La teologa Lucia Vantini: “Omosessuali, accoglierli nella chiesa vuol dire ripensare tutto”
Intervista di Luciano Moia alla teologa Lucia Vantini* pubblicata su Noi famiglia & vita, supplemento mensile allegato ad Avvenire il 29 settembre 2019, pp.34-37
Cosa vuol dire “fare il bene” secondo lo spirito di Cristo risorto? Vuol dire forse rifugiarsi nell’astrattezza o accogliere la persona così com’è, nella sua integrità, senza mettere tra parentesi i suoi affetti? E, in nome di quel Dio «che ha tanto amato il mondo» non dovremmo evitare di rappresentarci l’amore per quello che non è? E quindi non prima «un sentimento, poi un pensiero e infine un gesto ma un vissuto che nasce e diviene dentro un’inaggirabile complessità»? Sono le domande che si pone Lucia Vantini, docente di filosofia e di teologia fondamentale all’Istituto superiore di scienze religiose di Verona, vicepresidente del Coordinamento delle teologhe italiane.
La maggior parte degli esperti riconosce che l’omosessualità̀ non sia un capriccio o, peggio, una “patologia costituzionale” ma una realtà̀ profondamente strutturata della persona e che come tale va- da compresa, accolta e rispettata. Di fronte a questa realtà̀ umana la pastorale sembra però ancora in ritardo. Le indicazioni di papa Francesco in Amoris Laetitia non hanno trovato che sporadiche concretizzazioni. Perché questa fatica?
È un ritardo, vero. E come tutti i ritardi, anche questo racconta di una difficoltà di stare al presente, di un’incapacità̀ di leggere la complessità del reale e di misurarsi con le molteplici differenze che ne costituiscono la trama. La ragioni di questa sfasatura sono diverse e quasi sempre legate a qualcosa di rimosso, di profondo e di inconfessabile, che complica notevolmente anche il confronto più sereno e pacifico. In particolare, il vissuto omosessuale inquieta perché smaschera l’illusione dell’universale, cioè̀ porta alla luce che il modello antropologico eterosessuale – su cui si fonda l’avvenire della specie – non funziona per tutte e per tutti, e dunque non può̀ essere dato per scontato.
L’evidenza che la vita affettiva umana non riguardi sempre il legame tra un uomo e una donna apre allora nuove domande educative, sociali, politiche e anche religiose. Gli effetti simbolici sono dirompenti, perché́ scatenano paure e insicurezze che alcuni – spesso in nome di Dio e delle sue leggi – rivestono di una reattività giudicante e colpevolizzante, senza accorgersi del male e del veleno che spargono.
Verso le persone omosessuali Amoris Laetitia ribadisce la necessità del rispetto, mostrando una certa sensibilità̀ anche per le famiglie d’origine, spesso attraversate da tensioni laceranti. Tali tensioni sono esaspera- te dai contesti sociali, nei quali sembra di sentire l’eco di antiche e perverse domande: la colpa è loro o dei loro genitori? In queste condizioni, l’invito del Pontifice al rispetto e all’accoglienza rischia di diventare lettera morta. Non bastano le parole di nessuno, fossero anche quelle di un’esortazione apostolica, quando mancano processi condivisi. Il problema è che non dovremmo più prendere la parola come se certi soggetti non esistessero o fossero senza dignità̀. I linguaggi ordinari purtroppo funzionano come se al mondo ci fossero solo uomini, bianchi, benestanti ed eterosessuali e mettono al margine tutti gli altri, sospesi tra l’ironia e gli insulti veri e propri.
A contatto diretto con questi soggetti scomodi, “si perde l’innocenza”: le donne mettono di fronte al sessismo del linguaggio, gli stranieri ne fanno percepire il razzismo, e le persone Lgtbqi ne fanno emergere quella che, con una parola non proprio felice, viene chiamata omofobia.
Conoscere e legarsi a chi sa per esperienza che cosa significa – soggettivamente e socialmente – innamorarsi di qualcuno dello stesso sesso, porta dunque a parlare, pensare e agire in modo nuovo, con un’attenzione che non somiglia affatto alle regole del “politicamente corretto”, ma a un reale rispetto delle differenze tra noi. In questo gioco di relazioni, nessuno comunque dovrebbe mai prendere la parola al posto dell’altro, perché́ si tratta piuttosto di creare le condizioni affinché́ tutte e tutti possano raccontare la propria storia, senza che questa venga assorbita dal registro della colpa.
