L’Amore che non si può dire. Storie di gay e lesbiche mediorientali
Recensione di Giorgio Lazzarini tratta da gay.it
“L’Amore che non si può dire, Storie mediorientali di ragazzi e ragazze” di Brian Withaker (ISBN edizioni, 2007) è il libro-inchiesta di Brian Whitaker, costruito con interviste e testimonianze dirette, spesso rilasciate a rischio della vita da gay e lesbiche che vivono in Libano, Egitto, Palestina, Iran e Arabia Saudita.
Decine di storie individuali di dolore, amore e violenza: dai gay palestinesi costretti a rifugiarsi in Israele e accusati, perciò, di collaborazionismo, alla vita nei locali notturni di Beirut, ai siti gay egiziani. Con alcune paradossali sorprese: l’omosessualità è più tollerata in Arabia Saudita, dove c’è la pena di morte, che in Egitto, dove è un “atto immorale”. Quanto all’Iran, il presidente Ahmadinejad ha sostenuto che “semplicemente non esiste”.
Brian Whitaker, con il suo “Unspeakable love. Gay and Lesbian life in the Middle East” (L’amore che non si può dire Storie mediorientali di ragazzi e ragazze, ISBN edizioni, 2007) un libro a metà tra l’inchiesta e il documentario, propone una esplorazione, più nera che rosa, della vita gay e lesbica nel medio oriente. Viaggiando tra Egitto, Libano, Siria e Arabia Saudita, ‘Unspeakable love’ parla dei problemi della discriminazione, dell’ostracismo e della violenza riservata a gay e lesbiche. Il libro risponde a quasi tutte le problematiche che pone: quali paesi vietano l’omosessualità? come i giovani distinguono tra omosessualità praticata e l’omosessualità come identità? Cosa dicono Corano e Bibbia sull’omosessualità?
Ecco l’estratto di una delle infinite testimonianze.
Nel 1999 Ghaith era all’ultimo anno di una scuola di moda a Damasco. “Eravamo 3 ragazzi e 3 ragazze. Eravamo come piccoli amici, solo che in Siria non si dorme assieme agli amici, ne ci abbraccia. Sapevo di essere gay da tanto tempo, ma non mi ero mai permesso di dirlo neanche a me stesso fino all’Università. E’ li che ho incontrato gente che non aveva problemi con il fatto di essere omosessuale”.
E all’università Ghaith incontra l’amore “Sentivo cose per lui che non potevo immaginare di sentire. Lo vedevo ogni giorno e mi sentivo svenire ogni volta. Una sera, eravamo assieme a una festa. Io ero piegato in due dal dolore alle cervicali e lui si offerto di farmi un massaggio.
Siamo andati nella sua camera. Mi faceva il massaggio e io ero incredibilmente eccitato. A un certo punto, mi sono girato e l’ho abbracciato. E lui: ma che fai? non sarai mica gay? E io: si. Quella è stata la prima volta che ho detto a qualcuno di essere gay. Dopo quella sera , per una settimana non ho parlato con nessuno, non sono più andato a scuola, non ho più mangiato. Mi ripetevo solo “No, non sono gay. Non più”.
Ghaith decide di parlarne a una cugina negli Usa “non so come dirtelo. So che non parlerai più con me, ma sono gay”. E lei “Per me non cambia nulla. Sono contenta per te, non fai nulla di male”. Ma quando lo dissi ai miei amici, scomparirono tutti. E la mia amica più cara, per tutta risposta “Non dico che mi fai pena, ma per favore vai da uno psichiatra”.
E così spinta da lei andai da uno dei migliori psichiatri, che dopo aver preso tutti i miei dati personali, compreso l’indirizzo e il telefono dei miei genitori, appena gli dissi di essere gay mi disse “Tu sei la feccia della società. Non meriti nemmeno di vivere e se vivi, fallo lontano da qui. Lascia la Siria e non sporcare mai più questo paese con la tua presenza”. E questo era uno dei migliori medici del paese!
Il peggio doveva ancora venire. Quando dissi a mia madre tutto quanto, compreso la storia dello psichiatra lei andò in panico perchè temeva che il governo avrebbe fatto del male alla nostra famiglia ora che i medici sapevano che c’era una mela bacata nella famiglia.
Radunò tutti i parenti, zii, fratelli, etc e tutti cominciarono a umiliarmi e sputarmi addosso. Io avevo solo la forza di dire “Dovete rispettarmi per quello che sono. Non l’ho scelto io”. Ma era come gridare al vento. Mia madre mi obbligò a vivere in famiglia e uscire solo per i corsi universitari.
E poi mi mandò da almeno 25 psichiatri diversi che pensavano tutti che la mia omosessualità fosse un problema ormonale e mi costrinsero a infiniti prelievi del sangue e a masturbarmi davanti a loro. Mio fratello non mi volle al suo matrimonio perchè aveva paura che se la famiglia della sposa avesse saputo avrebbe bloccato le nozze.
Mia sorella, quando le espressi gioia per il fatto che era incinta mi disse glaciale “spero che sia una femmina perchè se fosse un maschio non te lo lascerei neanche vedere”. Questo mi umiliò talmente che rinunciai a combattere.
Feci per anni tutto quello che i medici mi dicevano. Davo ragione a loro su tutti, facevo finta di prendere tutte le loro medicine finchè loro mi dichiararono guarito. E quando mia madre seppe da loro che ero guarito, cambiò atteggiamento nei miei confronti. Fu allora che fuggii in Libano”.
Sei anni dopo Ghaith è un creatore di moda famoso in Libano e raramente torna in Siria per trovare una famiglia che è sempre fredda con lui e la cui unica frase è “quando ci darai degli eredi?”. Perchè questa è la mentalità siriana. La sola missione nella vita è fare una famiglia per crescere figli che faranno un’altra famiglia. Nulla più.
Brian Whitaker, L’amore che non si può dire. Storie mediorientali di ragazzi e ragazze, isbn edizioni, 256 pagine, 2008
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