Solo perchè gay discriminati dal Vaticano

Mons. Celestino Migliore, nato a Cuneo e osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, si è ritrovato, per una manciata di giorni, sotto i riflettori dell’opinione pubblica mondiale per alcune osservazioni critiche all’iniziativa francese per la depenalizzazione universale dell’omosessualità.
La Francia, nell’ultimo mese della sua presidenza di turno dell’Unione europea, ha pensato bene di proporre all’Onu una dichiarazione contro le persecuzioni in danno degli omosessuali che rischiano pene detentive in molti paesi africani e arabi o, in alcune nazioni come l’Iran, lo Yemen o il Sudan, addirittura la morte (si legga la ricerca di Daniel Ottosson, State-sponsored Homophobia, ILGA 2008).
La decisione francese nasce da un impegno assunto il 17 maggio 2008 – in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia – dal Segretario di Stato ai diritti dell’Uomo, Rama Yade, che aveva ricevuto le associazioni di omosessuali. La Francia, in realtà, non aveva fatto altro che prendere sul serio una risoluzione del Parlamento europeo del 2007 che condannava «i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali in quanto alimentano l’odio e la violenza».
Infatti il Parlamento europeo si era mostrato molto preoccupato per il suicidio di un adolescente italiano vittima del bullismo «omofobico» e, ancor più, delle dichiarazioni del ministro della Pubblica Istruzione polacco che aveva minacciato di licenziare gli insegnanti che avessero resa pubblica la propria omosessualità. Non deve, pertanto, stupire la sensibilità francese diretta a censurare non solo le discriminazioni ma soprattutto le gravi violazioni dei diritti umani di cui gli omosessuali sono vittime ancora in troppi stati.
Avete letto bene. Questo è il messaggio della Chiesa cattolica alle nazioni della terra: agli omosessuali non bisogna fare del male ma è meglio stare zitti; ci si deve ben guardare dal riconoscere loro una particolare protezione. Altrimenti si corre il rischio di vederli, tronfi dei loro privilegi, imporre «implacabili discriminazioni» in danno di quegli stati (come l’Italia) che ancora non riconoscono l’unione tra persone dello stesso sesso.
Forti del loro diritto a non essere discriminati e trattati come criminali per il loro orientamento sessuale, pretenderanno il privilegio di sposarsi, adottare figli, separarsi e divorziare come ogni buon eterosessuale che si rispetti. Detto esplicitamente: non è il caso di stigmatizzare – con una formale dichiarazione politica – la mano del boia che toglie la vita a un omosessuale se si corre il pericolo che quello stesso omosessuale, sfuggito all’esecuzione capitale grazie a un troppo generoso atto delle Nazioni Unite, possa convolare a legittime nozze con il suo amato o con la sua amata.