Quattro cose che i cattolici devono sapere sulle persone transgender
Articolo di Luisa Derouen* pubblicato sul sito di Outreach (USA) il 28 luglio 2022, liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata
La prima volta che Dawn venne a trovarmi era nervosa. Ma dopo un po’ cominciò a rilassarsi e mi raccontò la sua storia. Parlava e parlava, senza mai prendere un boccone del pasto che aveva davanti. Non dimenticherò mai la sua risposta quando la incoraggiai a mangiare: «Non ho fame di cibo. Ho fame di essere vista per quello che sono. Ho fame di essere ascoltata e non giudicata».
Per oltre vent’anni, nell’ambito del mio ministero con loro, ho pregato affinché le persone transgender fossero viste dagli altri come le vedo io e, cosa molto più importante, che fossero viste come le vede Dio.
Le persone transgender sono quello che dicono
Durante il periodo di sviluppo fetale, il cervello e i genitali di una persona si formano grazie all’influenza degli ormoni in vari momenti della gestazione. Per la maggior parte di noi, questi sono allineati, il che significa che i nostri genitali corrispondono a come ci identifichiamo dal punto di vista del genere. Tuttavia, per circa l’1% della popolazione, non c’è corrispondenza.
Nel tentativo di spiegare questa incongruenza tra corpo e cervello, non è raro che le persone transgender dicano di “sentirsi” un uomo o una donna. Sfortunatamente, questa affermazione è stata spesso fraintesa e riferita a percezioni basate sull’emotività e ha portato all’accusa che le persone transgender scelgano di agire in base a sentimenti superficiali o capricci. Niente di più sbagliato.
Essere transgender non è affatto una scelta. Ciò che le persone transgender esprimono è il segnale cerebrale che ricevono e che definisce la loro percezione interna di identità di genere. Sebbene ci siano molte cose che ancora non capiamo sull’essere transgender, esistono numerose evidenze mediche attendibili che attestano la realtà delle esperienze delle persone transgender.
Uno dei principi fondamentali della narrazione prevalente è che le persone transgender sono deliranti e “peccano” affermando di essere transgender e, di conseguenza, soffrono di depressione, rottura delle relazioni, dipendenze, autolesionismo e suicidio. Ciò di cui sono stata testimone nella mia attività pastorale centinaia di volte, da vicino e di persona, è che le persone transgender sperimentano tutto questo perché cercano di sopprimere ciò che sono, e a causa del rifiuto pervasivo che avvertono da parte di coloro che danno un senso alla loro vita.
Ma quando prendono la decisione di vivere nella verità e nell’integrità di tutte le loro componenti, riconosco la ricchezza dei doni dello Spirito in loro: più pace, gioia, compassione, saggezza, libertà interiore e capacità di ricevere e offrire amore genuino.
La transizione è un viaggio spirituale
Una volta un frate francescano sentì san Francesco d’Assisi dire in preghiera: «Chi sei tu, mio Dio, e chi sono io?». Questa è la domanda spirituale fondamentale, per rispondere alla quale è necessaria l’intera vita. È estremamente difficile essere in relazione con l’altro e allo stesso tempo nascondersi da sé stessi. Che si usi o meno il linguaggio della spiritualità, quando cerchiamo di vivere nella verità della nostra vita, ci avviciniamo a Dio. E lo stesso vale per le persone transgender.
Sono stata testimone dell’incredibile coraggio e fede delle persone transgender nel cercare di vivere una vita autentica e onesta. È ciò che chiamiamo trasformazione in Dio, una conversione di vita. Nel percorso di vita che compiamo per essere integri e santi, tutti noi attraversiamo in qualche modo le stesse fasi. Passiamo molti anni a dare un senso a chi siamo e a come viviamo.
Ma ci sono momenti in cui la narrazione della nostra vita viene messa in discussione in maniera decisiva, ed è allora che facciamo l’esperienza della crisi. I nostri precedenti punti di vista cominciano a crollare. Gradualmente, iniziamo a vivere una vita più autentica. Questo vale anche per le persone transgender, ma per loro è molto più impegnativo.
La descrizione comune della loro esperienza è che gli altri li vedono in un genere e loro si sperimentano in un altro genere. Anche se spesso passano anni a cercare di essere chi gli altri si aspettano e affermano che loro siano, non riescono a liberarsi dalla misteriosa consapevolezza che la loro reale identità è un’altra, e né loro né nessun altro può cambiarla. Una persona transgender di nome Taylor mi diceva spesso: «Preferisco che mi si odi per quello che sono piuttosto che mi si ami per quello che non sono».
Di solito, attraverso la preghiera assidua e anni di duro lavoro per conoscere se stessi, le persone transgender arrivano a sapere che non possono più fingere di essere qualcuno che non sono. Così, a rischio di perdere la famiglia, gli amici, la carriera e la comunità di fede, affermano apertamente la loro verità.
