Uno sguardo sull’omosessualità nella Bibbia e nell’antichità
Articolo di Stefan Scholz pubblicato sul settimanale Der Spiegel (Germania) il 1 giugno 2015, traduzione di finesettimana.org
Gli uomini amano le donne e le donne amano gli uomini, il matrimonio è la forma corretta che assume questo rapporto. Certo, la coppia umana non è mai stata espressa in maniera così semplice, ma da quando lesbiche, gay, bisessuali, transgender, eccetera, hanno ampliato la gamma delle possibili forme di vita anche nella percezione pubblica, la frattura tra la morale sessuale cristiana classica e la molteplicità dei vissuti sociali è sempre più difficilmente superabile.
Mi limito qui al conflitto tra le affermazioni della Bibbia sull’omosessualità e le attuali relazioni tra persone dello stesso sesso che ovviamente non esistono solo al di fuori della Chiesa. In confronto ai dibattiti che nella chiesa e nella teologia vengono condotti in maniera approfondita, nella Bibbia invece l’omosessualità è chiaramente un tema marginale: all’argomento si fa riferimento in meno di dieci punti. Fondamentalmente, la situazione è chiara. I rapporti tra persone dello stesso sesso sono cose da pagani e vengono ritenuti inconciliabili con la fede in Jahvè o con la vita in Cristo, e vengono quindi severamente respinti. Ma come questo deve essere compreso e ordinato, è molto meno chiaro.
Nell’Antico Testamento vengono richiamati soprattutto i tre passi seguenti: in primo luogo il codice di santità che intende regolamentare in maniera dettagliata le forme di rapporti corporali permessi e proibiti. In due punti viene chiesta in maniera assoluta e inequivocabile la pena di morte per rapporti sessuali tra uomini maschi, Lev 18, 22 e Lev 20, 13. Più controverso è in secondo luogo il racconto dell’annientamento di Sodoma e Gomorra in Gen 19. Se la malvagità degli uomini di queste città possa essere effettivamente identificata con la violenza omosessuale, e se è a causa di questo che i luoghi vengono distrutti, non viene più considerata oggi opinione della maggioranza degli studiosi delle scienze bibliche. Dovrebbe trattarsi piuttosto di offesa al diritto di ospitalità e di altre forme di violazione sessuale. In terzo luogo sono presentate, eventualmente, solo allusioni erotiche nella descrizione dell’amicizia di Davide e Gionata in 1Sam 18,1-4.
Anche nel Nuovo Testamento sono tre i passi principali che vengono citati a questo riguardo: correlati tra loro sono anzitutto due cataloghi di vizi, 1Cor 6,9 e 1Tm 1,10. Qui vengono elencati i più diversi mali e orrori. A coloro che li compiono sono precluse le porte del cielo. In entrambi i casi, accanto a bugiardi, assassini e sacrileghi vengono elencati anche uomini che compiono atti sessuali di maschi con maschi.
Particolarmente illuminante è infine Rom 1,26-27. Questo è l’unico punto in cui viene considerata anche la sessualità tra due donne. Qui il desiderio omosessuale non viene visto come qualcosa che comporta un specifica sanzione come la pena di morte o l’esclusione dalla salvezza. Piuttosto qui è proprio il desiderio di rapporto con persone dello stesso sesso che viene inteso come tormentosa tortura per un’aberrazione e per la falsa credenza. Queste sono le citazioni, poche e chiare, che troviamo nella Bibbia, a cui si pongono una serie di difficili domande complementari. Mi concentro sui due punti centrali:
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Ciò che qui viene molto naturalmente condannato può essere paragonato alle attuali relazioni omosessuali?
Il punto di vista e il modo di intendere l’omosessualità sono cambiati più volte nel passato. Se fino all’età moderna i rapporti omosessuali venivano considerati peccati gravi e bestemmie contro la volontà del creatore, a cui ci si poteva opporre solo con la retta fede e se necessario anche con il fuoco, nel percorso trionfale della medicina nel XIX secolo la tendenza omosessuale veniva interpretata principalmente come malattia, perversione e disturbo psichico. La strategia per aiutare chi ne era affetto era la cura. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha cancellato solo nel 1992 l’omosessualità della sua lista di malattie. Oggi la maggior parte dei ricercatori e delle ricercatrici considerano l’omosessualità come una variante nell’evoluzione. Esiste sia tra gli animali che tra gli uomini, le cause restano indefinite, non si è potuto stabilire né che esista un genere gay né che ci sia un sicuro rapporto tra educazione ed omosessualità.
