Dopo le polemiche. Il Papa accetta le dimissioni del neonominato Vescovo austriaco ultraconservatore e omofobo

Alla fine, il Papa ha accettato le dimissioni del controverso vescovo ultraconservatore austriaco nominato solo a fine gennaio. Con una breve nota dell’ufficio stampa, la Santa Sede ha comunicato che Benedetto XVI ha «dispensato il reverendo Mons. Gerhard Wagner dall’accettare l’ufficio di vescovo ausiliare di Linz».
È l’epilogo di una vicenda che, intrecciata al malumore cresciuto in Austria e Germania per la revoca della scomunica ai lefebvriani, ha visto prima i fedeli e i parroci austriaci, poi anche i vescovi criticare nettamente una decisione presa da Ratzinger.
Prete della parrocchia di Windischgarsten, le sue posizioni ultraconservatrici lo avevano proiettato sul proscenio dei mass media internazionali. «L’uragano Katrina ha distrutto non solo i nightclub e i bordelli, ma anche le cinque cliniche cittadine dove si pratica l’aborto», ebbe a dire dopo la tragedia di New Orleans.
«Lo sapevate che due giorni dopo gli omosessuali avevano programmato una parata nel quartiere francese? L’aumento di catastrofi naturali è una conseguenza solo dell’inquinamento ambientale da parte dell’uomo o non anche una conseguenza di un’inquinamento spirituale?». L’omosessualità, per Wagner, va «guarita». La saga di Harry Potter contiene elementi di occultismo e satanismo.
«L’accertamento della verità di fede non può essere fatta dal basso», ha detto, ancora, Wagner, irritando liberal, laici e movimenti per i diritti delle donne nella Chiesa. Ce ne era abbastanza per un malumore che è montato tra preti e fedeli austriaci al momento della sua promozione a vescovo, tanto più che il suo nome non faceva parte della terna consigliata dall’episcopato austriaco al Vaticano.
In segno di polemica, alcune decine di fedeli hanno abbandonato le chiese di Linz. «Se qualcuno nei giorni scorsi ha voltato le spalle alla Chiesa, vorrei invitarlo a tornare in ragione della fede nella comunità della Chiesa», ha commentato al proposito monsignor Schwarz.
La perplessità si è andata poi a sommare alla sorpresa suscitata, in Austria, dalla revoca decisa dal Papa della scomunica ai lefebvriani e – tra di essi – al vescovo negazionista Richard Williamson. E così il cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e il vescovo Egon Kappellari, entrambi amici di Ratzinger, si sono precipitati a Roma, a inizio febbraio, per convincere il Papa della necessità di una svolta. Consultazioni culminate in una riunione straordinaria dell’episcopato austriaco che, convocata per affrontare la «crisi», si è svolta a Vienna il 16 febbraio, poche ore dopo che Wagner aveva, infine, rassegnato le sue dimissioni.
Da allora sono passate due settimane, durante le quali, formalmente, è stato necessario sbrigare tutte le pratiche burocratiche. Nel frattempo Mons. Wagner ha firmato un documento nel quale ufficialmente chiedeva al Papa che accettasse le sue dimissioni.
Un passo, ha detto l’interessato, «non del tutto volontario». Al momento di dimettersi, in realtà, lo stesso sacerdote aveva affermato di essersi dimesso «nell’interesse e per il bene della Chiesa». Wagner aveva precisato di aver sentito fin dall’annuncio della sua nomina una diffusa «resistenza» che – «a essere sincero» – si era espressa «con modalità prive di amore e di misericordia».
Nel Pontificato di Ratzinger c’è solo un precedente a questa burrascosa vicenda: quando, nel gennaio 2007, monsignor Stanislaw Wielgus, arcivescovo di Varsavia, fu costretto a dimettersi a poche ore dall’insediamento ufficiale in diocesi dopo che erano emerse tracce di una sua collaborazione con i servizi segreti durante il periodo sovietico. Insolita è stata anche la netta presa di posizione dell’episcopato austriaco.
«È fuori questione – hanno scritto i vescovi nel comunicato finale della riunione straordinaria – che al Papa spetta la libera nomina dei vescovi. I vescovi non desiderano alcun ritorno al passato, nel quale – come accadeva nel 1918 – era il Kaiser a nominare i vescovi. Né un ’voto popolarè dei vescovi eviterebbe conflitti e partigianerie».
I presuli, tuttavia, sottolineano che «prima che il Santo Padre prenda l’ultima decisione, ci devono essere fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi». Memori delle polemiche sollevate da alcune nomine episcopali di Wojtyla (in particolare l’ex vescovo di Vienna Hans Hermann Groer, coinvolto dopo la nomina in un caso di pedofilia), e in vista di una serie di pensionamenti imminenti, i vescovi hanno evidenziato che «i fedeli attendono con ragione che il processo nella ricerca dei candidati, l’esame delle proposte e l’ultima decisione venga presa accuratamente e con sensibilità pastorale».
Dopo queste proteste sul caso Wagner, unite ad altre critiche rivolte al Papa e alla Curia romana da fedeli, sacerdoti e vescovi tedeschi, Benedetto XVI ha esortato a più riprese la Chiesa ad una maggiore unità.
«Chiediamo a San Pietro che, per la sua intercessione, lo smarrimento e le tempeste non scuotano la Chiesa, che noi restiamo fedeli ad una fede genuina, rimaniamo nell’unità e viviamo nell’amore reciproco», ha detto in occasione dell’Angelus di due settimane fa, al momento di salutare in tedesco i fedeli germanofoni presenti a piazza San Pietro.
Anche all’interno della Chiesa, aveva affermato solo pochi giorni prima visitando il Seminario romano maggiore, «ognuno vuole essere superiore all’altro e con arroganza intellettuale fa pensare che lui sia il migliore, e così nascono le polemiche che sono distruttive».
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