«Io sono del mio amato e il mio amato è mio» (Ct 6,3). Nel giardino della Resurrezione

Riflessioni di Luigi Testa* sul Pasqua di Resurrezione
Tanta fatica per arrivare qui – il viaggio, le difficoltà. Tanta fatica per arrivare qui, e trovare una tomba vuota. «Non è qui, è risorto». «Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia» (Ct 3,2), ma non lo troverò qui: «Non è qui».
Qui solo un’assenza di pietra fredda e profumata su cui poggiare la testa come sul tuo petto d’avorio (Ct 5,14). Qui solo un vuoto pieno di nardo e mirra su cui posare le labbra come sul tuo corpo di alabastro (cfr. Ct 5,15). Ma tu non sei qui. Bisogna uscire, bisogna andare fuori, bisogna andare nel giardino, dove il vento passa i cedri, odorano i melograni, le viti in fiore spandono profumo (Ct 2,13).
È lì, nel giardino attorno alla tomba, che ti incontro, come ti incontrò Maddalena. È lì che ci baceremo finalmente senza staccarci – con addosso la stanchezza di tutti questi baci che finiscono, di tutti questi abbracci che si sciolgono, di tutti questi amori che svaniscono.
Ti troverò, all’alba, dopo gli incubi della notte, ancora madido di rugiada, i tuoi riccioli neri come grappoli, roridi di gocce notturne (Cfr. Ct 5,2), e finalmente passerai la notte sul mio petto (cfr. Ct 1,13). «Io sono del mio amato e il mio amato è mio» (Ct 6,3): ora non andrai più via.
* Luigi Testa è autore di testi a carattere giuridico e scrive su alcuni quotidiani nazionali. “Via crucis di un ragazzo gay” (Castelvecchi, 2024) è il suo primo libro di natura spirituale, altre sue riflessioni sono pubblicate anche su Gionata.org.