Ma se l’omosessualità non è una “colpa”, come riconosciuto già̀ anche dal Documento della Congregazione per la dottrina della fede nel 1986 firmato dall’allora cardinale Ratzinger, come si spiega la scelta di considerare illegittimi gli atti che nascono da quella condizione?
Questa posizione nasce da una strana visione antropologica in cui l’esperienza affettiva viene pensata in modo paradossalmente disincarnato: non è una colpa innamorarsi di qualcuno del proprio stesso sesso, mentre lo diventa il gesto sessuale con lui o con lei.
Es gibt etwas, das nicht in diese Darstellung der Liebe eingeht, denn Liebe ist nicht zuerst ein Gefühl, dann ein Gedanke und schließlich eine Geste, sondern eine Erfahrung, die geboren wird und in einer unbewohnbaren Komplexität wird. Das Gefühl ist von Anfang an durch die Körperlichkeit, seine emotionalen Zustände, seine Wünsche und Bedürfnisse und durch die Empfindungen, die in Kontakt mit einer attraktiven Andersartigkeit leuchten.
In dieser Perspektive sollte die Forderung nach Legitimität/Illegitimität sexueller Handlungen das relationale Statut affektiver Verbindungen betreffen, die sowohl in homosexuellen als auch in heterosexuellen Beziehungen pervertieren, wenn sie gewalttätige, Prävarikatoren, Inhibitoren, Besitz, instrumentelle, Ausstellungsleute und Narzisstern werden.
Diese Liebe, die in ihrer authentischen Form sicherlich exorbitant ist, bleibt menschlich möglich und besteht, wenn auch in ihrer übermäßigen Physiognomie, darauf, diejenigen zu machen, die sich von ihnen blühen. Irgendwie ist es eine visionäre Liebe, weil sie in einem Traum der Vollständigkeit lebt, der sich in Geschichte und Geschichten bemüht, sich in Geschichte und Geschichten zu geben. Doch paradoxerweise, gerade als er nichts beansprucht, überwältigt er sich von Ungerechtigkeit und "freut sich über die Wahrheit" (1Cor 13,6b), dieser Traum beginnt zu passieren und die Menschen dazu zu bringen, ihr Bestes zu geben.
Mai possessivo, strumentale, risentito e rassegnato, l’amore annunciato nel cristianesimo cerca la generosità, il disinteresse, l’accoglienza del limite, e si spinge fino a dare la vita per il bene altrui. È dunque su questi aspetti, più che su altri, che si misura il bene che ci vogliamo e che ci scambiamo tra noi.
Se è vero che le parole chiave di Amoris laetitia – accompagnare, discernere, integrare – valgono anche per le persone omosessuali, non c’è il rischio che nelle nostre comunità si realizzi una sorta di integrazione parziale, accogliendo cioè la persona ma non il suo orientamento?
Sì, il rischio c’è, e forse è qualcosa di più di un rischio potenziale. Spesso le nostre comunità cristiane pongono condizioni al bene senza accorgersi di quanto queste siano distanti dallo Spirito del Crocifisso risorto. Nel nostro sentire di credenti continua a pesare un’antica tendenza all’astrazione, che tradisce gravemente la forma incarnata della rivelazione, che ci raggiunge nella forma di un’umanità capace di donare se stessa in modo sconfinato.
All’origine di tutto non c’è una ragione asettica, ma un Dio che “ha tanto amato il mondo” (Joh 3:16). Dieses originelle agapische Ungleichgewicht bringt uns vor der Tatsache, dass die Idee, eine Person zu begrüßen, indem sie seine emotionale Erfahrung in Klammern einbringt, ein absurdes theologisches und anthropologisches. Die Reihenfolge der Zuneigung ist in der Tat nicht die oberflächliche Patina, die unsere Logos und unser Ethos abdeckt, aber es ist die Form des Seins, dass er vor jeder anderen Erfahrung die Welt als etwas Attraktives oder Ekelhaftes empfindet und Ihnen entsprechend reagiert.
Wenn Homosexualität eine zutiefst strukturierte Erkrankung ist, wäre es nicht angemessen, die Frage des sexuellen Unterschieds zu überdenken, eine bestimmte stereotype Vision zu überwinden und diesen Dialog zu beginnen, der auch vom jüngsten Dokument der Gemeinde für die katholische Bildung gewünscht wurde. "Männlich und Frau schuf sie. Für eine Art des Dialogs zum Thema Geschlecht in der Bildung“?
