Come l’idea del “contagio sociale” ha condizionato la medicina nei confronti delle persone trans
Articolo di Ketil Slagstad* pubblicato su The New England Journal of Medicine, vol. 391, n.16, 24 ottobre 2024, pp. 1546-1551. Liberamente tradotto dai volontari del Progetto Gionata.
“Come l’idea del contagio sociale ha plasmato la medicina trans” (How the Idea of Social Contagion Shaped Trans Medicine) di Ketil Slagstad analizza come, fin dall’inizio del Novecento, il concetto di “contagio sociale” sia stato usato in medicina per descrivere l’identità trans come una sorta di moda che si diffonde, soprattutto tra i giovani. Questa idea ha giustificato restrizioni politiche e sanitarie, presentando la crescente visibilità delle persone trans come una minaccia sociale.
Slagstad mostra che non si tratta di un fenomeno nuovo: già negli anni ’50 i media venivano accusati di “trasmettere” il desiderio di transizione.L’”epidemia trans”, in medicina, è quindi una narrazione che trasforma un bisogno di cura e riconoscimento in un allarme pubblico. L’autore invita a superare questa logica e a considerare seriamente i vissuti delle persone trans, con ascolto e responsabilità.
L’epidemia trans: tra politica e medicina
Il mondo è attraversato da quello che alcuni definiscono lo “spettro di un’epidemia trans”. Questa espressione riflette il timore suscitato dalla crescente visibilità delle persone transgender e non conformi al genere e dalle loro richieste di riconoscimento. In risposta a questo fenomeno, politici, attivisti, ricercatori e professionisti della salute hanno cominciato a utilizzare il linguaggio delle epidemie e la metafora del “contagio sociale” per limitare i diritti delle persone transgender e l’accesso alle cure mediche per la transizione.
Da entrambe le sponde dell’Atlantico, l’accesso alla cura per la transizione per i giovani è stato progressivamente limitato. Ad agosto 2024, negli Stati Uniti, ben 26 stati – che ospitano due quinti dei giovani transgender del paese – hanno approvato leggi o politiche che limitano l’accesso a tali cure per gli adolescenti. In Europa, diversi paesi, tra cui di recente il Regno Unito, hanno ridotto l’accesso ai bloccanti della pubertà per gli adolescenti, privilegiando il supporto psicosociale o limitando l’uso dei trattamenti farmacologici a sperimentazioni cliniche.
Una vittoria della scienza?
Alcuni osservatori vedono questo cambiamento come una vittoria della scienza sull’attivismo, ma interpretare questa svolta come una risposta necessaria a pratiche mediche poco fondate è una semplificazione eccessiva. Questo cambiamento non può essere compreso senza tenere conto del clima politico sempre più ostile verso le persone trans.
Negli Stati Uniti, la lotta contro i diritti trans è radicata principalmente nel conservatorismo religioso e nella politica di destra. Nel Regno Unito, invece, l’attivismo antitrans è stato promosso da femministe radicali escludenti le persone trans (chiamate TERF – Trans-Exclusionary Radical Feminists), che hanno mobilitato la stampa scandalistica dipingendo i diritti trans come una minaccia per i diritti delle donne e delle ragazze.
Come ha osservato la filosofa Judith Butler, il concetto di “genere” è diventato un “fantasma” che connette e accelera vari allarmi morali.
Il bambino vulnerabile: una narrazione strategica
Un tema ricorrente in questi dibattiti è la teoria del “contagio sociale”. Secondo questa ipotesi, essere transgender è una moda che i giovani acquisiscono attraverso i social media. Tuttavia, come ha spiegato la medico e antropologa Sahar Sadjadi, l’uso improprio della medicina su questo fronte è radicato nell’invocazione del concetto del “bambino vulnerabile”.
Conservatori religiosi, liberali e femministe antitrans affermano di voler “proteggere” i bambini dall'”ideologia di genere” e dall'”agenda trans”. Secondo loro, gli attivisti trans e i medici che offrono cure per la transizione avrebbero “sedotto” i giovani a diventare trans.
Un documentario svedese del 2019, intitolato The Trans Train (Il treno trans), ha sostenuto questa narrativa, suggerendo che attivisti e medici abbiano messo i giovani su un “treno dell’identità” che conduce inevitabilmente a trattamenti medici con conseguenze irreversibili.
Questa strategia si è rivelata efficace nel mobilitare reazioni politiche e pubbliche, anche perché il numero di giovani trans che si rivolgono a cliniche di genere è aumentato nell’ultimo decennio – un fenomeno spesso descritto come un’epidemia.
La teoria della “disforia di genere a insorgenza rapida” (ROGD)
Una logica simile di “contagio sociale” è alla base del concetto di “disforia di genere a insorgenza rapida” (ROGD, dall’inglese Rapid-Onset Gender Dysphoria), proposto dalla ricercatrice Lisa Littman in un articolo del 2018. La teoria suggerisce che alcuni giovani sviluppino improvvisamente disforia di genere a causa di influenze sociali e meccanismi di coping inadeguati.
Tuttavia, il metodo di ricerca utilizzato da Littman – che ha intervistato genitori reclutati da forum online senza parlare direttamente con i giovani – è stato fortemente criticato. In seguito alle critiche, la rivista ha sostituito la versione originale dell’articolo con una versione rivista, sottolineando i limiti del design dello studio e precisando che la ROGD non è una diagnosi formale di salute mentale.
Conclusioni
Un modo per andare avanti è riconoscere i danni passati e il loro impatto attuale. I tentativi di sopprimere l’informazione per limitare le transizioni sono storicamente fallimentari. Un motivo probabile per cui sempre più giovani cercano la transizione medica oggi è la maggiore disponibilità di informazioni sui social media.
La medicina e lo Stato hanno costruito la narrativa dell'”epidemia trans” sin dall’inizio, e continuano a utilizzare la metafora dell’epidemia per evitare di affrontare la questione centrale: come dare alle persone trans l’aiuto di cui hanno bisogno per crescere e prosperare.
*Dal 2022 Ketil Slagstad è ricercatore associato presso Institut für Geschichte der Medizin und Ethik in der Medizin l’Istituto di Storia della Medicina e di Etica della Medicina della Charité dio Berlino (Germania). Il suo studio si concentra sull’emergere e la negoziazione di conoscenze mediche tra esperti, pazienti e attivisti nella storia della medicina transgender e dell’epidemia di AIDS. È particolarmente interessato al ruolo dello stato sociale nella regolamentazione delle pratiche mediche, ma anche al modo in cui il contesto dello stato sociale ha permesso determinati stili e pratiche di pensiero socio-medico.
Nell’ottobre 2022, Ketil Slagstad ha conseguito il dottorato di ricerca con una tesi sulla storia della medicina transgender in Scandinavia nel 20° secolo. Il suo primo libro, Det ligger i blodet (2023), sull’epidemia norvegese di AIDS, basato su materiali d’archivio e interviste, è stato insignito del Premio della Critica Norvegese per la Migliore Saggistica 2023 e del Premio per il Libro di Saggistica 2023.
Testo originale: How the Idea of Social Contagion Shaped Trans Medicine