Assolutamente assurdo nell’attuale visione di chi ha approfondito l’argomento è collegare l’omosessualità ad un comportamento moralmente scorretto. Se da qui ora ci spostiamo alle epoche della Bibbia, che non devono assolutamente essere considerate un’unità chiusa, diventano evidenti ulteriori cambiamenti nel modo di intendere la sessualità e l’omosessualità. La piena umanità, in conformità alla “somiglianza di Dio”, secondo 1Gen 1,27, la si poteva concepire solo nell’unità di uomo e donna. L’obiettivo della sessualità veniva chiaramente visto nella riproduzione, al punto che un uomo poteva avere anche più donne, v. 1Gen 16. Paolo descrisse il matrimonio tra uomo e donna in 1Cor 7 solo come concessione alla pulsione sessuale, migliore però per lui era una vita continente.
Un comportamento omosessuale veniva globalmente considerato non ebraico e più tardi anche non cristiano. Gli scrittori biblici, soprattutto nel periodo neotestamentario potevano a questo proposito aver avuto davanti agli occhi quanto segue: nell’antica Grecia e a Roma c’era un comportamento omosessuale, soprattutto un rapporto sessuale tra un uomo adulto e un giovane in età dai 12 ai 18 anni, in casi eccezionali forse anche fino a 28 anni. Il più anziano doveva essere attivo, il più giovane passivo – ogni altro comportamento diverso era considerato disonorevole e forniva spesso materia per scherni, intrighi e ricatti. Una delle più famose trasgressioni alla regola sicuramente fu riferita a carico di Giulio Cesare, in quanto avrebbe imposto allo sconfitto re di Bitinia il ruolo di partner sessuale passivo. Il comportamento asimmetrico non si evidenziava solo nella differenza d’età: in Grecia si trattava spesso di relazioni maestro-discepolo, mentre a Roma invece erano degli schiavi a dover assumere il ruolo passivo. C’era inoltre anche la prostituzione maschile esercitata come professione. Anche l’omosessualità femminile esisteva nell’antichità, ma è molto meno documentata e veniva considerata in maniera estremamente sospetta. Perché le donne potevano infatti avere solo un unico tipo di comportamento sessuale: dovevano cioè essere a servizio del maschio ed essere passive.
Da questi pochi tratti possiamo avere un’idea di ciò che era connesso con l’omosessualità nell’ambito culturale della Bibbia e da cosa erano inequivocabilmente delimitati i testi dell’Antico e del Nuovo Testamento. La differenza di ciò che qui viene inteso come comportamento omosessuale, ma anche sessualità in generale, conduce ad una profonda riflessione in riferimento al significato delle affermazioni bibliche in questo contesto.
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Quale valore ha la Bibbia per gli interrogativi etici in ambito sessuale oggi?
Una condanna delle pratiche omosessuali come semplice applicazione delle affermazioni bibliche sull’argomento non tiene conto né delle attuali conoscenze delle scienze umane sulle identità sessuali né delle ricerche storico-critiche sugli antichi concetti sessuali. Ora, l’omosessualità è contraria alla Bibbia? Se ci riferiamo a ciò che allora si poteva immaginare e a ciò che veniva praticato, certamente. Le unioni omosessuali attuali, con o senza figli, che si fanno carico della responsabilità reciproca tra i partner, sono però qualcosa di completamente diverso. Sarebbe quindi proprio irresponsabile e diffamatorio contestare loro la legittimazione cristiana del loro concetto di vita.
La Chiesa evangelica ha già proposto, al riguardo, un’altra via, anche se accompagnata da violente controversie, il che non sorprende, visto l’argomento. Nel suo documento per l’orientamento “Zwischen Autonomie und Angewiesenheit” (Tra autonomia e dipendenza) del 2013 rinuncia consapevolmente all’accettazione letterale delle regole e dei divieti biblici. Invece, trae dal comandamento dell’amore di Gesù il criterio della giustizia delle relazioni, in base al quale si deve discernere se una relazione tra esseri umani è gradita a Dio o no. Su questo criterio si devono misurare sia le unioni omosessuali sia il matrimonio tra uomo e donna, che non è, di per sé, una forma compiuta di vita comune. In questo modo, la Bibbia continua ad avere la sua forza orientativa, viene intesa come libro da cui apprendere, che però non sostituisce la riflessione critica di ognuno, ma la arricchisce.
La Chiesa cattolica si trova a dover affrontare ostacoli maggiori. Il classico modo di intendere il matrimonio come sacramento offre meno spazio di manovra per un effettivo riconoscimento delle forme di vita omosessuali e di ulteriori legami familiari al di là della comunità matrimoniale. L’alto valore attribuito alla tradizione impedisce un dialogo aperto con i mondi in trasformazione. La libertà appare qui più fortemente vincolata. Non ci si dovrebbe quindi aspettare troppo dal sinodo sulla famiglia in autunno. Certo, ci sarebbe molto da augurarsi.