Una risposta pastorale cattolica per le persone gay e lesbiche del popolo di Dio (Quinta parte)
Riflessioni di Fr. Joseph Fortuna* pubblicate sul sito della pastorale LGBT della Diocesi cattolica di Cleveland (USA)**, liberamente tradotte da Vilian
Nei primi vari articoli di questa serie ho discusso del bisogno di dare un indirizzo a quest’argomento. Ho condiviso informazioni sul significato, esperienza, origini, e frequenza dell’omosessualità. Ho delineato l’insegnamento ufficiale della Chiesa Cattolica Romana sull’omosessualità. Ma ora è tempo di cambiare un po’ aria e muoversi dal condividere nozioni, verso qualcosa di più personale per ciascuno di noi.
La domanda che prendo in considerazione è questa: Come ci rapportiamo alle persone gay e lesbiche nelle nostre vite?
Ho posto la domanda in questo modo di proposito. Presumo il fatto che la vasta maggioranza di noi conosca persone omosessuali. Potremmo non essere consapevoli del fatto che lo siano, ma sono piuttosto sicuro che la maggior parte di noi abbia amici, colleghi di lavoro, conoscenti o persino membri familiari che sono omosessuali. Il fatto che ci possano essere persone nelle nostre viste la cui omosessualità sia a noi sconosciuta è un fatto che da solo merita riflessione.
Tutti certamente, indipendentemente dal nostro orientamento sessuale, meritiamo privacy. E nessuno di noi condivide certi aspetti delle nostre vite tranne che coi propri amici più intimi. Ma il fatto che molte persone gay o lesbiche nelle nostre vite non ci permettono di conoscere niente sul loro orientamento sessuale è indicativo di quanto per loro è difficile comunicarcelo.
Parte di questa difficoltà deriva dal fatto che ci sono molte persone bigotte nella nostra società. “Gaybashing” non è solo una metafora per dire violenze verbali.
Perché sono moltissimi i casi di omosessuali dichiarati che sono stati picchiati o addirittura uccisi semplicemente perché gay. Oltre a questi evidenti danni di natura fisica, le persone omosessuali soffrono anche di forme di discriminazione. Molti perdono degli “amici” dopo che il loro orientamento sessuale viene loro svelato.
Un altro ostacolo affrontato dagli omosessuali per rivelare il loro orientamento risiede nel fatto che loro stessi si ritrovano nel bel mezzo dell’auto riconoscersi come omosessuali. Possono solo gradualmente scoprire chi sono, oppure lentamente ammettere a loro stessi che questa è la nuda realtà. Ed è importante ricordare che il riconoscimento e l’ accettazione di sé stessi possono essere terrificanti in una cultura dove gli stereotipi ed i pregiudizi sminuiscono le persone omosessuali. Quando mettiamo in conto tutto ciò, nonché anche i dati che presentai in un altro precedente articolo che indicava che non ci sono prove scientifiche per poter pensare che l’orientamento sessuale di una persona possa essere cambiato, diventa evidente che qualsiasi tentativo di “curare” o “cambiare” un omosessuale può essere solo vano ed inappropriato.
Le nostre considerazioni portano invece ad un’altra direzione. Una risposta appropriata verso una persona che abbiamo scoperto come omosessuale è di trattare quella persona non giudicandola, bensì in maniera rispettosa. In verità, se consideriamo tutto ciò di cui stiamo parlando, se qualcuno “si rivela” a noi, la risposta più appropriata potrebbe essere di essere davvero grati di ciò.
La gratitudine è una risposta appropriata ogniqualvolta qualcuno affida a noi qualcosa di così importante od ogniqualvolta qualcuno si mette a nudo di fronte a noi. E dal momento che quella persona s’è resa così vulnerabile di fronte a noi, non può che essere giusto mostrarsi gentili ed empatici con essa.
Mostrare sé stessi è un’azione così intima e rischiosa che si presenta per noi come un’opportunità al fine di migliorare la comprensione dell’altro come anche aiutarlo a guarire le ferite subite e smorzare le sue paure.
