Una petizione dei cattolici irlandesi per eliminare dal catechismo l’espressione “intrinsecamente disordinati”
Articolo di Robert Shine* pubblicato sul sito dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 15 giugno 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Un’organizzazione cattolica irlandese che si batte per la riforma della Chiesa ha lanciato una petizione globale per chiedere ai vescovi irlandesi di fare la loro parte per cambiare il modo in cui il Magistero fa riferimento alle persone LGBTQ.
La petizione di We Are Church Ireland (Noi Siamo Chiesa Irlanda), che ha già raccolto quasi 4.500 firme [all’8 agosto, n.d.t.], si oppone all’utilizzo di espressioni quali “intrinsecamente cattiva” e “oggettivamente disordinata” in riferimento alla tendenza omosessuale nel Magistero cattolico e fa appello all’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin e al nunzio apostolico, l’arcivescovo Jude Thaddeus Okolo, per dare avvio a questo cambiamento. Il testo della petizione dice, fra le altre cose: “Papa Francesco ha detto, riferendosi alle persone omosessuali, ‘Chi sono io per giudicare?’, ma il Catechismo definisce tutt’ora le persone LGBTQI ‘intrinsecamente disordinate’. Gesù userebbe queste parole? Papa Francesco visiterà l’Irlanda il 25 e il 26 agosto prossimi e ci rivolgiamo a lui per cambiare questo linguaggio”.
Potete leggere l’intero testo della petizione e firmarla seguendo questo link.
Brendan Butler, portavoce di Noi Siamo Chiesa Irlanda, definisce tale linguaggio “non cristiano” e “non solamente scandaloso, ma blasfemo”. Butler ha dichiarato al National Catholic Reporter: “[La Chiesa] comanda dall’alto, mentre noi spingiamo dal basso […] Papa Francesco ci chiede di suggerirgli idee, ed è quello che stiamo cercando di fare. So che è sotto pressione, ma alla fine deve pur lasciare il suo segno sulla Chiesa, deve mostrare polso e dare una direzione, dire che questo tipo di linguaggio non deve essere più usato quando si parla delle persone omosessuali”.
Importanti personalità irlandesi si sono unite all’appello di Noi Siamo Chiesa, come Pádraig Ó Tuama, il cattolico gay alla guida della comunità di Corrymeela, che si impegna nella riconciliazione tra cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord, Ursula Halligan, cattolica lesbica e giornalista politica, e il senatore David Norris; queste tre personalità hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in sostegno alla petizione: “È imperativo per noi dire a voce alta che l’insistenza dei vescovi cattolici a utilizzare tale linguaggio nei confronti delle persone LGBTQI è sbagliato […] Il linguaggio ufficiale cattolico utilizzato per descrivere le nostre sorelle e i nostri fratelli LGBTQI rende la Chiesa istituzionale complice nell’emarginazione di queste stesse persone. Sotto la vernice della religione e della fede la Chiesa fomenta l’intolleranza e i pregiudizi e tenta di giustificare la discriminazione. Chiediamo alla Chiesa di modificare il suo linguaggio ufficiale, per riguardo alle innumerevoli persone LGBTQI le cui vite sono dedicate alla Chiesa e che soffrono per questo linguaggio che le sminuisce”.
Ó Tuama aggiunge: “In quanto gay cattolico non mi riconosco in questo linguaggio che mi riguarda, utilizzato nei documenti della Chiesa e nel suo Magistero […] La Chiesa sarebbe più fedele alla sua testimonianza se utilizzasse un linguaggio che costruisce ponti invece di sminuire la dignità delle persone”.
Halligan afferma di “essere stata male fisicamente” quando lesse per la prima volta i punti del Catechismo concernenti l’omosessualità: “Mi sentii sminuita e ferita in quanto persona. Nel profondo del mio cuore sapevo che Dio non mi vedeva in quel modo, e per questo mi chiesi perché la Chiesa Cattolica invece sì […] L’abuso non riguarda solo il corpo: le parole, se usate come armi, costituiscono un abuso. Se gli studenti bulli usassero questo linguaggio verrebbero puniti, sospesi, espulsi o mandati da uno psicologo”.
Questo sarebbe vero anche per le istituzioni civili che dovessero utilizzare tale linguaggio. Halligan ha criticato i vescovi perché “la Chiesa gerarchica deve sciacquarsi la bocca prima di parlare delle persone LGBTQI”, ma ha anche fatto appello a papa Francesco perché convochi un incontro mondiale di cattolici e cattoliche LGBTQI: “Ho fiducia che da tale dialogo emergerà il seme di una nuova teologia sulla sessualità umana, basata sulla persona umana in carne e sangue e non sulle astrazioni teoriche di una piccola élite”.
Infine, la petizione cita due vescovi, l’arcivescovo di Mumbai, cardinale Oswald Gracias, e l’arcivescovo di Manila, cardinale Luis Antonio Tagle, che hanno anch’essi invitato la Chiesa a cambiare linguaggio per evitare di giudicare e condannare.
La petizione è partita due mesi prima dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà a Dublino. Fin da subito si sono fatte sentire le voci di chi vorrebbe che l’evento fosse autenticamente inclusivo, anche nei confronti delle persone LGBTQI, e molte personalità irlandesi, tra cui Ursula Halligan, stanno spingendo in questo senso. La recente decisione di invitare padre James Martin SJ per condurre un laboratorio sulle parrocchie LGBT-friendly è un segno positivo.
Questa petizione appare in un momento cruciale per la Chiesa, un momento in cui si levano voci sempre più forti da tutto il mondo, voci che chiedono un linguaggio più giusto, alla luce delle parole di papa Francesco a un gay cattolico: “Dio ti ha fatto così e ti ama”. Credere che una persona sia “intrinsecamente disordinata” e nello stesso tempo credere che sia stata creata omosessuale da Dio è sintomo di una dissonanza che pare irrimediabile. È tempo, per la gerarchia, di fare giustizia di certo linguaggio e l’Incontro Mondiale delle Famiglie sarà un momento cruciale per una riconciliazione. Ma c’è una domanda che rimane senza risposta: i vescovi e gli arcivescovi saranno pronti ad ascoltare?
* Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e del blog Bondings 2.0. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: Irish Catholics Launch Global Petition Seeking to Remove “Intrinsically Disordered” Language