Sulla bocciatura della legge sull’omofobia gli avvocati della Rete Lenford affermano “incostituzionalità inesistente”

Ieri, 13 ottobre 2009, la Camera dei Deputati ha votato, approvandola, una pregiudiziale di costituzionalità presentata dall’UDC contro il testo unificato, concernente l’introduzione della circostanza aggravante inerente all’orientamento o alla discriminazione sessuale.
Accogliendo con un sì l’approvazione della pregiudiziale, la Camera ne ha fatto proprio il contenuto. Tuttavia le supposte violazioni delle norme costituzionali indicate nella pregiudiziale, che di seguito si specificano, sono inesistenti.
Questa affermazione è del tutto incongruente ed errata.
Infatti, nel suo significato semantico l’espressione “orientamento sessuale” non corrisponde a nessuno dei fenomeni sopra elencati, essendo una condizione personale ascritta e avendo una sua precisa definizione scientifica come attrazione emotiva, romantica e/o sessuale verso una persona del proprio sesso o del sesso opposto.
Neppure nel suo contenuto legislativo, la dizione “orientamento sessuale” può dirsi comprensiva delle sopra menzionate condotte erotiche che invece non sono condizioni personali ascritte, ma vengono fatte rientrare dalla scienza medica nella categoria dei disturbi del comportamento sessuale.
Peraltro, è proprio l’asserita arbitraria assimilazione tra “orientamento sessuale” da un lato, e condotte erotiche quali incesto, pedofilia, zoofilia ecc. dall’altro, che costituisce una disparità di trattamento del tutto irragionevole, e ciò perché, com’è evidente, l’orientamento sessuale è cosa ben diversa dalle predette condotte, che si caratterizzano tutte come indirizzate a specifiche categorie di soggetti che non possono catalogarsi in base all’orientamento sessuale.
Così, ad esempio, un pedofilo è tale in virtù dell’età della sua vittima, a prescindere dalla circostanza che la vittima abbia o meno il suo stesso sesso. Analogamente, un necrofilo è tale in virtù del fatto che la sua vittima è morta, cioè, ancora, a prescindere dalla circostanza che la vittima abbia il suo stesso sesso o quello opposto. Inutile dilungarsi sulle altre condotte.
Del resto, l’ordinamento italiano e sovranazionale già sanziona, con norme di natura penale, le condotte sopra elencate, che sono considerate dannose per la vittima, mentre protegge espressamente l’orientamento sessuale, per esempio contro le discriminazioni nei luoghi di lavori o nella definizione dei requisiti per lo status di rifugiato.
Risulta chiara ed evidente la confusione del legislatore, voluta o non voluta resta comunque il dubbio, nell’accomunare una condizione personale a dei comportamenti che nulla hanno in comune, ingenerando in ogni caso, proprio con tale sovrapposizione, una vera e propria discriminazione ai danni delle persone omosessuali.
Secondariamente, nella pregiudiziale approvata si sostiene che “chi subisce violenza, presumibilmente per ragioni di orientamento sessuale, riceverebbe una protezione privilegiata rispetto a chi subisce violenza tout court”.
Questa visione rispecchia proprio il problema che la proposta di legge presumeva di risolvere.
Infatti, la violenza per ragioni di orientamento sessuale non è mera violenza, ma è qualcosa di più o, se si vuole, qualcosa di diverso. In altre parole, nella violenza di stampo sessuale o omofobico la peculiarità di sesso (l’essere donna) o di orientamento sessuale (l’essere omosessuale) della vittima non è neutrale né rispetto al reato, del quale costituisce il fondamento, la motivazione e, in senso tecnico, il movente, né l’autore del reato stesso, che si trova in uno stato soggettivo di odio rispetto alla vittima.
Si vorrebbe far credere, nella mente degli estensori della questione pregiudiziale, che l’elemento soggettivo in capo all’autore del reato (“l’interiorità dell’animo” quale “autentico movente”), sarebbe difficilmente accertabile, e quindi di per sé contrario al principio di uguaglianza, perché irragionevolmente discriminatorio.
A questa visione basta rispondere che il codice penale ben conosce ipotesi di dolo specifico e che le difficoltà di accertamento del reato non possono, da sole, giustificare un rifiuto di tutela da parte del legislatore, che è chiamato, in virtù dei suoi doveri costituzionali, a porre fine alle discriminazioni e non ad alimentarle attraverso considerazioni di ordine pratico che la legge, invece, assegna sempre al giudice perché le risolva nel corso di un procedimento giudiziario, con gli strumenti che il diritto processuale mette a sua disposizione.
Quale ulteriore asserita motivazione di incostituzionalità della proposta di legge, basata sull’art. 25 della Costituzione, ed in particolare sul principio nullum crimen sine lege, mancherebbe una definizione dell’espressione “orientamento sessuale”, mancanza che renderebbe imprecisato l’oggetto dell’aggravante.
Si tratta, anche qui, di un’opinione del tutto incongruente, per le stesse ragioni evidenziate sopra e in più perché la nozione di orientamento sessuale è già presente nella legislazione penale italiana. Infatti dal combinato disposto degli articoli 10 e 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e dall’articolo 38 dello Statuto dei lavoratori risulta una fattispecie penale tra i cui elementi vi è proprio l’orientamento sessuale..
Infine, Avvocatura per i diritti LGBT si dichiara estremamente rammaricata dal fatto che è stata sollevata una questione pregiudiziale che, lungi dal dare seguito ai dubbi sollevati nella I Commissione permanente della Camera dei Deputati, ha invece inteso uccidere sul nascere qualsiasi dibattito in Aula, impedendo la discussione sulla proposta di legge presentata dall’On. Concia.
Avvocatura per i diritti LGBT, in conclusione, evidenzia che le censure di incostituzionalità sollevate dagli estensori della pregiudiziale risultano, a seguito di analisi, in realtà del tutto inesistenti e sembrano esprimere invece, surrettiziamente, la scelta politica degli estensori di impedire che il problema dell’omofobia sia affrontato anche attraverso l’introduzione di una tutela di legge penale.
Roma, 14 ottobre 2009.
Avv. Antonio Rotelli, Presidente Rete Lenford – Email info@retelenford.it