Suor Forcades: il “Miserando atque eligendo” di papa Francesco
Riflessioni di suor Teresa Forcades i Vila*, pubblicato sul sito Catalunya Religió (Spagna) il 22 aprile 2025. Liberamente tradotte dai volontari del Progetto Gionata.
Francesco è morto nell’anno giubilare della speranza, indetto a venticinque anni dal Grande Giubileo con cui papa Giovanni Paolo II volle celebrare l’inizio del terzo millennio cristiano.
Eppure già nel 2015, papa Francesco aveva indetto un altro anno giubilare. Era un giubileo straordinario, pensato per commemorare i cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II. Lo dedicò alla Misericordia di Dio.
«Una donna e Gesù si incontrano. Lei è un’adultera e, secondo la Legge, meritevole della lapidazione; lui, con la sua predicazione e con il dono totale di sé che lo condurrà fino alla Croce, ha riportato la legge mosaica al suo significato originario e autentico.
Al centro non c’è la legge o la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere il cuore di ogni persona per comprenderne il desiderio più nascosto. Questo amore deve avere la priorità su ogni altra cosa». (Misericordia et misera, 1, 2016)
Al centro, dunque, non stanno la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio. Questo è il cuore della predicazione di Gesù, il nucleo vivo della Buona Notizia annunciata dai profeti della Bibbia e ribadita con forza da san Paolo: «perché la lettera uccide, ma lo Spirito dà vita» (2Cor 3,6).
Il termine ‘legalismo’ compare raramente nei discorsi pubblici di Francesco, ma il papa ha parlato spesso contro i “dottori della legge”: coloro che costruiscono sistemi chiusi di norme e giustificazioni per placare la propria insicurezza esistenziale, per poi imporli agli altri senza alcuna misericordia, nel nome di Dio.
Questo tema era frequente nelle sue omelie quotidiane a Santa Marta, soprattutto nei primi anni del pontificato.
In un’omelia del gennaio 2015, Francesco disse che quei dottori della legge si vantano della propria sicurezza dottrinale, “ma sono sicuri come lo è un uomo o una donna rinchiusi dietro le sbarre della loro cella: è una sicurezza senza libertà”.
In un’altra omelia del 2016, disse che coloro che pongono la legge al centro della propria vita sono prigionieri, ipocriti o malati. Citando liberamente Matteo 21,15, affermò: “Andate in giro per il mondo a fare un proselito e, quando l’avete fatto, lo rendete uno schiavo” (omelia di maggio 2016). Voltaire e Nietzsche non avrebbero potuto essere più d’accordo!
Contro l’aridità dello sguardo legalista e chiuso, Francesco proclamava: “Tu sei giusto perché Dio ti si è avvicinato, perché Dio ti accarezza e ti dice parole belle con tenerezza” (omelia dell’11 dicembre 2014).
Che cambiamento radicale! Essere giusti non perché si fa “la cosa giusta”, ma perché si è amati, totalmente e gratuitamente – come un bambino tra le braccia della madre – e perché si è perdonati.
Questa fu l’esperienza di fede di Jorge Bergoglio. Un’esperienza personale vissuta all’età di diciassette anni, che volle riflettere nel motto scelto quando fu nominato vescovo e poi confermato una volta eletto papa: Miserando atque eligendo. “Provando compassione, lo scelse”.
Sono parole tratte da un’omelia del monaco benedettino inglese del VII secolo Beda il Venerabile. Si riferiscono alla scena evangelica in cui Gesù sceglie Matteo perché lo segua. Matteo era un pubblicano, cioè un esattore delle tasse. Gli esattori delle tasse collaboravano con il dominio militare romano sul popolo ebraico in cambio di vantaggi economici e privilegi personali.
Erano considerati peccatori pubblici, odiati dal popolo. E Gesù sceglie proprio uno di loro come discepolo?
Miserando atque eligendo. Provando compassione, lo scelse.
Credo che questa sia l’esperienza di fede che sta alla base dell’insistenza di papa Francesco sul non giudicare.
*Teresa Forcades è una teologa, monaca benedettina e attivista catalana. È nota per i suoi scritti su femminismo, teologia e spiritualità.
Testo originale: En la mort del papa Francesc