Chiesa cattolica e persone omosessuali, un dialogo da costruire insieme

Chiese e omosessualità un tema che può essere affrontato da varie angolature. Quasi sempre lo si affronta dal punto di vista dello “scontro” più che dell’ “incontro” ma soprattutto lo si affronta come se le si trattasse di due “entità” separate: le Chiese hanno nulla a che fare con l’omosessualità e l’omosessualità vive bene, anzi benissimo, senza le Chiese.
Ma sappiamo ben che non è così non per questioni teologiche o dottrinali ma semplicemente perché l’omosessualità è, come ricorda spesso un teologo cattolico nostro carissimo amico, uno dei modi di essere al mondo e quindi un elemento di questo mondo con cui le Chiese debbono convivere, lo vogliano o no.
E’ un dato di fatto che quando si parla di Chiese, ma soprattutto di Chiesa cattolica, ci si riferisce quasi esclusivamente al suo Magistero, ossia a quelle persone che dovrebbero avere il compito di dare delle linee guida per tutti i fedeli. Questa differenziazione è una difficoltà che i cattolici hanno e che si presenta quasi sempre in tutti gli interventi orali o scritti.
Sappiamo però che proprio il Vaticano II ha operato quella che per molti è parsa una vera e propria rivoluzione copernicana ossia si è passati, purtroppo a volte solo sulla carta, da una Chiesa vista come “società perfetta” e come tale ben strutturata gerarchicamente, ad una Chiesa “popolo di Dio” in cui la gerarchia dovrebbe avere un ruolo prevalentemente di guida e di aiuto per far maturare la fede dei fedeli. Proprio da questa proposta conciliare mi vengono in mente alcune considerazioni.
In tutti questi anni i gruppi di gay credenti si sono spesso scontrati, più che incontrati, col magistero. Un magistero fermo in difesa di posizioni conservatrici, per motivi che ben conosciamo e che sarebbe lungo ora elencare e trattare.
Se ci sono stati momenti di incontro questi si sono avuti al di fuori dell’ufficialità sottolineando così l’esistenza di due mondi “diversi”: quello delle regole e quello della prassi.
Ma se spesso le regole nascono a tavolino, la prassi nasce dal contatto diretto con le persone, con le loro difficoltà, i loro errori, con , per usare un termine “cattolico”, i loro peccati. Di fronte a questi “peccati “ occorre dire che molti fra quelli che hanno il compito di tradurre le indicazioni magisteriali in comportamenti pastorali, sanno come comportarsi, sanno da che parte stare anche se spesso l’ignoranza e la paura li portano ancora a fare troppi distinguo ed a trattenersi dall’osare di più.
Allora se vogliamo far sì che il rapporto Chiese e omosessualità ed in particolare, Magistero e omosessualità, diventi sempre più un incontro ossia confronto di idee diverse senza che uno pretenda a tutti i costi che l’altro cambi idea, dobbiamo puntare soprattutto sulla sensibilizzazione e sull’informazione di tutte quelle persone che sono alla base delle nostre comunità.
Le grandi riforme all’interno della Chiesa (parlo sempre di quella cattolica) e penso ad esempio alla riforma liturgica, non sono state preparate da incontri di cardinali, vescovi, teologi etc. ma da gruppi di persone che in sordina e quasi di nascosto, hanno gettato le basi, hanno gettato dei semi di questi cambiamenti, semi che prima di far crescere le piante e produrre fiori e frutti hanno sviluppato una grande quantità di radici e resa ben salda la pianta.
Ecco perciò che diventa comprensibile l’importanza dei gruppi di gay credenti. Ma occorre stare attenti perché è sempre presente il rischio della chiusura, del piccolo gruppo, della piccola chiesa particolare che per evitare la possibilità di uno scontro, spesso necessario da ambo le parti, esclude la possibilità dell’incontro scegliendo soluzioni più appaganti e sicure.
Anche per Pietro, Giacomo e Giovanni era più bello e più comodo fare tre tende per Gesù, Mosè ed Elia e starsene beati a contemplare quel bellissimo spettacolo ma Gesù si è buttato alle spalle la trasfigurazione e li riportati in mezzo alle difficoltà quotidiane, sino alla croce prima ed alla risurrezione poi.
In conclusione credo che oggi, senza scartare a priori opportunità e possibilità di un lavoro ad un livello più alto, sia più proficuo lavorare in mezzo agli omosessuali ed in mezzo alle nostre comunità cogliendo i segni di disponibilità che spesso vengono da queste ed anche da certi esponenti del Magistero, dando il giusto valore agli interventi “dall’alto”e ricordandoci che tutti abbiamo il dovere di aiutarci a vicenda per capire meglio le reciproche difficoltà e per trovare soluzioni comuni.
Si tratta di un lavoro lento e che a volte pare non dare risultati ma, e permettetemi un’altra citazione: “c’è chi semina e chi raccoglie” ma nessuno potrà raccogliere senza il lavoro ed il sacrificio di chi semina.