità. “Dio non è con te, Lui ti respingerà se continui, i tuoi peccati sono un abominio, non sei un cristiano!”.
Dimenticano che il Cristo è morto una volta per tutte, per tutti gli esseri umani di questo mondo, e che il Suo Amore è immenso.
La Bibbia ci mostra chiaramente che Dio non approva la pratica dell’omosessualità, ma che Lui ama le persone omosessuali o che abbiano tendenze omosessuali:
• quelle che evolvono in questo stile di vita…: cosa avremmo fatto noi al loro posto?
• quelle che sono in mutazione verso un cambiamento ardentemente desiderato e voluto… e che vivono ancora degli alti e dei bassi… con alcune difficoltà che dobbiamo cercare di capire: perdere una battaglia non significa perdere la guerra
• quelle che sono cambiate ma conservano delle pulsioni e delle lotte, restando comunque vittoriose a livello delle loro azioni.
Inoltre, i cattivi consiglieri (cristiani o no) proiettano inconsciamente la propria avversione verso questo stile di sessualità, cercando di cambiare molto rapidamente queste persone. Nessuno ha il diritto di obbligare una persona a cambiare…
La persona che evolve nell’omosessualità e che ha una base cristiana (ne ho incontrate molte, che fanno un cammino spirituale nella sofferenza), o che prova ad avvicinarsi a Dio, sa, la maggior parte del tempo, che talvolta commette delle azioni che non piacciono a Dio, alla Sua Parola, e ne soffre, lei per prima.
Potrei perfino affermare che porta una “croce pesante” all’interno di sé stessa, una “scheggia nella carne”, e che aspira spesso ardentemente a un sollievo che non arriva!
Riconosce che nel proprio essere, tutto la spinge a flirtare con le persone del suo stesso sesso, tutto la spinge a desiderare di avere delle relazioni amorose, sentimentali, perfino sessuali con loro, nello stesso modo in cui le persone eterosessuali vivono lo stesso processo con le persone di sesso opposto.
Se durante una riunione pubblica, o un incontro con accompagnamento spirituale, si comincia col gettare in faccia alle persone omosessuali un mucchio di versetti Biblici che le condannano, esse si sentono incomprese, respinte e rifiutate.
L’Amore di Dio non è annunciato per corroborare un fiotto di parole di condanna angoscianti, opprimenti perfino minacciose, verso colui che ha delle tendenze omosessuali o vive nell’omosessualità. Questo si chiama legalismo e il legalismo uccide, mentre lo spirito vivifica.
Ci ha resi capaci di essere ministri di un nuovo patto, non di lettera, ma di spirito; perché la lettera uccide, ma lo spirito vivifica. (2 Corinzi 3:6)
Contrariamente a quello che molti credono, l’omosessualità non è in primo luogo una questione di pratica sessuale, ma innanzitutto una questione d’identità, che nasce da un’attrazione affettiva e sentimentale, di una preferenza, e non per prima cosa di una scelta (per la maggior parte di queste persone).
Come accade a livello gustativo, si può amare il cioccolato bianco e detestare il cioccolato fondente, senza avere fatto una vera scelta.
I nostri amici svizzeri non amano le ostriche e le lumache, noi francesi ne andiamo matti al punto da farle comparire nei nostri migliori menù delle feste.
Se si dice dal primo incontro con una persona che pratica l’omosessualità: “devi pentirti”, è come se si dicesse ad una persona che ha costantemente dei pensieri di suicidio, che ha già fatto dei tentativi ed è all’ospedale: “devi pentirti”.
E’ disadattata. Bisogna innanzitutto analizzare (su richiesta della persona) le radici psicologiche, fisiche e spirituali delle difficoltà, e condurla successivamente verso il pentimento delle azioni, che, è vero, è importante e necessario nel progetto di salvezza dell’uomo da parte di Dio.
Durante i miei incontri con le persone in lotta con l’omosessualità, parlo loro innanzitutto del loro valore straordinario agli occhi di Dio (e ai miei occhi), mostro loro affetto e comprensione.
Mi rifiuto di guardarli solamente dal punto di vista del loro orientamento sessuale, il che sarebbe un’aberrazione. Parlo poco: li ascolto. Ho molta considerazione per loro.
Sono persone sensibili che hanno spesso sofferto molto e che desiderano fortemente che le loro difficoltà vengano prese seriamente. Esercito dunque un accompagnamento nella comprensione.