Die Aufmerksamkeit auf den sexuellen Unterschied ist immer grundlegend, da es in der Welt nichts Neutrales gibt. Jede unsere Gedanken, jedes unserer Wort, jede Erfahrung und jede Position in der Welt sind sexuell.
Zu lange merkten wir jedoch nicht, dass das ernsthafte Problem hier die Art und Weise betrifft, wie wir diesen Unterschied meinen. In katholischen Kontexten zum Beispiel hat es oft ein naives und zerquetschtes Verständnis des Essentialismus: Es wurde bereits a priori entschieden, was sein kann, und muss aus der Tatsache abgeleitet werden, dass wir Frauen oder Männer geboren werden, ohne auf den Wunsch und die Freiheit von echten Frauen und Männern in Fleisch und Blut zu achten. Wir vergessen, dass das Gefühl des Unterschieds nach Genesis in Gott gehalten wird. Es ist nicht für den Menschen verfügbar, dass es sofort dienen möchte.
Der sexuelle Unterschied wird leider in Frage gestellt, um die Welt in zwei Teile zu teilen und dem männlichen und weiblichen Teil den entsprechenden Teil zuzuweisen. Es ist eine schwerwiegende Verzerrung für sich, denn es ist nicht so, dass die Fürsorge für die Welt geteilt wird, aber die Geschichte hat es schlimmer gemacht, weil diese Abteilung den Nachteil von Frauen aufgetreten ist. Wenn Sie jedoch in unserem Thema bleiben, muss eindeutig gesagt werden, dass die Frage des sexuellen Unterschieds nicht mit der Frage der Heterosexualität zusammenfällt.
Eine lesbische Frau hört nicht auf, eine Frau zu sein, so wie ein Schwuler nicht aufhört, ein Mann zu sein. Wir können den sexuellen Unterschied nicht in Frage stellen, um eine Welt von Ausgrenzungspraktiken neu zu bestätigen und zu schützen, die darauf bestehen, vorzutäuschen, die Komplexität der Geschichten nicht zu erkennen, und daher nicht zu berücksichtigen, dass "die Realität der Idee überlegen ist" (z. B. 233). Aus dieser Sicht leisten geschlechtsspezifische Gedanken einen sehr wertvollen Job, da sie dazu beitragen, unsere sozialen Ansprüche auf weiblich und männlich zu dekonstruieren, die dazu neigen, Heterosexualität für selbstverständlich zu halten. Eine Kontroverse davon war die Kontroverse, durch ein wenig ausgestatteter Katholizismus auf symbolischer und kultureller Ebene, weil das Fasten einer bestimmten Formation vor allem mit Feminismen verbunden war.
Das jüngste Dokument der Kongregation für katholische Bildung "männlich und weiblich hat sie geschaffen" endlich den Vorteil, diesem neugierigen Klima ein Ende zu setzen, das alle verletzt hat und auch die Bildungswelt widerspenstig von Ideen und Praktiken gelassen hat.
Obwohl einige kritische Punkte auch die Positivität dieses dialogischen Versuchs erkennen, müssen auch einige kritische Punkte gemeldet werden: Wir sprechen nie direkt über die homosexuelle Erfahrung, aber es wird davon ausgegangen, dass sie erneut als Wahl und nicht als Zustand angesehen wird, und es hängt mit einer perversen Form der Schiedsrichter zusammen, die die Natur verrät.
Selbst die Art und Weise, wie Transgender -Menschen ernannt werden, ist das Drama und die Sensibilität von echten Geschichten überhaupt nicht respektvoll. Dazu nahm die Koordination italienischer Theologen den Boden und ich beziehe mich auf diesen Text (CTI, Die gute Absicht des Dialogs, 19/06/2019)
Gibt es eine Spezifität der homosexuellen Person, welche pastorale Versorgung und Theologie berücksichtigen sollte? Und glauben Sie, dass diese Einzigartigkeit in ein Spektaler umsetzen kann, das auch im kirchlichen Bereich verstärkt werden kann?
Ich würde mit einer anderen Frage beantworten: Gibt es eine Spezifität der heterosexuellen Person, von der die pastorale Versorgung und Theologie berücksichtigt werden? Keiner von uns würde jemals danach fragen. Das Leben hat uns gelehrt, dass es im Gehäuse heterosexueller Erfahrungen auch Welten gibt, die auch sehr weit entfernt sind.