Sara, una concertista, mi ha raccontato: «Nei due anni e mezzo tumultuosi che hanno seguito la mia decisione di transizione, gli amici mi hanno abbandonato, le date dei concerti sono svanite e ho perso il mio lavoro di insegnante». Per dirla con le parole del filosofo Søren Kierkegaard: «La forma più comune di disperazione è non essere chi si è».
A poco a poco, man mano che le persone transgender procedono nel loro itinerario attraverso le dolorose e complesse fasi di transizione, uniche per ogni persona, l’odio verso se stessi viene sostituito dall’amore per se stessi, i dubbi verso se stessi vengono sostituiti dalla fiducia in se stessi. Hanno compiuto il passaggio da ciò che era mortale a ciò che ora può essere vivificante.
Chris lo ha espresso in questo modo: «Sul mio “cuscino di meditazione” ho pianto delle lacrime indistinte di dolore o di gratitudine. Ho avvertito che la mia interiorità era più grande del mio corpo e ho detto alla Presenza Divina: ‘Ti stavo cercando’. E in quel momento ho capito che non ero stata l’unica persona a cercare. Dio stava dicendo a me le stesse parole».
Noi cattolici possiamo essere di aiuto per le persone transgender
Le persone transgender, molte delle quali sono cattoliche battezzate, fanno parte del Corpo di Cristo come tutti noi. Abbiamo la responsabilità e il privilegio di camminare a fianco a loro nel loro percorso di ricerca della verità della loro vita. Come ci ricorda spesso papa Francesco, siamo chiamati ad accompagnare tutti coloro che cercano Dio. Tuttavia, non possiamo accompagnare le persone e allo stesso tempo rifiutarci di credere a ciò che dicono riguardo all’esperienza della loro vita.
Inoltre, crediamo che la nostra vita debba essere modellata sulla vita della Trinità. La nostra ricca teologia spirituale della Trinità parla della reciproca relazione d’amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che sono un unico essere e tuttavia persone distinte. Le relazioni d’amore sono al centro del modo con cui immaginiamo la realtà di Dio. Se vogliamo conformarci alla vita della Trinità, perché essere molti e uno nelle relazioni d’amore dovrebbe fare così paura?
Inoltre, lo sviluppo della dottrina e il primato della coscienza sono insegnamenti cattolici ben consolidati. Il Concilio Vaticano II ha chiarito che le azioni di Dio nella nostra vita sono rivelate non solo dalle Scritture e dalla tradizione della Chiesa, ma anche dagli sviluppi della scienza e soprattutto dalla testimonianza delle esperienze vissute dalle persone. È proprio la fedeltà a ciò che Dio rivela nella nostra vita a indicare come sviluppare gli insegnamenti che guidano la nostra fede.
Le persone transgender hanno molto da insegnarci
Ci vogliono umiltà e coraggio per uscire dalla nostra zona di comfort e imparare da persone la cui vita sembra diversa dalla nostra, o la cui vita mette in discussione le nostre convinzioni di lunga data su Dio e su chi siamo come esseri umani. Ma questo è ciò che significa essere persone mature, umanamente e cristianamente.
Molte persone transgender hanno sperimentato una discriminazione profonda e prolungata e un netto rifiuto da parte della Chiesa cattolica, eppure rimangono fedeli a una Chiesa che non è fedele a loro. Nonostante tutto, restano e continuano ad aiutarci a comprendere la loro realtà. Possono insegnarci molto sull’impegno a vivere con integrità. Possono anche insegnarci la fedeltà a Dio e alla nostra comunità di fede.
Molte persone transgender hanno imparato la saggezza che deriva dal lasciar andare ciò che non possono controllare, lasciando perdere i beni materiali e gli onori mondani. Possono insegnarci come essere in pace e soddisfatti di ciò che conta di più nella vita: vivere con integrità.
In tutti i Vangeli, Gesù ci mette davanti persone e circostanze che rivelano il Regno di Dio in modi inaspettati. Le persone transgender ci sfidano ad allargare la cerchia di coloro che riteniamo possano essere il riflesso di Dio nel nostro mondo. Ci sfidano a vivere in base a ciò che diciamo di credere: che ogni persona è la dimora di Dio. Il nostro fratello benedettino, John Main, lo ha detto bene: «C’è davvero un solo mistero, una sola verità, una sola sofferenza, un solo amore, una sola vita e si sta solo manifestando in forme diverse».
Vorrei concludere con un’affermazione del cardinale Wilton Gregory a un uomo transgender nel 2019, perché è la posizione che tutti noi dovremmo assumere nei confronti di tutte le persone che sono preziose agli occhi di Dio. Durante un incontro di teologia, Rory chiese al cardinale se ci fosse un posto per lui e per i suoi amici queer nella Chiesa.
Il cardinale Gregory rispose: «Voi appartenete al cuore di questa Chiesa. Non c’è nulla che possiate fare o dire che vi strapperà dal cuore di questa Chiesa».
*Luisa Derouen O.P. è una suora domenicana della pace e svolge la sua attività pastorale a livello nazionale tra la comunità transgender dal 1999.
Testo originale: Four things Catholics need to know about transgender people