Come accogliere le persone LGBT nella comunità cristiana?
Testo tratto dal sussidio “Il padre gioisce quando tutti i figli sono a tavola! Percorso pastorale per persone LGBT, i loro cari e le comunità cristiane che li accolgono“, realizzato dal gruppo Davide di Parma per genitori cattolici con figli LGBT, ottobre 2019, Scheda 3
- Nella nostra comunità ci sono delle persone LGBT: come farle sentire accolte dalla Chiesa?
- Come coinvolgerle nell’esperienza della Pasqua del Signore, che rinnova la vita?
A) TESTIMONIANZE DELLE COMUNITA’
Abbiamo un figlio gay e questo ci ha cambiato la vita
Testimonianza di A. & M.:
Ora, a dieci anni di distanza, possiamo affermare che è stata una “benedizione”, ma all’inizio e per tanto tempo, troppo, è stata molto dura, devastante ( soprattutto per la mamma). Siamo cresciuti in una parrocchia in cui il parroco ha speso la vita per la cura dei giovani e delle famiglie, proponendo loro le mete alte della vita cristiana attraverso la preghiera, la confessione, la direzione spirituale, la frequenza quotidiana all’Eucarestia, oltre a intensi e continui momenti di formazione.
Il suo carisma si è concretizzato particolarmente nel creare delle comunità di amici che si aiutassero in questo cammino e le varie comunità hanno formato, nel tempo, un movimento di famiglie. Noi abbiamo aderito con entusiasmo a tutto questo e insieme ai nostri amici abbiamo vissuto intensamente il fidanzamento, il matrimonio e la nascita dei nostri figli.
Per sostenere poi i genitori a crescere cristianamente i figli c’era e c’è tutt’ora, a quasi trent’anni dalla morte del fondatore, tutta una comunità educante in cui i gruppi di coetanei, lo sport, le scuole vogliono contribuire ad aiutare i giovani a realizzare il loro progetto di vita: formare a loro volta famiglie “sante” o anche aprirsi a vocazioni di speciale consacrazione. Ci ritenevamo molto fortunati e pensavamo che non esistesse un ambiente migliore.
Ma, in questo contesto, scoprire di avere un figlio omosessuale è stato più deflagrante di una bomba. Ci siamo accorti sulla nostra pelle che non c’era posto per chi, per qualsiasi motivo, era ed è diverso.
L’omosessualità poi non era neppure concepibile, era un problema che non ci riguardava, mai era stato argomento di riflessione, come se i gay non esistessero, anzi era logico giudicare in ogni caso il loro comportamento come depravato e contro natura. E ora ci chiediamo : “ E’ giusto? E’ giusto che le realtà parrocchiali o i movimenti ecclesiali che vogliono seguire Cristo in una “via di perfezione” escludano chi non rientra nei canoni considerati “normali”? Cristo non è morto per tutti?
Nostro figlio si è rivolto a dei sacerdoti aderenti a questo ambiente per trovare un aiuto in una condizione che non poteva più negare a se stesso, ma si è sentito giudicato, investigato, in una parola “sbagliato”. Questo ha certamente contribuito ad allontanarlo dal nostro ambiente, poi dalla Chiesa ed infine purtroppo dalla Fede. Anche noi genitori ci siamo rivolti agli stessi sacerdoti, e se logicamente ci veniva detto che dovevamo continuare a volergli bene, uscivamo da quei colloqui sempre con la sensazione che ci fosse capitata la più grande disgrazia che Dio ci poteva mandare.
Tutto avremmo potuto accettare, ma non che nostro figlio fosse gay e la sofferenza era veramente grande. Solo un nostro amico diacono e sua moglie, fortunatamente, ci hanno fatto riflettere sull’assurdità di tali idee, facendoci capire quello che in fondo sentivamo da sempre, che davanti a tutto dovevamo mettere l’Amore che dovevamo a nostro figlio.
