Vite nascoste. Essere un gay di provincia
Riflessioni di Veronica Dema pubblicate sul Blog Painted Boquitas (Argentina) il 1 novembre 2013, liberamente tradotte da liberamente tradotte da Marco Galvagno
Usare pseudonimi per nascondersi, così definisce la situazione Luciano, alias Caco, in una lettera. Luciano scrive di venire da Concordia entre Rios (Argentina), in cui ha vissuto fino a diciotto anni, quando è venuto a Buenos Aires a studiare Architettura. Quando ha letto la storia di Facundo si è identificato.
Credo che in molti di quelli che abbiano vissuto o ancora vivono all’interno del paese (ndr Argentino e non solo) soffrono questo tipo d’esperienza cioè quella di avere una doppia vita (una famigliare e degli affetti e un’altra gay), nonostante che le menti si siano aperte tantissimo.
Ma non sempre questa apertura arriva alla gente dei paesini e delle piccole città dell’interno, in cui essere normalmente etero e conservatori (chi lo sa poi cosa vuol dire realmente), viene considerato normale. E essere diversi o richiamare l’attenzione è qualcosa che non viene consentito.
Condivido con voi la lettera di Luciano:
Ho letto la lettera di Facundo nel sito Boquitas Pintadas volevo dirgli che lo ammiro, perché nonostante mi sia successo qualcosa di simile mi ci è voluto moltissimo tempo a dire il mio vero nome. Venni a Buenos Aires a 23 anni, avendo vissuto tutta la mia vita all’interno con tutto questo che ciò implica.
Mi capitò d’avere genitori che avevano studiato in scuole conservatrici, questo non mi rendeva certo le cose più facili. Avere una famiglia numerosissima che abitava nei piccoli paesini dell’interno ancor meno.
Quindi il mio risveglio gay è stato tardivo e posso dire che fu felice. Fino a 16 anni pensavo sessualmente alle donne, però ammiravo gli uomini, senza connotazione sessuali. Ma a 17 anni questa ammirazione si è convertita in un’adorazione e poi attrazione fisica.
In ogni modo la mia vita personale e i miei circoli di amici erano mescolati (erano pochi amici intimi di entrambi i sessi ma di grande apertura mentale).
E io avendo in testa una confusione mentale e sessuale che in pochi riescono a capire mi sono dedicato anima e corpo allo studio e agli allenamenti di nuoto che erano le due cose che mi riuscivano meglio allora.
Passò un po di tempo a Buenos Aires nella facoltà di architettura alcuni compagni mi aprirono la mente in tutti i sensi.
Perché vi racconto questo, perché rimanevo un gay nascosto di provincia e dopo in un secondo tempo mi resi conto che anche io discriminavo “i froci aperti” che avevano fatto coming out.
Non li insultavo, però fuggivo da loro se mi avvicinavano, non mi sentivo parte di questo gruppo che sapeva ciò che voleva nella vita e io no, però soprattutto avevano amici e affetti vicini, nonostante si dichiarassero apertamente gay, io invece avevo il terrore di perdere i miei se facevo coming out.
Però a poco a poco da quando iniziai a frequentare alcune discoteche a Buenos Aires, pur avendo paura e terrore, lo ammetto, iniziai a conoscere gente. Gente di tutti i tipi: tipi troppo forti, aperti, simpatici, ma anche altri, checche isteriche che se ne approfittano dei gay ingenui e giovani.
Ancora oggi conservo buoni ricordi dopo 22 anni in cui presi l’iniziativa di andare in un bar gay, per la prima volta, grazie a un moroso che finì per diventare il mio primo grande amore e lo ricordo tuttora come una persona eccezionale. Onesto, gentile, divertente, virile e con una capacità incredibile di capire le altre persone.
Ancor oggi che non è più tra i vivi, lo sento sempre vicino a me.
E’ stato grazie a lui che ho imparato che dovevo vivere la mia vita senza paura, senza sotterfugi, senza ferire nessuno, senza mentire così per sport e senza cercare di aprofittarmi del prossimo. Sono rari gli uomini, così, sia tra gli etero che tra i gay.
Lo so ringrazio Dio di avermi fatto incontrare quel uomo, perché mi ha insegnato molto. Ovvio che la vita fa tanti giri, troppi. Tempo dopo mi sono legato a uno sciocco, di cui credevo di essermi innamorato e con lui ho trascorso molto tempo.
Tornando al tema della tua lettera di oggi mi viene in mente che ancora oggi un paio di amici mi chiamano con il soprannome che avevo a quel tempo.
In onore ai gay di provincia che ancora vivono una doppia vita, nonostante la mentalità sia avanzata moltissimo, e per tutto quello che abbiamo vissuto soprattutto per l’isolamento affettivo, credo che bisogna aprire le menti e usare internet per questo.
Ricordiamoci che alla fine degli anni Ottanta c’erano solo i telefoni fissi, non c’erano cellulari, ne internet. Se non utilizziamo questi mezzi tecnologici moderni: cellulari, internet, reti sociali sprechiamo un’enorme opportunità di salvare molti ragazzi dal suicidio o se non altro dalla morte sociale.
Tutti ci dobbiamo mettere a riflettere su questo, che ci piaccia o no tutti siamo parte della stessa società, all’interno della quale la convivenza affettiva dipende anche da tutti noi. Grazie per lo spazio in cui possiamo discutere le nostre opinioni.
Un abbraccio Luciano, cioé Caco.
Testo origionale: Ser gay y ocultarse bajo un pseudónimo