L’impatto dello stigma e della discriminazione nella prevenzione dell’AIDS
Testo di John Fisher, Ralf Jürgens, Anne Vassal e Robert Hughes del Réseau juridique canadien (Canada) del marzo 1999, liberamente tradotto da Piero
L’omofobia e la discriminazione nuocciono anche alla prevenzione dell’HIV e dell’AIDS, sopratutto quando sono percepiti come una malattia essenzialmente dei gay. Per questa ragione, possono prevalere percezioni erronee di quali sono i reali rischi di trasmissione dell’HIV.
Una persona che non si considera parte della “popolazione o dei gruppi vulnerabili” avrà una falsa impressione di sicurezza. Cerchiamo perciò di vedere come lo stigma sociale e la discriminazione influenzano la lotta all’HIV e all’AIDS.
Per il passato…
Anche se rappresenta una minaccia chiara e enorme per la salute pubblica, l’HIV/AIDS ha ricevuto meno attenzioni e ha suscitato più reazioni ambivalenti dei governi di ogni altra urgenza pubblica di proporzioni simili. Per parecchi anni, all’inizio dell’epidemia, la reazione della sanità pubblica è stata molto disuguale (anzi inesistente in alcune regioni del Canada). Ciò era dovuto in gran parte all’associazione dell’HIV/AIDS ai maschi omosessuali e ad altri gruppi detti “a rischio” e stigmatizzati.
È solo dopo aver diagnosticato la malattia in individui non appartenenti a questi gruppi che la copertura mediatica ha preso uno slancio e i governi hanno cominciato a destinare del denaro al problema.
Nel Rapporto finale della Commissione d’inchiesta sull’approvvigionamento di sangue in Canada, il giudice Krever ha documentato come, nella maggior parte delle province, gli alti responsabili della sanità pubblica erano reticenti, in parte a causa dell’orientamento sessuale dei richiedenti, a concedere denaro per l’educazione sull’HIV/AIDS che organizzavano gruppi gay e lesbici. I governi non volevano riconoscere il problema, ancora meno parlare di attività come le relazioni anali, che consideravano vergognose. La stigmatizzazione delle pratiche sessuali tra partner dello stesso sesso e dell’identità “gay” erano ostacoli enormi a ogni tentativo di raggiungere i gay per informarli sull’HIV.
E oggi…
L’omofobia continua a riguardare le reazioni governative e istituzionali davanti all’HIV/AIDS. Lo si può osservare dai seguenti punti di vista. L’impegno – Poiché l’HIV/AIDS tocca soprattutto popolazioni marginalizzate, i governi sono meno impegnati contro l’epidemia. Dopo più di 15 anni, si ha ampiamente l’impressione che una delle principali ragioni per cui l’HIV/AIDS assume sempre meno importanza, nelle priorità politiche, è che continua a colpire un numero sproporzionato di gay, di tossicodipendenti e di membri di altre minoranze.
I fondi ai livelli provinciale e federale – Il fatto che l’HIV/AIDS tocchi soprattutto popolazioni marginalizzate fa fallire la volontà dei governi provinciali e federale di accordare fondi riservati e sufficienti alle attività legate all’HIV/AIDS.
Il paragone con altre malattie – Paragoni ingannevoli e fuori luogo, con altre malattie come il cancro, sono invocati da quelli che pretendono che i fondi per la lotta contro l’AIDS sono sufficienti o troppo rilevanti.
Un’analisi attenta mostra che questi paragoni sono lacunosi: l’HIV/AIDS, che è una malattia evitabile, è spesso paragonata a malattie che non lo sono; in molti casi, il finanziamento totale della Strategia per l’AIDS, che ingloba i sussidi alla prevenzione, è paragonato ai bilanci di ricerca su altre malattie, che prescindono dal denaro investito nella prevenzione che può provenire da altri bilanci.
La dis-omosessualizzazione dell’AIDS – I governi hanno cominciato ad assegnare fondi più consistenti alla lotta contro l’HIV/AIDS solo quando l’epidemia ha cominciato a toccare persone non appartenenti ai gruppi “a rischio” abituali.
