Veglia di preghiera in memoria dei cristiani omosessuali che non ce l’hanno fatta

Abbiamo deciso di chiudere questi due giorni di condivisione del I° forum italiano dei cristiani omosessuali (Albano Laziale, 26-28 marzo 2010), con una veglia di preghiera in cui faremo memoria dei tanti omosessuali credenti che avrebbero potuto essere qui con noi e che non ce l’hanno fatta a sopportare il peso della vita.
Quanti sono gli omosessuali che hanno scelto di fare lo stesso gesto disperato? Quanti hanno lasciato un segno nella vita dei nostri gruppi? Probabilmente sono più di una le storie che separano la scelta drammatica di Ferruccio dalla scelta altrettanto drammatica che Nirio, il presidente del gruppo La Parola di Vicenza, ha fatto pochi mesi fa. Ai protagonisti di queste storie vogliamo dedicare queta preghiera nella speranza di poterli riabbracciare tutti nella luce che Dio ci ha promesso.
Il drappo rosso è il simbolo della nostra umanità ferita e del sangue che viene versato a causa dell’inspiegabile mistero del male. Il piccolo vaso di terra rappresenta la precarietà del nostro corpo che, grazie all’azione redentrice di Cristo, può dispensare nuova vita.
Tutti questi segni acquistano un significato nuovo all’ombra del simbolo rappresentato dalla Croce, il luogo in cui Cristo si è fatto carico fino alle estreme conseguenze della nostra umanità, con i suoi limiti, con le sue sofferenze, con le sue contraddizioni e con le sue sconfitte.
La lampada accesa rappresenta la speranza che nasce dalla croce: una speranza che nasce dalle parole di Paolo che scrive che: « né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio» (Rom 8,38-39).
Meditazione…
Spesso non riusiamo a intravedere una via d’uscita che ci permetta di superare la nostra disperazione. Tutto ci diventa indifferente e anche Dio sembra drammaticamente lontano e incapace di ascoltare il nostro grido di dolore: lo stesso grido di Giobbe, che non riesce a trovare una ragione per la propria sofferenza; lo stesso grido del salmista, che pensa alla morte e che ormai viene meno; lo stesso grido di Gesù stesso che sulla croce urla «Dio mio! Dio mio! Perché mi hai abbandonato».
Ma proprio nella figura del Figlio di Dio che condivide fino in fondo il nostro dolore c’è la risposta alla nostra domanda: il dolore è un mistero così profondamente legato alla natura umana che anche Gesù, il Figlio di Dio, Dio stesso, lo deve sopportare nel momento in cui assume la nostra natura. E non il dolore composto di chi ha ancora qualche cartuccia da sparare, ma il dolore straziante di chi si sente ormai abbandonato e solo.
Ogni volta che soffriamo. Ogni volta che ci sentiamo abbandonati da Dio. Ogni volta che la sofferenza ci pare troppo grande e troppo crudele. Ricordiamo il grido di Gesù: «Mio Dio! Mio Dio! Perché mi hai abbandonato!»
Il Testo:
Veglia di preghiera in memoria degli amici che non ce l’hanno fatta (Albano Laziale, 28 marzo 2010) file pdf