Carol Ann Duffy. Una poetessa lesbica alla corte inglese
Articolo di Massimo Bacigalupo tratto da il Secolo XIX del 22 maggio 2009
Siamo andati allo zoo/ Gli ho detto:/ C’è qualcosa in quello scimpanzè che mi fa pensare a te”. E’ “Mrs Darwin”, poesia del volume La moglie del mondo (The World’s Wife) della scozzese Carol Ann Duffy.
Libretto memorabile in cui tutte le Signore dei Grandi dicono la loro, spregiudicatamente: Regina Erode, Signora Mida, Signora Esopo, Salomè, Frau Faust, Queen Kong: “Ricordo di aver sbirciato dalla finestra del suo grattacielo/ e di averlo visto sprofondato nel sonno. Il mio ometto…/ Lo ammetto, era piccolo, ma così ben fatto,/ uno schianto. Mi faceva delle cose/ con quelle dita affusolate che nessun gorilla sapeva fare”.
Passato inosservato quando uscì da noi nel 2002, “La moglie del mondo” dovrebbe ora formare delle pile ai lati delle casse delle nostre librerie-supermarket. Infatti Carol Ann Duffy è dal 1° maggio 2009 il ventitreesimo “poeta laureato” della Corona britannica, succedendo al meno estroso Andrew Motion e al grande Ted Hughes.
Dalla morte di Hughes la carica, sin allora vitalizia, è divenuta decennale. Comporta un modesto stipendio, una provvigione tradizionale di buon vino (ci sarà sempre un’Inghilterra!), e nessun obbligo.
Cioè non è più necessario scrivere in occasione di anniversari reali (nel 2012 ci sarà pur sempre il 60° di regno di Elisabetta), anche se un omaggio in versi sarebbe ovviamente benvenuto. Il posto è di nomina governativa, e ha avuto tenutari insigni e oscuri.
“Ho discusso la faccenda con Downing Street e la Corte, e mi hanno dato assicurazioni in merito”, ha detto la Duffy, che è una figura anticonvenzionale che scrive poesie di facile lettura, spesso sarcastiche, molto studiate nelle scuole per il loro vigore e linguaggio quotidiano. “Non cerco la parola difficile, suggestiva: la poesia deve comunicare, e come tutti i poeti aspetto che le poesie vengano”.
Interrogata sulla sua omosessualità, Duffy – che ha una figlia – rifiuta di essere etichettata poetessa femminista o gay, dice che l’Inghilterra ormai è adulta per quanto riguarda il sesso, e che la sua diversità potrà incoraggiare quei giovani che vivono con disagio l’omosessualità.
Carol Ann Duffy è nata a Glasgow nel 1955 ma cresciuta in Inghilterra e ha studiato a Liverpool, dove è stata iniziata alla poesia e magari all’amore da Adrian Henri (1932-2000), capofila dei “poeti di Liverpool”, leggeri, dissacranti, vicini al jazz e naturalmente ai Beatles.
Uno dei compagni di strada di Henri, il bravo e simpatico Roger McGough (“Eclissi quotidiane”, Medusa 2004), sarà al Festival di Poesia di Genova il mese prossimo, dove lo si potrà sentir eseguire le sue poesie-gioco-giocattolo-musica, con un fondo di passione, serietà e intelligenza. McGough, come la Duffy, ha scritto molti libri per bambini (“Gattacci”, Einaudi 2001); e come la Duffy è di estrazione cattolica ed è stato nominato Cavaliere, dalla Regina. Che chiese a Roger: “Cosa fa?”. “Scrivo poesie, Maestà, sa, versi…”.
Non so cosa si saranno dette nella stessa circostanza Elisabetta e Carol Ann, che ora dovranno di nuovo incontrarsi. Dopo lo straordinario “The Queen” di Stephen Frears tutti amiamo di più l’attuale regnante, che avrà se non altro stabilito il record di aver per la prima volta per poeta di corte una donna, e una donna molto calata nel mondo contemporaneo.
Coincidenza curiosa, da oltre cinquant’anni anche gli Stati Uniti hanno la carica biennale di poeta laureato, e non poche donne l’hanno ricoperta; a luglio 2008 è stata laureata Kay Ryan, californiana del 1945, che per festeggiare ha (ri)sposato la sua compagna nella vita e nell’insegnamento, già malata terminale (è morta nel 2009). La Ryan però non parla del suo lesbismo nei versi, che hanno la caratteristica astrazione americana.
La Duffy è più esplicita, e nel suo ultimo libro, “Rapimento” (2005), racconta una storia d’amore non troppo diversa da tutte le altre, ma certo fortunata, in quanto capitata quando parrebbe finita l’età delle cotte: “Prenderò la tua mano, la sinistra, / e chiederò che abbia ancora vita / per tenere la mia mano, la destra, / mentre vado sola dove siamo andate, / o per posare tutta la notte sul mio petto, / riposando, o per interrompere ogni discorso con un dito / premuto sulle mie labbra.
Prenderò le tue labbra, / chiederò, quando chiudo gli occhi, quasi / pregassi, che maturino nell’aria / per essere di nuovo lì sulle mie, / o per dire il mio nome, o sorridere, o baciare / il sonno dai miei occhi. Prenderò // i tuoi occhi, niente di simile, di più bello, sotto il sole…”.
C’è grande maturità e maestria nell’uso delle forme e delle rime, e nel comunicare. “Quando ci innamoriamo, ci sposiamo o perdiamo una persona cara, ci rivolgiamo alla poesia”, dice Carol Ann Duffy. Le occasioni obbligate del nuovo poeta laureato non sono dunque più quelle della famiglia reale, ma quelle che toccano lei e tutti noi.
Carol Ann Duffy, La moglie del mondo (The World’s Wife), editrice Le Lettere, 181 pagine
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