«Le mie appello al Sinodo italiano come ex seminarista gay: la Chiesa cattolica non escluda»
Intervista di Fabrizio Caccia pubblicato sul quotidiano Il Corriere della Sera il 5 aprile 2025
Rosario Lo Negro, 27 anni, studente di Filosofia all’Università San Raffaele di Milano, membro del Comitato nazionale del cammino sinodale e dell’associazione «Progetto Giovani Cristiani Lgbtq+», è uno dei 51 laici intervenuti in Vaticano contro il documento finale del Sinodo, poi ritirato dall’assemblea e rinviato al prossimo ottobre.
Ha avuto un bel coraggio.
«Martedì mattina, nell’Aula Paolo VI, mi tremavano le gambe: ero il primo iscritto a parlare, avevo mille delegati davanti e a due passi il cardinale Matteo Zuppi e l’arcivescovo Erio Castellucci, seduti al tavolo della presidenza del Sinodo della Cei, che mi fissavano in silenzio.»
Eppure…
«Avevo due minuti a disposizione per l’intervento, così ho dovuto stringere, ma quello che volevo dire l’ho detto. Dopo 4 anni di lavori preparatori, arriva la Proposizione numero 5 e leggo: “Accompagnamento delle persone in situazioni affettive particolari”. Cioè io sarei in questa brutta situazione, secondo loro?»
È ironico?
«Ma perché non chiamare le persone Lgbtq+ per nome? Noi siamo dentro la Chiesa, non siamo fuori. Abbiamo bisogno di riconoscimento, partecipazione. E non c’è alcuna necessità di accompagnarci, perché siamo capacissimi di muoverci da soli. Io stesso ho partecipato a tanti ritiri, momenti di preghiera e di formazione insieme a medici, teologi, psicologi.»
Si è sentito ferito?
«Ferito no, perché ormai ci ho fatto il callo alla terminologia ecclesiale. Anche papa Francesco, quando ha parlato di “frociaggine”, se la poteva risparmiare. Ci sono rimasto male, questo sì, come davanti al Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica di Benedetto XVI che lessi a 13 anni: là si parlava degli atti omosessuali come “intrinsecamente disordinati”.
Parole molto dure, tanto che mi chiesi se mi trovavo nel posto sbagliato, se la mia condizione fosse sbagliata. Così, anni dopo, entrai pure in seminario ad Agrigento per cercare una risposta ai miei dubbi. Era il 2017, ma mi trovai dentro un nuovo incubo chiamato “terapie riparative o di conversione”. Insomma, mi volevano “guarire”! Lasciai il seminario.»
La sua storia fu ripresa anche dalla Bbc.
«Ecco perché dico che quasi 10 anni dopo mi aspettavo ben più di un paternalistico “accompagnamento”, concetto che torna pure nella Proposizione numero 3 per le persone con disabilità. E delle donne, vogliamo parlarne?»
Parliamone.
«Le donne nella vita delle parrocchie sono una maggioranza, non una minoranza. Ci sono più catechiste che catechisti, eppure nei ruoli di responsabilità vengono chiamati quasi sempre gli uomini. Anche sugli abusi, poi, nel documento si sono spese poche parole irrilevanti.
Mai ci si riferisce alla responsabilità ecclesiale del mancato risarcimento delle vittime, del silenzio omertoso e della copertura degli abusatori. Si pone l’accento invece su strumenti parziali e inefficienti, che non suscitano la fiducia di chi è stato abusato, me per primo.»
Parole gravi.
«Eppure sono stato applaudito e così, se ero entrato deluso, me ne sono andato via con una coscienza diversa, perché la Chiesa alla fine ha recepito in pieno la sinodalità di papa Francesco. Il documento è stato ritirato ed è bello, da laico, sentirmi oggi corresponsabile delle scelte che la Chiesa può fare.»