Un’altra considerazione molto importante nel nostro rispondere a chi è omosessuale è di controllare le proprie emozioni, essendo sempre onesti su di esse. Perché non è raro per qualcuno provare emozioni molto spiacevoli dopo aver appreso che un amico o un membro della famiglia è omosessuale. Questi sentimenti possono sorgere spontaneamente e possono essere distruttivi tanto per noi quanto per l’altra persona, se non vengono riconosciuti ed affrontati opportunamente.
Per esempio, i genitori possono sentirsi colpevoli o comunque responsabili dell’orientamento sessuale del loro figliolo. Possono essere arrabbiati con loro stessi o col loro figlio. Possono auto punirsi per aver fatto qualcosa di sbagliato (anche se magari non hanno idea di cosa!)
Un amico può essere arrabbiato o sconvolto perché un altro amico omosessuale non è stato onesto con lui su ciò che sono stati fin’ora. Quest’ultima cosa è legata ad una delle più comuni reazioni verso il coming out, la paura. Le persone possono aver paura che la rivelazione dell’omosessualità di un amico del proprio stesso sesso indichi che loro stessi possano essere omosessuali.
Spesso la mancanza di sicurezze sulla propria sessualità, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, diventa critica quando qualcuno “si rivela” a noi.
Anche nel caso in cui una persona sia sicura della propria sessualità, la rivelazione di qualcosa così significativo come l’orientamento omosessuale di un amico o di un familiare pone interrogativi su quello che accadrà d’ora in poi alla loro relazione.
A mio giudizio, una delle cose più importanti da ricordare quando qualcuno ci rivela la propria omosessualità è che quella persona è prima di tutto un essere umano ed un nostro amico, figlio, figlia, ecc… Perché ogni essere umano ha bisogno di vere amicizie e di una sana intimità. (Notare che le vere amicizie e la sana intimità non devono essere confuse con, o ridotte a, espressioni genitali sessuali.)
Queste cose richiedono onestà ed il rischio del doversi riconoscersi a propria volta come persone omosessuali. Bisogna considerare che le relazioni di qualsiasi tipo, e le amicizie in particolare, sono spesso “incasinate”. In ogni relazione il nostro incontrarsi con qualcuno che è diverso da noi, un “altro”, sfida l’immagine che abbiamo di noi stessi e ci rivela qualcosa in più su quello che realmente siamo.
Ma è un bene perché queste sfide e rivelazioni sono luoghi dove la grazia di Dio può operare nelle nostre vite, trasformando le paure, l’odio, la bigotteria e l’incertezza in giustizia e pace ed amore che sono caratteristiche del regno di Dio.
Da Cristiani Cattolici è importante per noi ricordare che la chiesa non considera l’orientamento omosessuale come un peccato.
Ed io spero che ognuno di noi possa essere quel tipo di persona con cui i gay e le lesbiche possano essere libere d’esistere come popolo di Dio, per come Dio stesso ha voluto che fosse.
Spero davvero che l’amorevole presenza di Dio possa manifestarsi con maggior forza nelle nostre vite, non che la Sua grazia venga invece oscurata da parole negative che le persone omosessuali potrebbero trovare nelle nostre risposte verso di loro.
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* Fr. Joseph Fortuna è stato ordinato sacerdote negli Stati Uniti nel 1980. Ha frequentato l’Università Cattolica di Washington DC, dove ha conseguito un dottorato in Teologia sistematica con un focus sulla Liturgia e la Teologia sacramentaria.
E’ stato membro della facoltà di teologia della St. Mary Seminary Graduate School, prima di diventare parroco della parrocchia Ascension Parish di Cleveland, dove ha prestato servizio per quasi sedici anni. Oggi continua a servire nella facoltà del seminario, oltre che come parroco di Our Lady of the Lak (Nostra Signora del Lago).
** Già pubblicato su “The Ascension of Our Lord”, bollettino della chiesa cattolica, estate 1997
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Testo originale: People of God Who Are Gay or Lesbian: A Roman Catholic Pastoral Response (Fifth in a series)