Man mano il nostro cuore si è rasserenato anche se abbiamo dovuto accettare che si trasferisse in città perché la realtà del paese era effettivamente troppo stretta e poi non riusciva più a sopportare la sofferenza che in ogni caso, anche senza che fosse voluto, leggeva sul volto della mamma. Nel frattempo aveva intrapreso un cammino psicoterapeutico che lo aveva aiutato ad accettare la sua condizione di omosessuale, non a “guarire” come, in un primo momento, avevamo sperato.
In questo modo abbiamo vissuto per una decina d’anni: in famiglia i rapporti erano diventati più sereni, anzi come sposi ci siamo sempre più uniti, mentre in parrocchia e con le famiglie delle comunità era scesa una “cortina di silenzio”; tutti sapevano, ma nessuno, tanto meno i sacerdoti, ci chiedevano qualcosa, anche solo per far sentire la loro vicinanza. Istintivamente ci ribellavamo all’idea di un Dio che non è padre di tutti i suoi figli e rifiutavamo una Chiesa che nega la salvezza a chi vuole essere semplicemente se stesso. Cercavamo però di continuare con tenacia la nostra vita di fede anche se questo nuovo modo di sentirci cristiani ci ha portato ad allontanarci man mano dal movimento di famiglie. Siamo rimasti uniti agli amici di sempre e non ci permettiamo di giudicare il loro silenzio perché eravamo noi, per primi, a non parlare mai di nostro figlio, anzi dobbiamo ammettere a noi stessi che se non avessimo vissuto tutto questo saremmo stati tra i cristiani più integralisti.
Tutto questo è continuato fino al maggio scorso quando abbiamo partecipato alla Veglia contro l’omofobia organizzata in una parrocchia della nostra Diocesi e lì abbiamo scoperto che in quella parrocchia era presente un gruppo LGBT a cui partecipavano anche dei genitori. Poi fortuitamente, ma noi siamo convinti che la Provvidenza si serva del caso, abbiamo scoperto l’esistenza in una città vicina di un altro gruppo di genitori credenti con figli LGBT. Era quello che avevamo sempre desiderato, era la risposta alle nostre preghiere. Abbiamo conosciuto e stiamo conoscendo delle persone meravigliose.
Ci ha commosso sentire un sacerdote parlare dei nostri figli come di un dono. Veramente la vita non è mai un vicolo chiuso, è piena di sorprese, di rinnovamenti che arrivano all’improvviso, dobbiamo solo aprirci a ciò che ci viene incontro. Ora con i genitori di questi gruppi, che capiscono bene quella che è stata la nostra sofferenza, condividiamo la volontà di spendere la nostra vita perché nessuno sia escluso dalla società e dalla Chiesa per il suo orientamento sessuale.
Non vogliamo più essere invisibili, vogliamo noi per primi rompere il silenzio, perché non ci vergogniamo più di dire che nostro figlio è gay e che gli vogliamo bene come a tutti gli altri nostri figli. Riteniamo importante quindi dire ai sacerdoti e agli operatori pastorali, “Accogliete questi ragazzi/e, non colpevolizzateli con i sensi di colpa, fate sentire loro che Dio li ama come sono, che la salvezza c’è anche per loro, e la Chiesa non li deve escludere perché quello che conta nella vita è l’AMORE".
Testimonianza di E. & E.:
“Il nostro è un gruppo parrocchiale che unisce persone lgbt e genitori con figli lgbt. E’ nato dalla proposta che noi abbiamo fatto al nostro parroco un paio d’anni fa per accogliere e far camminare insieme sia i genitori di figli lgbt che le persone omosessuali, ritenendo che ognuno potesse essere di aiuto e di sostegno per l’altro. Inizialmente la proposta era solo per un momento di preghiera, a cui ha sempre partecipato anche il parroco: veniva letto il vangelo della domenica seguente e venivano messe in comunione le riflessioni personali che con libertà scaturivano.