Molti tra loro desiderano evolvere e cambiare, ma vivono in un continuo lutto e rifiuto. Lottano contro la morte e la distruzione.
So per certo che non posso risolvere il loro problema, né sentirmi responsabile del loro cambiamento o della loro evoluzione, ma che posso essere uno strumento per portarli ad una riflessione, ad un’evoluzione e a un cambiamento progressivo, se lo desiderano, e solamente se lo desiderano.
Sono solo un segnale sulla loro strada. Ma ci tengo ad aiutarli e a partecipare alla loro lotta. Voglio pagare il prezzo con loro, poiché essi sono spesso vittime delle loro difficoltà interiori e talvolta del giudizio, del rifiuto e dell’asprezza del loro entourage, persino in un ambiente cristiano, il che li travolge sempre un po’ più e preclude loro ulteriormente l’accesso alla grazia di Dio verso di loro.
Altro punto: l’indifferenza è sorella del rifiuto e della vigliaccheria.
Bisogna parlare dell’omosessualità: a scuola, ma anche in famiglia. E’ per questo che si deve preparare una campagna di informazione nelle chiese, nei gruppi di giovani, e in tutti i luoghi dove sarà possibile arrivare.
“Poiché non sono venuto per giudicare il mondo, ma per salvare il mondo.” (Gesù nel Vangelo di Giovanni 12:47)
Cos’è realmente l’omosessualità
“Quando sorge un nuovo giorno, torno a casa e ritrovo la mia solitudine. Come un povero clown stanco. Vado a letto ma non dormo, penso ai miei amori senza gioia, così derisori, a quel ragazzo bello come un dio che, senza fare niente, ha acceso i miei pensieri.
La mia bocca non oserà mai confessargli il mio dolce segreto, il mio tenero dramma…” (Charles Aznavour, nella canzone «Je suis un homo, comme ils disent»/“Sono gay, come dicono”)
Se ne parla spesso molto male, dell’omosessualità: è un argomento che nell’immaginario popolare ispira regolarmente la derisione, è piuttosto sinonimo di mancanza di virilità negli uomini, di tara, vergogna, malattia mentale, depravazione, persino ignominia e infamia.
Argomento che resta molto spesso tabù, oppure se ne parla volentieri per ridere, scherzare e divertire l’uditorio.
Con numerose battute, offese, umiliazioni e disprezzo in parole quali: “checca, finocchio, zia, frocio, culo, gay, orecchione, culattone, signorina, femminuccia, porti la gonnella ? ».
E’ raro che si tratti l’argomento in modo serio: eppure lo merita. La derisione e l’offesa costituiscono il letto dell’omofobia.
Ciò spiega come molte persone pratichino l’omosessualità nella dissimulazione e nell’anonimato… mettono così in pratica la strategia dell’apparenza e della maschera eterosessuale davanti ai loro parenti.
E ciò porterà ad una decuplicazione degli effetti di divisione e di esplosione del loro essere – che è uno degli aspetti più rimarchevoli dei modi di vita omosessuali.
L’omosessualità: un’attrazione sentimentale poi sessuale
Alcune persone scoprono un giorno che provano una forte attrazione sentimentale, amorosa e sessuale, di preferenza o esclusivamente per le persone del loro stesso sesso e agiscono di conseguenza: si dice che esse sono “omosessuali”.
Il processo si svolge globalmente così:
omo-affettività –> omo-sentimentalità –> omo-sensualità –> omo-sessualità
Tuttavia, come l’eterosessualità, l’omosessualità non si limita ad un semplice comportamento sessuale ma implica un insieme di atteggiamenti, di valori e di preferenze la cui unica e vera giustificazione si trova nei rapporti affettivi e sentimentali.
Lo psichiatra americano J. Marmor suggeriva la definizione seguente, che sembra abbastanza appropriata:
Può essere considerata omosessuale una persona che, durante la sua vita adulta:
• manifesti una preferenza per le persone del proprio sesso;
• sia eroticamente (sessualmente) attratta da queste persone;
• abbia abitualmente (ma non necessariamente) relazioni sessuali con una o più di queste persone.
La scala di Kinsey
Negli anni Quaranta, il Dott. Alfred Kinsey [1] e un’équipe di ricercatori condussero un’inchiesta molto vasta sulla sessualità in America del Nord, con domande che affrontavano la sessualità in maniera sincera, diretta ed efficace, poiché tali ricercatori potessero così stabilire la famosa « Scala di Kinsey ».
