Sfogliando le pagine di “Sono gay e mi conosco”
Recensione a cura di Innocenzo Pontillo
“Sono gay e mi conosco” (2025, 85 pagine) è un libro che colpisce subito per la sua schiettezza, un vero e proprio viaggio interiore che l’autore condivide senza filtri.
La sensazione che si ha leggendolo è quella di entrare nella mente di qualcuno che ha vissuto sulla propria pelle il percorso di auto-scoperta dell’omosessualità, con tutto il carico di dubbi, paure, contraddizioni e finalmente accettazione.
È un racconto intimo che mette a nudo non solo le emozioni, ma anche le dinamiche psicologiche e sociali che spesso accompagnano il coming out e la formazione dell’identità di Lorenzo Vecchiotti, classe 1996, che collabora come social media con il gruppo di credenti LGBT+ Il Ramo del Mandorlo di Roma.
Uno degli aspetti più forti di “Sono gay e mi conosco” è il modo in cui descrive il primo impatto con la consapevolezza di essere gay. L’autore racconta come, fin da piccolo, l’eterosessualità gli sia stata imposta come unica possibilità, senza nemmeno essere messa in discussione. “L’omosessualità è l’ultima cosa che mi aspetto da me stesso” scrive, raccontando di come sin dall’infanzia “vengono alimentate su di me aspettative eterosessuali, come le domande ‘ce l’hai la fidanzatina?’ sin dalla tenera età”.
Crescere in un mondo che dà per scontato che si amerà qualcuno dell’altro sesso significa trovarsi, prima o poi, a fare i conti con un senso di estraneità, quando le cose iniziano a prendere una piega diversa.
Il percorso di accettazione personale è descritto con estrema lucidità: il rifiuto iniziale, il senso di colpa, la ricerca disperata della normalità, il tentativo di reprimere ciò che non si può controllare. “Non la voglio, non l’ho cercata, non l’ho voluta, è un problema, me ne devo liberare” scrive Lorenzo, dando voce a quel tormento interiore che molte persone LGBT+ possono riconoscere.
Il suo raccontarsi mette in luce quanto il contesto culturale influisca sulla percezione di sé, rendendo l’omosessualità qualcosa da spiegare e giustificare, piuttosto che una realtà naturale e spontanea.
Un altro punto interessante è l’analisi che fa dell’attrazione sessuale. Non si limita a dire “mi piacciono gli uomini”, ma cerca di scavare a fondo nel perché e nel come nasce il suo desiderio. Qui il discorso si fa molto dettagliato, a tratti quasi scientifico, analizzando il ruolo della virilità, della dominanza e della resa nel rapporto tra due uomini.
È una parte del libro che può risultare spiazzante, perché mette in discussione la visione più romantica dell’amore omosessuale e mostra quanto spesso le dinamiche sessuali siano influenzate da modelli eterosessuali interiorizzati. “Le fantasie e i desideri che ho descritto finora rivelano come la relazione e il rapporto sessuale omosessuale siano spesso inconsciamente modellati sull’imitazione del rapporto eterosessuale” scrive.
Ma il libro non si ferma alla semplice analisi di questo schemi, ma li decostruisce riflettendo su quanto i ruoli di genere siano profondamente radicati anche all’interno della comunità LGBTQ+. La sua riflessione sulla differenza tra il desiderio di essere “pari” in una relazione e il bisogno di stabilire gerarchie di potere è sicuramente uno degli spunti più originali del libro.
Le parti più autobiografiche sono quelle che danno più forza al racconto. Il percorso del protagonista è descritto senza filtri, con episodi che vanno dall’infanzia all’adolescenza, passando per la scoperta del desiderio, il coming out e il confronto con la famiglia.
È impossibile non empatizzare con l’autore che scrive una lettera ai genitori con cui cerca di spiegare chi è, solo per vedersi rispondere con un silenzio carico di negazione. “Mi odiavo. Sapevo di dovermi odiare. Sentivo di dovermi odiare e lo scrissi, per far star meglio i miei genitori ed evitare che mi manifestassero loro dell’odio” confessa l’autore, descrivendo il dolore del non essere creduto, il tentativo dei genitori di rimuovere la questione come se fosse un capriccio passeggero, il senso di solitudine che ne deriva. Sono momenti che chiunque abbia vissuto un coming out difficile può riconoscere e sentire propri.
Anche il rapporto con la fede è trattato con grande profondità. L’autore affronta il conflitto tra spiritualità e omosessualità, il tentativo di “correggersi” attraverso la religione e la lenta presa di coscienza che non c’è nulla da correggere. “In un momento della mia vita mi sono volontariamente sottoposto ad esorcismi per circa un anno per ricevere aiuto” racconta, testimoniando il peso che la religione può avere nel far percepire la propria sessualità come un difetto da eliminare. È una parte che può risultare particolarmente toccante per chi ha vissuto in ambienti religiosi e si è sentito diviso tra la propria identità e il bisogno di essere accettato da Dio.
Se c’è un elemento che può lasciare perplessi è il modo in cui l’autore tratta la questione dei ruoli di genere. È una visione che, per quanto possa rispecchiare il suo vissuto personale, rischia di essere un po’ limitante per chi ha un’idea più fluida dell’identità sessuale.
Tuttavia, lo stesso autore sembra consapevole di queste categorizzazioni e le mette in discussione man mano che il libro procede, aprendo la strada a una riflessione più ampia sulla costruzione dell’identità omosessuale nella società.
“Sono gay e mi conosco” è un libro che cerca di raccontare la realtà di un giovane gay cristiano senza edulcorarla. Non è un manifesto militante, ma un racconto onesto di cosa significhi scoprire e accettare se stessi in un mondo che ancora oggi fatica ad accogliere la diversità.
È una lettura che può aiutare chi sta affrontando un percorso simile, ma anche chi vuole comprendere meglio le sfide che una persona omosessuale deve affrontare nel costruire la propria identità.
Non è un libro perfetto: ha alcune rigidità concettuali e a volte scende in dettagli che potrebbero non essere necessari, ma la sua autenticità e il suo impatto emotivo lo rendono sicuramente una lettura degna di attenzione.