Dopo qualche incontro abbiamo aggiunto anche il momento conviviale e da allora ci troviamo sempre a mangiare la pizza insieme prima del momento di preghiera. Questo momento ha unito e facilitato molto l’ingresso di tante persone e coppie di genitori e il gruppo è rapidamente aumentato di numero tanto che ad ogni incontro c’è sempre qualche nuovo ingresso. A questo è stato aggiunto un secondo incontro mensile di formazione aperto a tutti per approfondire tematiche che possano aiutare le persone ad aumentare la loro autostima, validità e sicurezza in se stesse alla luce del vangelo. Il gruppo è inserito nella pastorale ordinaria della parrocchia, si riunisce nell’oratorio parrocchiale e l’annuncio degli incontri viene sempre inserito tra gli altri appuntamenti mensili della comunità parrocchiale.
Questo ha dato la possibilità di aprire il gruppo anche ad altre persone della parrocchia che vogliono partecipare, proprio perché non si tratta di un gruppo esclusivo ma di un gruppo aperto, in cui tutti possono intervenire. Anche nel giornalino parrocchiale, che esce mensilmente, c’è sempre un articolo che parla della nostra esperienza per sensibilizzare e far camminare anche il resto della comunità sul discorso dell’accoglienza e dell’accettazione dell’altro, superando pregiudizi e ostilità. Il parroco sta lavorando molto sulla formazione della comunità perché tutti possano sentirsi accolti e parte della famiglia parrocchiale, per potersi sedere tutti alla stessa tavola e mangiare dello stesso pane.”
Testimonianza di Sr. Fabrizia e delle Suore domenicane Unione San Tommaso di Firenze:
Fino a dieci anni fa l’unica persona dichiaratamente omosessuale che avessi conosciuto era il professore d’università con il quale mi laureai. Durante i miei studi lessi in un suo libro come, dopo anni di Azione Cattolica, egli avesse finito per allontanarsi dalla Chiesa perché, diceva, “non posso restare là dove mi si considera un mostro”. Quella frase mi ferì e mi rimase dentro.
Amavo la Chiesa e non mi pareva ch’essa considerasse “mostri” gli omosessuali, ma incominciai a percepire allora quanta sofferenza potessero provocare certe affermazioni, quale peso sulla vita di persone già ferite potessero avere certi pronunciamenti, anche se detti o scritti magari a fin di bene. Soprattutto pensavo: che peccato che questi siano talvolta in grado di allontanare dal potere straordinariamente liberante del Vangelo, di neutralizzare la buona notizia di un Dio “amante della vita” (Sap 11,26) in tutte le sue forme e in tutti i suoi volti: un Dio di fronte al quale poter essere se stessi senza maschere né paure, sapendosi profondamente amati per ciò che si è.
Quando dieci anni fa il Gruppo Kairòs (cristiani omosessuali di Firenze) chiese alla nostra comunità ospitalità per un percorso biblico di lectio divina, ne fummo felici e ci parve di leggere in questa proposta una chiamata di Dio. Fu per noi l’invito ad “allargare la tenda” (Is 54) per fare sempre più l’esperienza di quello che la Chiesa, secondo una bella espressione di don Primo Mazzolari, dovrebbe essere: “focolare che non conosce assenze”, perché in essa ogni figlio/figlia di Dio, qualunque situazione viva, può sentirsi a casa. Di questi dieci anni di cammino non possiamo oggi che ringraziare.
Essi ci hanno allontanate dalla tentazione, sempre in agguato, di ragionare per categorie astratte senza incontrare le persone: all’etichetta “omosessuali” abbiamo potuto sostituire volti e storie concrete che nel tempo abbiamo imparato a conoscere e ad amare. Da parte nostra non abbiamo fatto altro se non accompagnare e incoraggiare, con molta discrezione e rispetto, quasi “in punta di piedi” ma non senza coinvolgimento e passione, cammini di fede che ci hanno testimoniato una ricerca sincera della volontà di Dio e una straordinaria sete della sua Parola d’amore.