Nonostante l’inchiesta di Kinsey venne in seguito contestata a causa della modalità di campionatura della popolazione interrogata, tale scala è ancora valida attualmente poiché è stata confermata da numerosi altri studi.
Si trattava di una scala sulla quale si distribuiscono gli individui: ad una delle estremità, quelli e quelle che sono esclusivamente omosessuali; all’altra estremità, quelli e quelle che sono esclusivamente eterosessuali.
E tra queste estremità troverebbero posto quelli e quelle che sono un po’ omosessuali e un po’ eterosessuali, dunque bisessuali secondo proporzioni diverse.
Da cui la graduazione seguente:
eterosessualità bi-sessualità omosessualità
1 – Totalmente eterosessuale
2 – Predominanza eterosessuale, occasionalmente omosessuale
3 – Predominanza eterosessuale, con un «passato» omosessuale ben distinto
4 – Eterosessuale e omosessuale, in maniera uguale
5 – Predominanza omosessuale, con un «passato» eterosessuale ben distinto
6 – Predominanza omosessuale, occasionalmente eterosessuale
7 – Totalmente omosessuale
Secondo tale scala di Kinsey, si può a ragione introdurre l’idea che sia più corretto parlare di eterosessualità e omosessualità al plurale, sapendo altresì che non si limitano alla sola sessualità, ma anche ad affetti, sensibilità, creatività particolari.
« Oltre ad un’eterosessualità manifesta, nelle persone normali, si può trovare una quantità molto importante di omosessualità latente o incosciente » (Freud)
Fliess sviluppò l’idea che la bisessualità biologica si prolunga nell’essere umano in una bisessualità fisica di base, e che la posta dello sviluppo fisico sarà il buon funzionamento o no della rimozione dei caratteri dell’altro sesso.
Il termine « omosessuale » è abbastanza recente e viene fatto risalire alla fine del XIX secolo [2]. Oggigiorno, l’abitudine che abbiamo sviluppato ad utilizzarlo ci spinge a trovare naturale la distinzione di persone in due gruppi, in funzione della loro sessualità.
Quelle che hanno rapporti con persone dello stesso sesso, e quelle che li hanno con persone dell’altro sesso. Così, si dirà « Guarda, arriva Fabien, sai quel giovane omosessuale di cui ti avevo parlato ieri… ».
Nell’antichità
Ma tale distinzione era sconosciuta nell’antichità dove gli individui erano talvolta spontaneamente bisessuali, con preferenze individuali più o meno pronunciate. Si differenziavano in base a criteri diversi dalla sessualità.
Non voglio fare l’apologia dell’omosessualità, ma descrivere in maniera semplice la sua storia dall’antichità fino ai nostri giorni.
La storia ci tramanda che Alessandro il Grande (356-323 a.c. – Re della Macedonia) – ebbe come compagne centinaia di donne, e solamente due uomini, ma che fu innamorato, appassionatamente e per molto tempo, solamente di uno di questi uomini.
Cicerone (106 – 43 a. c. – avvocato, uomo politico e oratore romano) aveva una moglie, ma a lei preferiva il fascino del suo giovane schiavo, che era il suo segretario preferito!
Nerone (37-68 d. c. imperatore romano), fece castrare uno dei suoi schiavi prima di prenderlo pubblicamente come sposo.
Il poeta romano Catullo (I secolo a. c.), innamorato del bel Juventius, scriveva : “Se sui tuoi occhi dolci come il miele, Juventius, mi lasciassero mettere senza posa i miei baci, ne metterei fino a trecentomila senza sentirmi mai sazio.”
In Egitto, i faraoni disponevano di un harem di bei giovanotti. In Giappone, i samurai non nascondevano le loro relazioni omosessuali.
Un errore frequente consiste nel fatto che la Grecia antica sia spesso assimilata alla culla e al paradiso dell’omosessualità.
Detto per inciso, le strutture sociali e le leggi in vigore ad Atene disapprovavano ciò che noi chiamiamo oggi “l’omosessualità”.
L’amore tra uomini era considerato come degradante e indegno. Tra adulti, le relazioni omosessuali erano inconcepibili, e gli effeminati (pathici) erano oggetto di canzonature e disprezzo.
Invece, ciò che era autorizzato, e persino incoraggiato, era la relazione tra un uomo maturo e un adolescente, quella che noi chiamiamo oggigiorno la “pederastia”, e che è attualmente formalmente condannata a ragione dalla legge.
