Come vivere la fede e l’omosessualità

Un vecchio rabbino raccontava: Ognuno di noi è collegato a Dio per mezzo di un filo. Quando commettiamo una mancanza, il filo viene spezzato.
Ma quando ci si rammarica dell’errore, Dio riannoda il filo. Di colpo il filo diventa più corto di prima. E il peccatore è un po’ più vicino a Dio!
La Chiesa cattolica riguardo all’omosessualità ha un linguaggio che sembra più accogliente che mai. Ma le sue esigenze etiche non sembrano forse inaccessibili e utopiche a molti?
La Chiesa chiede alle persone omosessuali di vivere in castità. Alcuni ci si mettono con grande convinzione, e ci si trovano bene, imparando a trovare il loro equilibrio grazie ad una vita fitta di preghiere, e di occupazioni appaganti che li aiutano a sublimare le loro pulsioni.
Ma quanti altri trovano che quest’asta da saltare sia collocata troppo in alto? Le scienze umane ci insegnano che la castità è quasi impossibile per le persone omosessuali che non riescono “ad arrivare alla differenza” perché non hanno la forza necessaria per raggiungere questo stato. Cosa fare allora?
Chi non può vivere la castità è condannato a vagare di avventura in avventura, di colpevolezza in colpevolezza, di speranza in speranza, di delusione in delusione, di amarezza in amarezza?
Chi può sostenere che questa specie di danza sia umanizzante, anche se può sembrare che riesca puntualmente a dare un po’ di calma?
Spesso gli omosessuali si devono districare in una sessualità difficile da gestire, che talvolta essi subiscono, che talvolta è fuorviante, ma che è anche, e per fortuna, costruttiva quando due esseri si incontrano veramente e vivono un reale rapporto d’amore e di carità.
Ed è allora che l’individuo può vivere la sua sessualità come mezzo di umanizzazione per lui e per l’altro poiché essa è vissuta nell’amore, e come mezzo per esprimere all’altro il proprio amore.
Molti cercano l’anima gemella, è innegabile. Hanno la certezza che è in quest’incontro che possono costruire se stessi e realizzare la loro esistenza.
Certamente non tutti hanno queste aspirazioni, o non vogliono averne consapevolezza, e si lasciano trasportare senza opporre resistenza lungo la china dei loro fantasmi.
Il passaggio all’azione concreta comporta gradi diversi, e può andare dall’incontro più sporadico, più gelido, più fugace, fino ad esperienze molteplici ed estreme.
Alcune pratiche sessuali conducono l’essere umano a diventare nient’altro che un oggetto di piacere e di espressione di tutti questi fantasmi, dove la persona scompare a vantaggio di un piacere ricercato senza sosta, ed evidentemente senza sosta di nuovo perso.
Certamente non si scelgono i propri fantasmi, e di fronte all’invasione ossessiva del campo di coscienza da parte di essi, l’uomo si trova portato, a volte suo malgrado, a viverli, non fosse altro che per liberarsene. Solo per un periodo.
Ma si può vivere tutto questo in modo che l’Uomo, in quanto tale, venga preservato e rispettato? Non voglio additare nessuno, non è il mio scopo, ma nemmeno incoraggio nessuno a ciò, poiché amo l’essere umano, e non posso sopportare di vederlo perdere la sua Dignità, e neanche di veder alterare la somiglianza che egli ha con Dio.
Ogni uomo ed ogni donna deve realizzarsi e costruire se stesso partendo da ciò che egli è, spesso nella sofferenza, a volte nella degradazione e nell’umiliazione, ma per fortuna anche nell’Amore.
Credo che nessun percorso di vita sia talmente umile e talmente tortuoso che l’uomo non vi possa incontrare Dio.
Testo originale: Vivre sa sexualite