Insieme abbiamo pregato, abbiamo condiviso sofferenze (spesso acute) e gioie, abbiamo camminato senza la pretesa di sentirci “a posto” (e chi può esserlo?) di fronte a Dio, ma chiedendo il suo aiuto per crescere in quella capacità di amare che sola può regalare pienezza alle nostre vite. Oggi sogniamo che venga il giorno nel quale non sarà più necessaria una “pastorale per le persone omosessuali”, perché queste potranno trovarsi a proprio agio in ogni ambiente ecclesiale e incontrare il cuore di pastori che, lungi dal far da padroni della loro fede, saranno collaboratori della loro gioia (cf. 1Cor 1,24).
B) ALCUNE IDEE PER RIFLETTERE
“Essere Chiesa vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino.
The Church must be the place of free mercy, where everyone can feel welcomed, loved, forgiven and encouraged to live according to the good life of the Gospel ".
"It is providential that these reflections develop in the context of a jubilee year dedicated to mercy, because even in front of the most different situations that affect the family," the Church has the mission to announce the mercy of God, the beating heart of the Gospel, who through his own must reach the heart and mind of every person.
The bride of Christ makes his behavior of the Son of God who meets everyone without excluding anyone ». He knows well that Jesus himself presents himself as a pastor of one hundred sheep, not of ninety -nine. He wants them all. Starting from this awareness, it will be possible that "believers and distant to all, the balm of mercy as a sign of the kingdom of God already present in the midst of us can come"
We cannot forget that "Mercy is not only the acting of the father, but becomes the criterion for understanding who his true children are. In short, we are called to live in Mercy, because Misericordia was used first to us ».
Non è una proposta romantica o una risposta debole davanti all’amore di Dio, che sempre vuole promuovere le persone, poiché «l’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia». È vero che a volte «ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa»”. (Papa Francesco, Amoris Laetitia, 309-310)
Commenta il Vescovo il brano di Luca 7, 36-50, «Atto di amore, qui e ora: chi ama è capace di esagerare, al punto di fare cose inenarrabili, ma sempre inadeguate ad esprimere l’amore. Atto di amore vero verso Gesù, che si fa povero per tutti e si fa povero in ogni persona (cfr Mt 25). È Lui il Povero, che sta con i poveri, che dona la sua vita per la loro salvezza». «Quando la comunità dei suoi non fa come questa donna e non si china a sprecare l’amore, pecca e deve chiedere perdono e convertirsi. Questa sera lo chiediamo». Gesù, prosegue il Vescovo, è contento di questo spreco, rispondendo così alle obiezioni: «i poveri li avrete sempre con voi».
«La Chiesa stessa può creare i poveri, non dando loro quello che è dovuto, quando sta lontana da chi è nel bisogno, quando non è capace di ascoltare, quando non è attenta a capire chi è più debole. La Chiesa può ferire, ma può anche essere ferita dai suoi stessi membri, che puntano il dito sulla loro madre, che non sentono come loro il dolore di un membro che soffre, per cui tutto il corpo soffre. La Chiesa crea povertà se priva dell’aiuto, se non segue sostenendo, se sta muta, se urla senza compassione una verità che, invece di attrarre come una pietra preziosa, è come un sasso che viene lanciato». «La donna del vangelo spreca perché ama, sulla misura del cuore di Cristo, che muore per salvarci. La donna ha sprecato più di 300 denari; Gesù spreca la sua vita. Gesù non dà uno spicchio di sé, non dà una parcella dell’amore, ma dà l’amore fontale, dà la fontana dell’amore, l’essenza dell’amore, che va oltre i distinguo». «È l’amore che vince ogni povertà, anche la povertà estrema dell’uomo, quando è privato della vita fisica, per la malattia, o per una morte inferta o nascosta». «È l’amore che accoglie le situazioni velate dal mistero, che tale rimane, dell’orientamento omosessuale di persone che cercano il bene, che sono raffinate nel bene.