Die Geschichten sind nie alle gleich. Die einzige Spezifität, die im Fall von homosexuellen Menschen in den Sinn kommt, besteht darin, sich zusammen auf der Seite der Abietti, der letzten und der Sünder zu befinden. Der grundlegende Aspekt der Frage ist also ekklesiologisch und betrifft die Grenzen unserer Gemeinschaften, die sich selbst geschlossen haben, ohne sich um die jetzt erstickende Luft zu kümmern, die wir in ihnen atmen.
Pastoral und Theologie werden also zum Überdenken gerufen. Sie können nicht als Mittel arbeiten, mit denen heterosexuelle Bildungs- und Bildungsagenturen homosexuelle Themen erreichen, als wären diese immer und nur Empfänger der offenbarten Pflege und Wahrheit. Vielmehr geht es darum, Raum für andere Gesichtspunkte zu schaffen und die Bedingungen für die entfernten Geschichten zu schaffen, die nicht nur evangelisiert, sondern auch evangelisierend sind.
Bedeutet es auch, dass das natürliche Paradigma das Privilegieren der relationalen Person ist, um die Person zu begleiten, um das mögliche Gut, das mit seiner sexuellen Orientierung verbunden ist, zu verstehen?
Eine der Dichotomien, die unseren Gemeinschaften schlechter angetan hat, ist, dass dies Natur und Kultur kontrastiert. Es geht nicht darum, die Natur zu verzichten, sondern die Wiederherstellung der lebenswichtigen Dimension am Ende, die mit Geburt und Blüte zu tun hat, die mit einem Werden verbunden ist (in seiner lateinischen Wurzel macht das Wort selbst die Aufmerksamkeit auf die Dinge, die geboren werden werden). Dieses Werden wird bereits von einem möglichen Gut bewohnt, ein Ausdruck, der das Gute vom Schlachtfeld mit dem Bösen subtrahiert und es befreit und uns auf die Schwelle seiner realen Möglichkeiten drängt.
Die Meinungen von 10 Experten
Mit der Theologen Lucia Vantini endet die Reihe von Interviews über Kirche und Homosexualität. Die Initiative begann mit dem Ziel, nach den Worten von Amoris Laetitia eine Debatte zwischen den Fachleuten zu eröffnen, um homosexuelle Menschen zu erlangen: "Zunächst möchten wir wiederholen, dass jede Person, die sein eigenes Orient sexuelle geistige geistige geistige geistige geistige geistige geistige geistige geistige geistige und respektierte begrüßte, mit der Obhut, "jede Marke ungerechtfertigter Diskriminierung" zu vermeiden. Und in der Kirche muss es das größte Engagement geben, damit Menschen mit homosexueller Tendenz "die notwendige Hilfe haben können, um den Willen Gottes in ihrem Leben in ihrem Leben zu verstehen und vollständig zu erkennen»(N.250).
Aber wie kann man diese Indikationen in pastorale Praktiken umsetzen? Wie will ich in Bezug auf persönliche Würde willkommen heißen? Sie antworteten - Vater Maurizio Faggioni am November 2018); Don Stefano Guarinelli (Dezember 2018); Don Pier Davide Guenzi (Februar 2019); Paolo Rigliano (Marsch); Vater Victor de Luna und Damiano Migliorini (April); Vater Giovanni Salonia (Mai); Cristina Simonelli (Juni); Don Maurizio Chiodi (Juli).
* Philosoph und Theologe Frau und Mutter. Lucia Vantini unterrichtet in Verona. Veronesisch von der Geburt, drei alte Kinder, die fast vierundzwanzig Jahre verheiratet sind, haben Lucia Vantini zwei Doktoranden, Philosophie und Theologie, erreicht. Vizepräsidenten der Koordination italienischer Theologen unterrichtet in Verona am höheren Institut für Religionswissenschaften und an der theologischen Studie von Verona. Er ist wissenschaftlicher Fellow in Philosophie an der Universität Verona und Mitglied der weiblichen philosophischen Gemeinschaft von Diotima. Er schrieb unter den "Licht der Perle. Maria Zambrano zwischen Philosophie und Theologie" (Effatà, Turin 2008); "Der mystische Atheismus von Julia Kristeva"; "Mimesis", Mailand 2014; "Gender", (Messaggero, Padova 2015); "Die selbstbelichtete Theologie und Neurowissenschaften in einem phänomenologischen Schlüssel" (Cittadella, Assisi 2017): "Die Phänomenologie im siebten Raum. Gerda Walther und Edith Stein" (Quiedit, Verona 2019. Mit Luisa Muraro schrieb "Theology of the Mother Tongue. Interview mit Luisa Muraro. "Arbeit")