Eretto a rango d’istituzione, il rapporto tra l’amante adulto – l’erasta, un uomo che non superava mai i quarant’anni -, e l’amato minorenne, – l’eromene, un giovane nell’età della pubertà -, costituiva per quest’ultimo un rito di passaggio all’età virile.
Anche se i legami non erano talvolta privi di passione, avevano soprattutto un valore educativo…: l’uomo maturo prendeva sotto la propria ala un adolescente e lo formava alla vita sociale e politica, intrattenendo rapporti sessuali con lui [3], senza che la componente di piacere prendesse il sopravvento sugli altri valori formatori della relazione.
Il minorenne era preso in custodia dal maggiorenne a partire dai 12 anni, fino all’apparizione della prima barba, verso l’età di 18 anni.
I filosofi greci Platone (427-347 a. c.) e Socrate (470-399 a. c.), il generale e console romano Giulio Cesare (100-44 a. c.), soprannominato “l’uomo di tutte le donne e la donna di tutti gli uomini”, l’imperatore cinese Wu (140-87 a. c.) erano considerati omosessuali.
In Francia, Henri III, Re di Francia (1551-1589), era molto criticato per i suoi gusti effeminati e i favori che accordava ai suoi “cocchi”.
Il compositore russo Tchaïkovski (1840-1893) si suicidò verosimilmente a causa di un problema posto dalla sua omosessualità.
Rimbaud e Verlaine, Aragon, Colette, Proust, Genet, Jean Cocteau e Jean Marais, Gide e Pasolini, Michelangelo, Leonardo da Vinci erano omosessuali.
Nel suo «Livre Blanc», comparso anonimamente nel 1928, Jean Cocteau giustifica le proprie tendenze:
« Fin dove posso risalire e anche all’età in cui lo spirito non influenza ancora i sensi, trovo tracce del mio amore per i ragazzi.
Ho sempre amato il sesso forte, che trovo legittimo chiamare il bel sesso. Le mie sventure sono venute da una società che condanna il raro come un crimine e ci obbliga a riformare le nostre tendenze. »
Michelangelo, ardente di passione amorosa, era affascinato dalla bellezza del corpo degli uomini giovani, ma anche dalla bellezza del divino. Nel 1532 scriveva così:
« Aimè ! Aimè! Quando ripenso al tempo passato, non trovo un sol giorno che sia stato mio. Le false speranze, i vani desideri, – ora lo riconoscevo – mi hanno tenuto in pericolo, lontano dalla verità, piangente, amante, ardente e sospirante, poiché nessuna passione mortale mi fu estranea. Il tempo fuggitivo mi è infine venuto a mancare, ma se si prolungasse, non sarei ancora stanco. » [4]
Per Serge Gainsbourg, uno dei suoi più bei ricordi « d’amore », dice, gli è venuto da un ragazzo, e confida a bruciapelo:
« Ho avuto dei periodi di omosessualità. Nella mia vita, la più bella dichiarazione d’amore mi è giunta da un uomo. Avevo trent’anni, cominciavo in un cabaret di m….
Per un mese, un ragazzo è venuto. Mi fissava. Un bel ragazzo. E’ stata abbastanza dura. Un giorno mi ha parlato: « Possiamo fare due passi insieme ? »
Ho detto sì. E, camminando, mi ha fatto una dichiarazione d’amore. La più bella che io abbia mai sentito. Sublime, e ancora la parola non rende l’idea.Aveva capito tutto di me. L’ho portato con me, abbiamo fatto l’amore. »[5]
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[1] http://homoedu.free.fr
[2] Il termine « omosessualità » è stato forgiato da un medico ungherese, il Dott. Benkert, nel 1869.
Omo, in greco, significa « lo stesso », « simile », mentre etero significa « diverso », « dissimile ».
[3] Con penetrazione dell’adolescente
[4] «Michel-Ange, le tourment et la gloire» – Simone Hills – Editions du Sarment – 1997
[5] B.A.B.A. Homosexualité – Ph. Randa – Ed. Pardès – p. 76
* Questa pagina è un breve estratto adattato dal libro di Philippe Auzenet “PARLER DE L’HOMOSEXUALITÉ « (Editions du Jubilé – Le Sarment)
Testo originale: Savoir parler de l’homosexualité. Ecouter et accueillir les personnes homosexuelles