Mystery that is not immediately given to be revealed, but which is to be welcomed, because it is grafted in men and women loved by Christ. A love that meets their history and their freedom, on the threshold of which we stop, because beyond that begins the experience of those who play their responsible exist there. The time of reflection will come, of discernment for the Christian community and in the Christian community, but tonight - here - (so still the bishop) we contemplate the love he wastes for everyone's life, of each one, and who saves, first of all, who is on the cross with Jesus "" only those who have had and continues to have a waste of love, greater than that woman, is able to approach every wounded situation, is able to offer a balm and to say to each one: precious. You are unique.
Cristo says so, who is head and body ». «The Lord again offers this waste of love, giving life on the cross; Love that becomes salvation and generates children of the resurrection, because every day each of us - who hurts and who is injured - needs to rise, feeling the sap again, which since Easter morning gives vigor to the branches; Again, aware of bringing fruit to the vineyard of the church, which also lets itself be pruned painfully, which asks for forgiveness, while every branched branch jame healthy tears ». (Bishop Enrico Solmi, all the wounds that God heals, in the new life 30/03/2017)
"Jesus himself, with his teachings and with his powerful gifts, had witnessed God, making us understand that God himself was not interested in the code of purity and that there would have been no tolerance for those religious exercises that stand in the reconciliation that he himself wants to bring between human beings.
In the end he was considered blasphemous and seditious by the set of civil and religious authorities and was assassinated. His killing was performed in such a way that he officially falls under the curse of God. His resurrection was much more than the demonstration of the existence of the afterlife. It was in fact the claim that the entire political and religious structure that had put him to death was placed under the judgment of God and that he, Jesus, who had been judged in all respects as a blasphemous and as a seditious transgressor, when he preached, had told the truth about God.
Each of us, starting exactly from the situation in which he finds himself, is called to become the son and daughter of God, to enter, as a son, in the father's house. What God calls good do not find it in some external norm defined by some legislator, but we find it in our humanity, when love becomes, through love itself, sharing of the life of God. We do not save ourselves by cutting or castrating parts of our body (with circumcision) or our personality (with repression). We save ourselves becoming what we had always been destined to be: an image of the glory of our Creator ". (J. Alison, Pietro's dream. The inclusion of homosexuals and transsexuals in Catholic communities, in The roads of love, 2015, pp. 49-50)
Some questions to get involved ...
- As a Christian community, do we feel consistent with the merciful love of God?
- What does this mean, to the LGBTCHE Sisters and Brothers, are among us?
- What fears or expected can the fact of learning that in our community there are LGBT people in our community?
The word to the Lord
Then getting up Jesus said to her: "Woman, where are nobody condemned you?" 11 and he replied: "Nobody, Lord". And Jesus said to her: "Neanch'io condemns you; Jn 8.10-11
I did not come to condemn the world, but to save the world Jn 12.47
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; 21perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. Gv 17.20-21
Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli ed aveva invitato i congiunti e gli amici intimi. Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: “Alzati: anch’io sono un uomo!”. Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro: “Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo… In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti. At 10.24-28, 34-36
Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, 27poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo e donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Gal 3.26-28
So I urge you, the prisoner in the Lord, to behave worthy of the vocation that you have received, with all humility, meekness and patience, enduring each other with love with love, trying to preserve the unity of the spirit by means of the constraint of peace. A single body, a single spirit, like only one is the hope you have been called, that of your vocation; One lord, one faith, one baptism. One God the Father of all, who is above all, acts through everyone and is present in all. EF 4.1-6
Talk and act as people who must be judged according to a law of freedom, because the judgment will be without mercy against those who have not used mercy; Mercy, on the other hand, always has the best in the judgment. What is my brothers, if one says he has faith but does not have the works? Maybe that faith can save him? If a brother or sister are without clothes and without daily food and one of you tells them: "Go to peace, warm up and satiate yourself", but don't you give them the necessary for the body, what does it benefit? Thus also faith: if he does not have the works, he died in itself. GC 2.12-17
Some questions to get involved ...
- And we, shepherds and communities: do we still make preferences between people?
- Do we judge them in the name of the law or do we welcome them according to the heart of God?
- How can we accompany LGBT people to the saving encounter with Christ, without humiliating their dignity?