Del resto, gli sforzi sono imperniati su questi altri gruppi in modo sproporzionato, ciò lascia i gay alle prese con tassi di nuove infezioni ancora molto elevati, ma relativamente pochi finanziamenti per i loro sforzi di prevenzione. Il finanziamento assegnato alla ricerca, all’educazione e alla prevenzione a favore dei gay non ha mai raggiunto un livello accettabile e proporzionato al tasso d’infezione tra costoro.
I sistemi scolastici – Il rifiuto di numerose scuole di dare ai giovani dell’educazione riguardo l’omosessualità e le sessualità gay e lesbica è un esempio dell’effetto dell’omofobia sulla capacità dei giovani gay e lesbiche di proteggersi contro l’HIV.
I sistemi carcerari – Il rifiuto di parecchie prigioni provinciali (e fino al 1992, anche federali) di fornire dei preservativi ai detenuti è in parte collegato al rifiuto di “tollerare l’attività omosessuale”. Di conseguenza, i detenuti e i loro partner all’esterno delle prigioni sono esposti al rischio di contrarre l’HIV.
L’ambiente di lavoro – Poiché parecchi datori di lavoro non hanno ancora politiche vietanti esplicitamente la discriminazione fondata sulla sieropositività e sull’orientamento sessuale, i maschi gay sono reticenti a divulgare la loro sieropositività perché temono di essere identificati come gay e sieropositivi.
Le ripercussioni nell’insieme della popolazione
L’omofobia e la discriminazione nuocciono anche alla prevenzione dell’HIV nell’insieme della popolazione, dove l’HIV/AIDS è ancora percepito come una malattia essenzialmente gay. Le conseguenze sono numerose. Nell’animo popolare, l’HIV/AIDS è associato alle popolazioni che colpisce più gravemente, piuttosto che ai comportamenti a rischio che causano la sua trasmissione. Per questa ragione, possono prevalere nel grande pubblico percezioni erronee di quelli che sono i rischi reali di trasmissione dell’HIV.
Una persona che non si considera come facente parte delle “popolazioni o gruppi vulnerabili” avrà una falsa impressione di sicurezza. L’associazione tra l’HIV/AIDS e l’omosessualità nuoce agli sforzi di certe comunità, diverse dalle gay, nei loro tentativi per elaborare le loro reazioni all’epidemia.
Lo stigma associato all’omosessualità complica l’impresa di altri individui e comunità di riconoscere pubblicamente che sono colpiti dall’HIV/AIDS. La gente tenta di evitare di essere associata a una malattia che, nel suo animo o in quello di altre persone, è una malattia di “gay”.
Raccomandazioni
La Strategia canadese sull’HIV/AIDS (SCVS, Stratégie Canadienne sur le VIH/Sida – N.d.T.) deve riconoscere l’ampiezza storica e attuale dell’epidemia di HIV e dei suoi effetti tra i maschi gay e assicurare che i sussidi ai programmi di lotta contro questa epidemia siano proporzionali a questa ampiezza e al suo impatto.
La SCVS dovrebbe chiaramente prefiggersi delle maniere con cui lotterà contro l’epidemia di HIV che continua tra i maschi gay, in politiche e programmi concernenti i diritti della persona e la discriminazione, l’educazione del grande pubblico, la prevenzione della trasmissione dell’HIV, lo sviluppo comunitario, le cure, i trattamenti e il sostegno, la sorveglianza epidemiologica come la ricerca.
L’informazione presentata in questa collana di pubblicazioni è tratta da “Questioni giuridiche concernenti i gay e le lesbiche nel contesto dell’HIV/AIDS: rapporto finale”, preparato da John Fisher, Ralf Jürgens, Anne Vassal et Robert Hughes, per la Rete giuridica canadese HIV/AIDS e la Società canadese dell’AIDS (1999).
Testo originale: L’impact du stigmate et de la discrimination